Ci sono problemi matematici che sono a prima vista impossibili da risolvere. Una delle cose davvero belle della matematica – your mileage may vary, come dicono gli anglofoni… – è che se si riscrive il problema in modo diverso ma equivalente si può scoprire che la soluzione non è poi così difficile: non dico che siamo all’uovo di Colombo, ma quasi. Bene: questo libro (Jonas Peters e Nicolai Meinshausen, The Raven’s Hat : Fallen Pictures, Rising Sequences, and Other Mathematical Games, The MIT Press 2021, pag. 177, € 24,95, ISBN 9780262044516) fa proprio questo, portando passo passo il lettore a scoprire non solo la soluzione ma anche la matematica che sta dietro di essa. Le competenze richieste sono quelle della fine delle scuole superiori: in realtà si va più avanti, ma le numerose appendici servono a spiegare le nozioni non standard, che comunque non sono certo a livello universitario. Secondo me questo libro è imprescindibile per chi vuole capire davvero perché la matematica è bella. L’ultimo capitolo, con la storia del quadro che casca togliendo uno qualunque dei chiodi a cui è appeso, secondo me ha dell’incredibile…
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L’arte di pensare(libro)
Questo libro (Gabriele Lolli e Francesco Saverio Tortoriello (ed.), L’arte di pensare : matematica e filosofia, Utet Universitaria 2020, pag. 194, € , ISBN 9788860086006) raccoglie (in parte) gli atti di un convegno tenutosi nel 2018 a Salerno sulla necessità dell’insegnamento della filosofia della matematica nel liceo matematico (che non sapevo neppure esistesse…). Gli autori seguono naturalmente temi diversi, e le mie competenze nel campo non sono certo eccelse, quindi i giudizi sono molto personali.
Molinini è molto più legato alla filosofia vera e propria, e io non ho capito praticamente nulla del suo intervento sulla natura aristotelica della comprensione matematica. Più o meno lo stesso mi è capitato con Piazza e la comprensione matematica in Platone, anche se qui almeno sono riuscito a seguire il discorso e capire perché non possiamo dire che Platone è platonista. Molto più interessante almeno per me il testo di Panza sull’evoluzione della definizione di continuo e continuità, con la cesura tra i due concetti che comincia ad arrivare con Leibniz (non Newton!) anche se secondo alcuni si potrebbe stare tornando a un aristotelismo. Saito direi che fa qualcosa di quasi filologico, mostrando come il concetto di Euclide e Archimede dell'”antipeponthasin” (la “proporzionalità inversa”) potrebbe essere stato reso male dai commentatori e traduttori, almeno a giudicare dall’uso molto specifico negli Elementi. Lolli è Lolli, e quindi ce l’ha con i matematici e in questo caso anche con i divulgatori dei teoremi di Gödel che a suo dire non hanno capito nulla e hanno applicato il teorema in modo becero e inesatto, ma ha il grande vantaggio di dare una definizione precisa dei teoremi di incompletezza; Sereni riprende i concetti di Frege (per lui fondamentalmente un kantiano) e Dedekind su cosa sono i numeri, mostra come essi abbiano portato rispettivamente al neo-logicismo e allo strutturalismo, e afferma che nonostante la vittoria attuale del secondo il primo ha parecchie frecce al suo arco, indebolendo un po’ la struttura fregeiana per evitare il paradosso di Russell. In definitiva, un testo per interessati alla materia… e non so quanta di questa roba potrebbe essere riadattata per i liceali!
Best of British Science Fiction 2020 (ebook)
[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing] Di solito apprezzo molto le antologie di racconti fantascientifici britannici pubblicati dalla Newcon Prss. Stavolta (Donna Scott (ed.), Best of British Science Fiction 2020, Newcon Press 2021, pag. 280, Lst 19.08, ISBN 9781912950997) però sono stato un po’ deluso. Probabilmente la colpa è dell’anno 2020 e della pandemia: ho notato che molti dei racconti sono piuttosto tetri, anche se la curatrice ha affermato di avere fatto una cernita per ridurre quelli direttamente legati al presente. I racconti che mi sono piaciuti di più: Infinite Tea in the Demara Café di Ida Keogh, The Savages di David Gullen (non sono sicuro di averlo capito, ma l’idea è davvero strana), Lazarus, Unbound di Liam Hogan (secondo me potrebbe diventare un romanzo breve), Infectious di Liz Williams, Panspermia High di Eric Brown (davvero divertente), Variations on Heisenberg’s Third Concerto di Eleanor R. Wood (un nuovo modo di considerare il multiverso), What Happened to 70? di C.R. Berry (occorre molta sospensione dell’incredulità, ma l’idea è carina), The Good Shepherd di Stewart Hotston (forse il migliore della raccolta), Pineapples Are Not the Only Bromeliad di RB Kelly (una tresca è una tresca) and Like Clocks Work di Andi C Buchanan. Nota di demerito per Brave New World, by Oscar Wilde di Ian Watson; l’idea era fantastica, ma la realizzazione no.
Ultimo aggiornamento: 2022-01-02 22:27
Matematici da epurare (libro)
Dopo la fine del fascismo ci sarebbe dovuta essere un’epurazione: eliminare le figure compromesse con il regime per ripartire da capo. La teoria era chiara: la pratica avrebbe lasciato sguarnita praticamente tutta la macchina statale ma anche quella privata, e così in pochi anni – dal 1943 al 1946 – finì quasi tutto a tarallucci e vino. Guerraggio e Nastasi partono col raccontare questa parabola politica, per poi dedicarsi in questo libro (Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi, Matematici da epurare : I matematici italiani tra fascismo e democrazia, Egea 2018, pag. 262, € 22,50, ISBN 9788823845817) alle figure dei “matematici del regime”, con qualche deviazione verso altri scienziati. Se vi chiedete che cosa possono avere fatto di così fascista i matematici, non avete idea di cosa si faccia in matematica :-) Il risultato finale è stato “tutti assolti”, alla peggio dopo una prima condanna a cui seguirono vari ricorsi con gli epurandi che si arrampicavano sugli specchi e le nuove commissioni che chiudevano un occhio se non due. Gli autori rimarcano come poi ci fu un fortissimo spirito di corpo nell’università, anche tra docenti di idee politiche diverse; l’unica eccezione fu Guido Castelnuovo. Io sapevo delle storie di Severi e Picone (quest’ultimo viene descritto come un amante delle vetrine più che un vero fascistone), mentre non conoscevo per esempio Bompiani, che pure dopo la guerra ha continuato imperturbabile a essere presidente dell’Unione Matematica Italiana. È vero che tutti costoro erano già professori ordinari prima del fascismo; ma le testimonianze raccolte, anche al netto della retorica del Ventennio, non mostrano una pura adesione di facciata… Ad ogni modo le cose andarono così, e non poteva forse esserci nulla di diverso visto cosa successe negli altri campi. Per quanto riguarda la matematica, nel breve periodo avemmo una continuità che permise di proseguire le ricerche; ma gli autori ipotizzano che nel medio-lungo termine gli svantaggi furono maggiori, non avendo l’Italia avuto la possibilità di un vero ricambio non solo generazionale ma anche di idee. Peccato per qualche refuso che è rimasto nel testo.
Pitagora, il padre di tutti i teoremi (libro)
(ok, forse il vero titolo è a²+b²=c², ma lasciamo quell’altro) Stavolta Bottazzini non mi è piaciuto molto. In questo libretto (Umberto Bottazzini, Pitagora, il padre di tutti i teoremi, Il Mulino 2020, pag. 160, € 12, ISBN 9788815287335) si parla del teorema di Pitagora e di un po’ di cose che gli fanno contorno. Però le prime cinquanta pagine, dove si parla più o meno di quello che NON sappiamo sul filosofo di Samo, sono francamente inutili. Più interessante la parte successiva, dove per esempio scopriamo da dove deriva la dimostrazione di Garfield (non il gatto dei fumetti, ma il presidente USA) e un accenno alla distanza pitagorica come funzionante nel caso di infinitesimi anche nelle varietà riemanniane, pur senza entrare nello specifico per ovvie ragioni legate al target. Però per esempio mi sarei aspettato anche qualcosa sul teorema del coseno che in fin dei conti è una generalizzazione. In definitiva, non un libro imprescindibile.
Fake People (libro)
Una vecchia vignetta mostrava due cani parlare, uno accucciato e l’altro alla tastiera che diceva all’altro “Su internet nessuno può sapere che sei un cane”. Oggi la vignetta dovrebbe essere aggiornata con un computer che digita “Su internet nessuno può sapere se tu esisti davvero”. In questo libro (Viola Bachini e Fabrizio Tesconi, Fake People : Storie di social bot e bugiardi digitali, Codice 2020, pag. 149, € 15, ISBN 9788875788704) Viola Bachini e Fabrizio Tesconi raccontano i vari tipi di “persone fasulle” che troviamo in rete: dai bot che fanno finta di essere donne per equilibrare i sessi nelle app di chatting ai follower fake su Instagram e Twitter; dagli algoritmi ad alta frequenza che hanno soppiantato le grida in Borsa al deep learning. Al riguardo mi è piaciuta molto la frase “Il deep learning è in un certo senso il modo per fare emergere in una macchina il Sistema 1 di Kahneman”, che fa capire quale sia la vera differenza attuale tra umani e bot e come sia possibile distinguerli. (Poi no, secondo me il sistema 1 non riesce ancora ad emergere, per fortuna). Una lettura importante per chiunque abbia a che fare con la rete.
The Interconnectedness of All Kings (graphic novel)
Dirk Gently è l’investigatore olistico che Douglas Adams ideò quando si stufò di scrivere la Guida. Il suo peculiare modo di indagare – ritiene che tutto ciò che accade sia intrinsecamente connesso – fa sì che le cose più improbabili si incastrino alla perfezione nel racconto. Da questo punto di vista direi che in questa graphic novel (Ryall Akins e Kyriazis, The Interconnectedness of All Kings, Idea & Design Works 2016, pag. 114, $19,99, ISBN 9781631405082), a parte la copertina assolutamente incongrua, lo spirito di Douglas Adams sia rimasto. (C’è anche un suo cameo…), così come quello di Dirk Gently. O forse l’incongruità è un altro effetto dell’interconnessione di tutte le cose, o se preferite di tutti i re? Il tratto grafico è abbastanza interessante, con piani non standard; la storia è un guazzabuglio ma anche questo ce lo potevamo aspettare.
Ultimo aggiornamento: 2021-10-26 19:18
Viaggio al centro della terra (libro)
Tra le tante opere famose di Verne, non avevo mai letto Viaggio al centro della terra: come mi capita ultimamente, ho preso la palla al balzo per verificare che mio figlio lo stesse davvero leggendo e comprendendo. Devo concordare con quanto scrive Philip Ball, che stavo leggendo in contemporanea e che ritiene che le opere di H.G. Wells abbiano retto molto meglio il passaggio del tempo: se devi scrivere fantascienza è meglio evitare di mettere troppa scienza (come succede nella odierna hard SF). Il libro (Jules Verne, Viaggio al centro della terra [Voyage au centre de la Terre], Feltrinelli 2019 [1864], pag. 304, € 9, ISBN 9788807903472, trad. Stefano Valenti) spesso sembra più che altro un manuale di geologia, spiegata dal giovane protagonista Axel che tra un dubbio e l’altro non può fare a meno di spiattellarci tutto quello che conosce delle rocce incontrate nel percorso. Questo è un tipico caso di un’opera che viene meglio in una versione cinematografica, dove si possono tagliare le descrizioni inutili.
Ho anche molti dubbi sulla traduzione di Stefano Valenti, a partire dall'”acide nitrique” che è diventato “acido citrico” nelle prime pagine. Fare una nuova traduzione di un testo di un secolo e mezzo fa dovrebbe renderlo più scorrevole, cosa che non mi pare sia successa.