I “regimi di verità” sono i nostri sistemi di credenze. Noi non possiamo vivere senza di loro; tutto quello che possiamo fare è decidere (consciamente o no) quale categoria prendere tra i regimi assoluti (c’è una conoscenza oggettiva ed esistono autorità che danno una risposta certa a ogni domanda), transizionali (la conoscenza può essere variabile, le risposte parziali), indipendenti (le opinioni personali sono valide tanto quanto quelle dell’autorità), contestuali (la conoscenza si ottiene con una co-costruizione).
Andrea Fontana, con una prosa che forse è un po’ pesante ma sicuramente porta esempi molto pratici, prende vari avvenimenti dell’ultimo periodo e mostra come la loro costruzione (la loro “narrazione”, se vogliamo usare una delle parole chiave dello storytelling) segua perfettamente una di queste linee. Ma soprattutto mostra come anche noi nel nostro piccolo facciamo la stessa cosa. Per Fontana questo non è necessariamente un male, perché non esiste un modo sempre migliore degli altri di esprimere qualcosa; quello che conta davvero è essere consci della scelta che facciamo tutte le volte in cui ci presentiamo agli altri nel cosiddetto “social drama” (che non è un dramma, ma appunto una rappresentazione). Social drama che Fontana codifica nelle categorie “il bullo con un destino”, “il diseredato che si riscatta”, “l’eroe dell’eureka”, “il portavoce degli dèi”. Consiglio la lettura a tutti coloro che non vogliono fermarsi alla fruizione passiva del flusso di informazioni che ci attanaglia.
(Andrea Fontana, Regimi di verità : Convivere con leggende e fatti alternativi, Codice 2019, pag. 148, € 17, ISBN 9788875788025)