Archivi categoria: recensioni

_Everything and more_ (libro)

[copertina]David Forster Wallace non è un matematico, ma un romanziere. Però ha indubbiamente conoscenze matematiche non solo di base, come si può leggere in questo saggio il cui titolo è già di per sé affascinante (David Forster Wallace, Everything and more – a compact history of infinity, W. W. Norton & Company – Great Discoveries 2004, p. 336, $ 14.95, ISBN 0393326292) Sicuramente però è un affabulatore, e lo si vede perfettamente dal testo, che sembra più la trascrizione di una serie di lezioni orali che un manuale vero e proprio. Con la scusa di non risultare ripetitivo, inserisce abbreviazioni a iosa; si lamenta di quelo che scrivono gli altri autori di libri divulgativi sui matematici; ogni tanto spunta un GLOSSARIO DI EMERGENZA per i termini che potrebbero essere più astrusi per i non matematici; continua a inserire digressioni (magari tra parentesi, e magari innestando un’altra parentesi (proprio come sto facendo ora!)) per tornare regolarmente al punto di partenza; si arroga il diritto di definire molti paragrafi IYI (“if you’re interested”, cioè “se ti interessa”) ma poi li trasforma magari in “non proprio IYI, perché questa cosa ti servirà tra trenta pagine”. Bisogna dire che però la lettura risulta avvincente, tranne forse nelle ultime pagine che sembrano quasi un anticlimax, come se Wallace si fosse stufato di raccontare: peccato.

Ultimo aggiornamento: 2017-01-14 12:48

A very short introduction to mathematics (libro)

[copertina]Spiegare la matematica è sempre difficile. In questo caso l’improbo compito è andato a Timothy Gowers, che non è esattamente l’ultimo arrivato avendo vinto una Fields Medal – ed è nato il mio stesso anno! sono quelle cose che ti fanno sentire a disagio – che ha scritto questo libretto (Timothy Gowers, A very short introduction to mathematics, Oxford University Press – Very Short Introductions 2002, p.144, $9.95, ISBN 0192853619) che fa parte di una collana di “introduzioni a tante cose diverse”. Nonostante i caratteri siano minuscoli, non è che ci possa stare molto materiale, e quindi i temi trattati sono quelli soliti di divulgazione della matematica, evitando espressamente frattali e teoria del caos “perché ne parlano già in tanti, e non danno un grande aiuto a comprendere la matematica odierna”: ottima scelta a mio giudizio. In compenso, mi è piaciuto molto il modo in cui Gowers ha esposto il materiale: il concetto di base si può sintetizzare dicendo “le regole matematiche e persino gli enti non hanno nulla di intrinsecamente vero, ma vengono scelti perché risultano più comodi”. Uno dei rari esempi moderni di matematico non platoniano, direi. Non ci avevo mai pensato, dato che il mio approccio alla matematica è generalmente formalista, ma forse ha ragione: uno dei motivi per cui tanta gente afferma di odiare la matematica è perché non sono mai riusciti a capire perché le cose si facciano in un certo modo, immaginando magari chissà quale complotto dei matematici. Sfatare questo mito potrebbe essere pertanto utile, anche se resterà sempre l’altro enorme scoglio: la matematica è un’unica costruzione che continua a crescere sui risultati precedenti, e se non se ne comprende una parte non è possibile sperare di capire le nozioni successive.
Nota: per i non anglofoni c’è anche la versione italiana del libro (Matematica. Un’introduzione, Einaudi, 15 euro), che io non ho preso perché sono parsimonioso e mi sarebbe costata di più…

Ultimo aggiornamento: 2005-05-19 11:45

<em>Harry Potter and the Order of the Phoenix</em>

[copertina]È sempre un problema decidere di scrivere una serie di libri con un protagonista che cresce. Se poi non ci si limita alla classica trilogia, ma si vuole arrivare a farne sette, i problemi aumentano: e Harry Potter non fa eccezione. Nel quinto volume della saga (J.K.Rowling, Harry Potter and the Order of the Phoenix, Bloomsbury 2004, p. 766, Lst 7.99, ISBN 0-7475-6107-9) cominciano a morire personaggi non esattamente secondari, e comincio a pensare che tra due anni avremo una scena simile a quella dell’Amleto dove tutti muoiono. Cosa dire del libro senza rivelare la trama – anche se mi pare una preoccupazione inutile: tutti ormai sanno di che si parla prima ancora che i libri siano pubblicati? L’atmosfera diventa sempre più cupa, non dico da horror ma quasi gotica; Harry crescendo si vede scuotere le poche certezze che aveva senza riuscire ad accettare la verità; la sua vita sentimentale è quella di un perdente – ho avuto un’esperienza pluridecennale che me lo fa capire senza problemi. Il tutto in un testo che è quasi lungo come i primi tre libri messi insieme, il che darà certo piacere a chi si mette a leggerlo, ma mi lascia dei dubbi su cosa riuscirà a fare negli ultimi due volumi della saga. Spero per lei che si sia preparata una scaletta dei nuovi colpi di scena. Il libro si fa leggere bene, nulla da dire, però mi è rimasto l’amaro in bocca. La vita sarà sì triste, ma perché rifletterlo anche nei romanzi?

Ultimo aggiornamento: 2005-05-12 12:25

Fiera del Libro 2005

Avevo annunciato il mio passaggio in quel di Torino per andare alla Fiera del libro, ma poi mi sono dimenticato di postare il mio resoconto. Non che in realtà ci sia molto di diverso dal solito. Gli ex-colleghi Tilab sono una costante degli incontri: già prima di entrare in Lingotto sabato sera mi sono imbattuto in Giovanni Martini e consorte, mentre tra gli stand ho incontrato Roberto Pacifici. Visto che la quota era inferiore al minimo sindacale, sabato mentre pedalavo verso casa ho visto anche Roberto Beretta… inutile, sono il figlio degenere di una grande famiglia.
Nonostante tutti i proclami di grandezza, venerdì sera non mi è sembrato ci fosse tutta quella gente; sabato purtroppo la situazione era molto peggiore, come del resto ci si poteva aspettare. Ma non è colpa mia se l’interregionale da Milano è riuscito ad accumulare venti minuti di ritardo perché si vede che non voleva fare sentire al disagio l’intercity che era rimasto fermo a Milano per non meglio precisato guasto… i miei tempi sono per forza ristretti.
Per quanto riguarda gli stand, come sempre ho saltato a piè pari quelli degli editori noti, per dedicarmi alla caccia di chicche tra i piccoli: il risultato non è stato troppo devastante per il portafoglio, già duramente provato il mese scorso. Un paio di libretti dal Melangolo, una guida musicale da Carocci e un libro fantasy di un mio ex compagno di improvvisazione teatrale, oltre a una maglietta linuxara. Parlando di amici, ho rivisto come sempre con piacere Isa, oltre ai “soliti noti” (nel senso che facevo più in fretta a vederli a Milano…) Zop, DElyMyth e William Nessuno, prima di crollare sfibrato e con le vesciche ai piedi – sbagliato scarpe, lo ammetto.

Ultimo aggiornamento: 2005-05-10 15:31

Blog Generation (libro)

[copertina]Il 2004 è stato tutto un pullulare di libri sui blog, sui blogger e via discorrendo. Continuo a chiedermi da un lato se hanno un certo qual successo, e dall’altro se servono a qualcosa. In fin dei conti è anche vero che chi scrive su un blog tende a leggere più della media, e con le tirature medie italiane basta “leggersi addosso” per ottenere un discreto successo.
Questo agile saggio (Giuseppe Granieri, Blog Generation, Laterza Tascabili, 2005, p. 172, € 10, ISBN 88-420-7564-7) nasce per spiegare il fenomeno da un punto di vista sociologico. Granieri è una figura molto nota nel campo, e il suo punto di vista è che la Rete permetterà una maggiore partecipazione dei cittadini alla “politica”, intesa sia nel senso usuale che in quello etimologico di “scambio di informazioni e conoscenze tra le persone”; il tutto favorito dai sistemi software di aggregazione di quanto noi rendiamo pubblico, che faranno sì che ognuno di noi si costruirà il proprio giornale interattivo.
Il libro è scritto in uno stile che si mantiene quasi sempre scorrevole, senza usare quei paroloni che danno l’aria di voler nascondere la scarsa conoscenza degli argomenti. Chi conosce il “guru” Granieri si potrà piuttosto stupire che non è stata mai usata alcuna faccina: è proprio vero che un sito web e un libro richiedono formalismi diversi. L’unica pecca che ho trovato è il tono a volte troppo trionfalistico, come se i blog fossero la Rivoluzione Totale e Definitiva invece che uno strumento utile ma non certo indispensabile. Forse però la mia è una visione prevenuta: in fin dei conti faccio già parte della Blog Generation.

Ultimo aggiornamento: 2005-05-02 12:21

<em>Sta scherzando, Mr Feynman!</em>

[copertina]Feynman fu sempre una persona diciamo eccentrica, e sicuramente pronta a fare qualunque
cosa pur di stupire. In questo libro (Richard P. Feynman, Sta scherzando, Mr. Feynman!, Zanichelli Le Ellissi, p.348, €, 34.80, ISBN 88-08-03718-5, trad. Sylvie Coyaud) racconta tutto quello che ha fatto, dallo scassinare le casseforti durante la seconda guerra mondiale al suonare in un complesso di samba brasiliano a Rio; dal decidere di fare il pittore al divertirsi nei topless bar. Leggendo le pagine resta sempre la voglia di prendere Feynman a schiaffi perché troppo saccente. Direi che è persino peggio di me, e dire che non è così semplice! Certo che di avventure ne ha avute davvero parecchie, ben più di quanto si potrebbe pensare che capiti a una persona. Il libro ha secondo me due pecche, però. Innanzitutto il prezzo obbrobrioso: d’accordo – e anche qui, insomma… – che è un’edizione rilegata, ma è l’unica a disposizione per chi vuole comprarselo. Poi c’è il testo. Scorre sicuramente bene, anche se il “rock duro” fa un po’ ridere. Ma nel colophon trovo scritto “revisione scientifica di Antonella Fruscione”. Non so quanto la fisica presente sia stata revisionata, si sa che non la capisco in ogni caso. Ma c’è un capitoletto dove Feynman racconta il suo successo nel calcolare a memoria alcuni valori di ex. Garantisco che la traduzione dei termini matematici è assolutamente casuale.

Ultimo aggiornamento: 2005-04-21 16:46

Ritorno dall’universo (libro)

Non penso che questo libro (Stanislaw Lem, Ritorno dall’universo, Mondadori Oscar Fantascienza 75, p.277, ISBN 88-04-32033-8, trad. Pier Francesco Poli) sia ancora in commercio. Da un certo punto di vista è un peccato: in fin dei conti non è un brutto lavoro. Devo dire che le prime 40 pagine mi hanno dato un senso di rabbia e di incomprensibilità: andando avanti ho capito che era esattamente quanto Lem voleva, per farci entrare meglio nei pensieri del protagonista; la traduzione è indubbiamente magistrale. Costui è un pilota di astronave, rientrato sulla Terra dopo quello che per lui è stato un viaggio di dieci anni ma per il mondo è durato cent’anni, e che scopre che ci sono stati progressi incredibili, ma che in compenso la gente ha perso la capacità di provare emozioni. La storia si continua a dipanare fino alla fine… che, come anche in Solaris, è un anticlimax. Ti lascia con l’amaro in bocca.

Ultimo aggiornamento: 2005-04-12 14:01

Annicinquanta: nascita della creatività italiana (mostra)

Questa mostra, aperta fino al 3 luglio, stranamente non è ospitata alla Triennale ma a Palazzo Reale. Dico “stranamente”, perché generalmente è il tipo di roba fatta dagli “altri”… Vabbè, non importa. Siamo andati a vedere la mostra la vigilia di Pasqua, con Milano riempita da scozzesi in kilt e il tempo urfido della Milano primaverile. Sul fianco del Duomo si comincia a vedere un vagone di Settebello e alcune auto degli anni ’50, giusto come assaggio. L’interno della mostra è davvero bello, e merita i nove euro di biglietto di ingresso; perlomeno per chi come Anna e io abbiamo ancora fatto in tempo a vedere molti di quegli oggetti – si sa, duravano più a lungo… – e quindi abbiamo fatto una specie di amarcord. Nelle varie sale è mostrato di tutto, dall’architettura all’industrial design, al cinema, alla televisione – che permette anche di fare vedere cosa è successo in Italia e nel mondo in quegli anni, per mezzo di un filmato di RaiTeche – a moda e arte. Forse queste ultime sono state le sezioni più debolucce, con molte opere ma senza una vera spiegazione: i manifesti delle varie correnti pittoriche non dicono molto, ve l’assicuro.
Pur saltando le sale della Reggia che con i nuovi restauri se ne stanno in mezzo all’allestimento della mostra, ci abbiamo messo due ore a visitarla, e non mi sono nemmeno lamentato che ora di pranzo era passata da un pezzo: sicuro segno di interesse.
Piccola curiosità: non è stata rispettata la par condicio. C’erano infatti alcune realizzazioni di Sarfatti (padre), il fondatore di Arteluce. Mi stupisco non sia arrivato nessuno a polemizzare.

Ultimo aggiornamento: 2005-03-26 20:50