Pensavate che le scoperte matematiche siano davvero fatte da coloro a cui sono intitolate? I matematici ci hanno sempre scherzato su: esiste la legge dell’eponimia di Stigler che afferma «A una scoperta scientifica non si dà mai il nome del suo autore». In questo caso, però, Bruno D’Amore e Martha Isabel Fandiño Pinilla portano la legge alle sue estreme conseguenze, mostrando gli sconosciuti amici e parenti che hanno dato più o meno consapevolmente ai grandi matematici le loro idee. Troviamo così nella prima parte del libro la nonna del giovane Pitagora, ma anche la sorella maggiore di Archimede e tanti altri personaggi, con storie che a mio parere sono davvero divertenti e dovrebbero appassionare i ragazzi. Ma anche la seconda parte, dove gli autori raccontano qualcosa in più dei veri personaggi, è interessante; i ragazzi di cui sopra non scapperanno comunque, anche perché non si parla di matematica vera e propria ma appunto delle vite di quelle persone. Regalatelo a chi pensa di odiare la matematica: magari non cambierà del tutto idea, ma almeno vedrà le cose sotto un’altra luce.
(Bruno D’Amore e Martha Isabel Fandiño Pinilla, La nonna di Pitagora : , Dedalo 2013, pag. 182, € 15, ISBN 9788822041722)
Racconti di fantascienza sui viaggi nel tempo e sui loro paradossi ce ne sono tanti. Il più divertente, almeno per me, è “All You Zombies” di Robert Heinlein; questo romanzo breve di Gerrold lavora anch’esso sui paradossi temporali, anche se li usa in maniera molto più rilassata, ma soprattutto si mette a parlare della filosofia dietro la possibilità di cambiare il passato. Devo dire che ogni tanto mi sono perso nelle sue elucubrazioni, e non mi è molto chiaro quale fosse il punto di Gerrold nello scrivere questo libro: però la lettura è comunque stata piacevole.
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al 
Un allora giovanissimo Bruno D’Amore aveva inaugurato la collana “Lineamenti propedeutici di matematica” di Zanichelli con questo volumetto sull’algebra che comincia praticamente in medias res, con la definizione di un monomio. Devo dire che mi sono molto divertito a vedere come D’Amore aveva preso per le corna definizioni e teoremi, con una particolare attenzione agli esempi fuori norma che naturalmente sono quelli che permettono meglio di farsi una vera idea di quello che succede in pratica. Le uniche sezioni che ho trovato un po’ pesanti sono le ultime della seconda parte, sui sistemi di equazioni e la loro risoluzione: non ci ho visto nulla di diverso da quanto si trovava sui libri di testo liceali del periodo, come lo Zwirner. Il libretto resta però in genere godibile, e dà un’idea di come poi lo stile di D’Amore si sia evoluto con gli anni.
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Visto il successo che la collana Matematica Moderna ebbe negli anni ’60 del XX secolo, e anche all’inizio degli anni ’70, Zanichelli commissionò ad alcuni giovani autori italiani testi che nelle intenzioni dell’editore sarebbero dovuti servire ai giovani universitari che si ritrovavano a studiare cose non solo mai viste ma anche spiegate in modo completamente diverso. La collana, “Lineamenti propedeutici di matematica”, era diretta dall’allora giovanissimo Bruno D’Amore e doveva appunto fare da ponte per questi studenti e tutti i curiosi della materia. Beh, con questo libretto direi che non ci sono riusciti. Nonostante i tanti esempi, la parte iniziale del testo di Alberta De Flora risulterà del tutto incomprensibile a chiunque non sappia già ciò di cui si sta parlando; la seconda parte, quella sulle nozioni di base di analisi, è un po’ migliore: ma anche in questo caso mi sembra più che altro di leggere un testo universitario del prim’anno, solo senza buona parte delle dimostrazioni. Non faccio fatica a capire perché la collana pare essersi estinta con i primi tre libri.
Questo libretto ha la mia età, e lo si sente anche nella traduzione piuttosto arcaica di Luigi Maracchini. Quello che ho trovato interessante è stato il tipo di approccio di Ore, che presenta la teoria e i suoi sviluppi in modo molto più legato agli esempi pratici di quanto si faccia al giorno d’oggi. Il lettore insomma può vedere che alcuni teoremi fondamentali non nascono per caso ma arrivano in modo naturale. Il capitolo 7 sulla dualità della teoria dei grafi con quella sulle relazioni è stato per me illuminante; molto interessante, pur se piuttosto compressa, la dimostrazione che cinque colori bastano per colorare una mappa, unita al motivo per cui un approccio di quel tipo non è sufficiente per dimostrare il teorema dei quattro colori (che all’epoca della pubblicazione del libro non era ancora stato dimostrato).