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Museo di arte contemporanea di Rivoli

Visto che come ho scritto eravamo a Torino per un battesimo, prima di tornare a Milano Anna e io siamo andati a vedere il Museo di arte contemporanea a Rivoli. Premetto che io ero stato spesso fino al Castello, ma avevo accuratamente evitato di entrare al museo; inoltre avevo sempre lasciato l’auto ai piedi della collina camminando per l’isola pedonale, tanto che ho avuto dei problemi a trovare la strada per salire in cima.
Il castello è indubbiamente molto bello, e infatti Anna che non l’aveva mai visto è rimasta estasiata. Come è capitato spesso per le residenze dei Savoia, non era mai stato finito per mancanza cronica di soldi unita a una certa qual tirchieria, e inoltre nel diciannovesimo secolo era anche stato adibito a caserma. I restauri hanno deciso di fare un’opera di rottura, costruendo delle parti in vetro e cemento al posto di quelle mancanti. A dirlo così sembrerebbe una schifezza, invece il risultato è davvero piacevole. Anche la caffetteria non è male, e ha dei prezzi civili, a differenza del ristorante che a vedere la carta sembra essere una di quelle cose di gran lusso.
Ah: domenica era la Giornata del Patrimonio, e così il biglietto di ingresso era gratuito, il che non ha fatto certo male. Non che comunque ci fosse moltissima gente, e molti dei presenti non erano italiani. Ad ogni modo, le sale del primo piano (il secondo era chiuso perché in allestimento) avevano opere che io ho trovato per la maggior parte francamente inutili, anche se devo riconoscere che c’erano un paio di chicche molto piacevoli. Lo so, il mio orizzonte culturale è limitato, Anna me lo dice sempre; anche nelle opere video esposte al terzo piano ce ne sono state alcune che a me sembravano tanto i filmini che puoi fare in spiaggia – occhei, non c’erano i bagnanti in costume, ma nulla di più – insieme ad altri lavori che magari non mi piacevano ma avevano almeno un senso artistico. La cosa che però mi ha stupito di più è che tra gli scultori c’era un solo artista nato nel 1954, e tutti gli altri erano nati prima del 1950. A questo punto mi chiedo dove la mia generazione, per non parlare dei trentenni, può esporre. Ci sarà forse un museo d’arte postcontemporanea?

Ultimo aggiornamento: 2005-09-27 16:24

<em>Sports</em>

Si definisce “Free press del lunedì e del giovedì”, esce a Roma e Milano, ed è arrivato al numero sei, anche se questa di oggi è la prima copia che io provo a prendere. Il colophon non dice molto, se non che la pubblicità è curata dal Sole-24 ore che magari è anche quello che mette i soldi per il giornale gratuito (ah, da pagina di pubblicità in fondo ho scoperto che esiste il mensile “Il Sole-24 ore Sport”, e che è già partito nel 2000…) e che gli indirizzi email rimandano a un sito al momento inesistente, il che non è poi la fine del mondo. A proposito di pubblicità: ci sono sei pagine piene su 24 della foliazione, più tre moduli più piccoli per un totale di altra mezza pagina abbondante.
Il font utilizzato è sempre con le grazie, come del resto negli altri quotidiani gratuiti: non è però un classico Times Roman, e soprattutto l’interlinea mi pare leggermente maggiore, dando un’impressione di vuoto indipendente dal contenuto degli articoli. Come ci si può aspettare, metà del numero è dedicata al calcio, stranamente solo di serie A anche se la cosa si può spiegare con la diffusione che non tocca città con squadre in B o C/1. Occorre però dire che gli altri sport sembrano trattati abbastanza bene: ad esempio c’è un articolo sulla vittoria della Grecia negli europei di basket, che tutta la stampa italiana ha snobbato non appena la nostra nazionale è stata eliminata. Insomma, potrebbe essere peggio :-)

Ultimo aggiornamento: 2005-09-26 12:01

_L’enigma di Cartesio_ (libro)

[copertina]
Abbiamo la Francia del Mazarino, con la lotta tra re e parlamento; abbiamo un delitto perfetto condotto con le tecniche matematiche più avanzate del tempo; abbiamo come investigatore privato nientemeno che Cartesio. Eppure il romanzo (Frédéric Serror e Herio Saboga, L’enigma di Cartesio [L’échelle de Monsieur Descartes], Barbera – meladinewton 2005 [1999], pag. 305, € 16.50, ISBN 88-7899-010-8, trad. Monica Martignoni) non prende. Sarà che gli autori sono troppo filosofi e troppo poco romanzieri, o forse hanno esagerato a inserire nella storia troppi personaggi reali e troppi discorsi effettivamente pronunciati, o ancora la trama viene esposta troppo lentamente e quindi perde di mordente, e la traduttrice non può farci più di tanto: ma è chiaro che il poliziesco fa acqua da tutte le parti, e le dotte spiegazioni di Cartesio fanno dopo poco tempo sbadigliare. Sarebbe stato meglio aggiungere magari la piantina della zona del delitto e il disegno schematizzato tracciato come spiegazione delle cause del delitto… Già tradurre letteralmente il titolo (la scala di Cartesio) sarebbe stato più simpatico. Aggiungiamo poi il fatto che le ultime quaranta pagine contengono estratti di opere e lettere del filosofo, e completiamo l’opera. Insomma, non è un libro che si butta via a metà, ma nemmeno uno di quelli da prendere al volo.

Ultimo aggiornamento: 2017-12-10 19:25

_Personaggi e paradossi della matematica_ (libro)

[copertina]
Io non sono così inflessibile. Posso tollerare che un limerick non venga tradotto come limerick, perdendo la sua musicalità. Ma quando ad esempio trovo scritto in un aneddoto che Paul Erdös chiede “Dimostrami che se hai n+1 positivo e intero minore o uguale a 2n, alcune loro coppie sono numeri primi relativi [Non avendo alcun fattore in comune tranne che uno]”, capisco due cose. La prima è che il traduttore non sa nulla di matematica, il che di per sé non è un problema se il libro (David Wells, Personaggi e paradossi della matematica [The Penguin Book of Curious and Interesting Mathematics], Mondadori – Oscar saggi 2002 [1997], pag. 279, € 8.80, ISBN 88-04-49885-4, trad. Massimiliano Buvoli) non parlasse evidentemente di matematica. La seconda è che a Mondadori nessuno ha pensato di rileggere le bozze, tenuto conto che il brano in questione si trova all’inizio di pagina quindici. O forse, e non so se sia ancora peggio, hanno pensato che tanto la gente comune è convinta che i matematici siano strambi, e prende per oro colato qualunque cosa si dica di loro. In ogni caso, fatevi un favore: se sapete l’inglese potete pensare di prendere il libro in edizione originale, pur sapendo che comunque è una specie di minestrone; altrimenti lasciate perdere e vivete tranquilli e felici.

Ultimo aggiornamento: 2014-09-09 10:49

Guida galattica per autostoppisti (film)

Mi ero detto che avrei aspettato il DVD, visto che l’uscita italiana è stata praticamente cancellata (venti copie in tutta la nazione, e a partire dal 12 agosto…) per il basso successo nell’Europa continentale. Di per sé avevo anche recuperato il DiVX, se proprio mi fossi sentito in crisi di astinenza. Ma poi ieri sera ho visto che lo stavano dando al Mexico, e così abbiamo preso e siamo andati. Commento di Anna: “per una volta che tu vuoi andare al cinema, bisogna cogliere l’occasione al volo!”
Che dire del film? è quasi completamente dissimile dal programma radiofonico, e dalla serie tv, e dai libri, e dall’adventure… il che è il minimo che uno si possa aspettare. L’inizio è sempre lo stesso, ma dopo la storia parte leggermente per la tangente: così a memoria, non mi pare che si parli dell’Arma Totale PDV nelle altre edizioni. La fregatura però è nella trama. Se uno è un adamsiano convinto, è una gioia: almeno una decina di volte ho potuto pronunciare le battute insieme agli attori. Ma se non si sa nulla della Guida, direi che è piuttosto deboluccio, anche se l’animazione della Guida stessa è fatta parecchio bene, e Zaphod è assolutamente perfetto nella sua parte di presidente della Galassia. Ci vuole un po’ di tempo per fare l’abitudine a Ford, non tanto perché è nero quanto per lo stile di recitazione: memorabile però (per chi conosce il libro…) la scena flashback del suo primo incontro con Arthur. Trillian è carina ma completamente Hollywoodizzata :-(
Ora devo testare la versione in lingua originale…

Ultimo aggiornamento: 2005-09-11 19:19

FORMA

Ieri pomeriggio siamo andati a vedere il Centro Internazionale di Fotografia, che hanno aperto a Milano in piazza Lucrezio Caro, tra la Bocconi e corso san Gottardo. Il posto è molto bello: era una parte del deposito ATM del Ticinese – non per niente ATM è uno degli sponsor del centro – e addirittura si possono vedere i tram da una finestra interna opportunamente collocata. Anche la mostra antologica di Gianni Berengo Gardin, ospitata fino a domenica 18 settembre, è carina: a me personalmente è piaciuta la divisione degli spazi in molte delle sue foto. Certo che le note didascaliche presenti qua e là erano assolutamente incomprensibili, e non sempre poi così legate alle foto. Inoltre l’ergonomia non è che fosse poi così considerata: se metti due foto una sopra l’altra, forse sarebbe più simpatico sfalsare anche di un solo centimetro i cartellini, e non metterli esattamente in orizzontale… soprattutto quando la didascalia è “città – anno”.
L’altro punto su cui dissento fortemente è il costo del biglietto di ingresso. Sei euro e mezzo (ridotto 5) per una mostra fotografica mi pare molto caro: a questo punto a Brera dovrebbero far pagare 25 euro per l’ingresso in pinacoteca…

Ultimo aggiornamento: 2005-09-11 18:43

<em>Gli Schwartz</em>

[copertina]
Non so esattamente come giudicare il libro (Matthew Sharpe, Gli Schwartz [The Sleeping Father], Einaudi – Stile Libero Big 2005 [2003], pag. 300, € 14.80, ISBN 88-06-17286-7, trad. Matteo Colombo). Sharpe si deve essere sicuramente fumato della roba buona, perché non si puo onestamente dire che non ci sia una trama, ma spesso più che di commedia si dovrebbe parlare di immaginismo; il tutto all’interno di una famiglia ebrea col padre in coma, la madre – che aveva già divorziato da lui – scappata all’Ovest, e due figli adolescenti, Chris sessuomane senza fortuna e Cathy in preda a una conversione mistica verso il cattolicesimo. A loro si aggiungono una serie di comprimari le cui vicende si intrecciano tra di loro e con gli Schwartz, con battute a volte fulminanti e uno spaccato di vita nella provincia dell’Est statunitense. La traduzione è generalmente ottima e rende bene sia lo stile di Sharpe che le battute, il che non era affatto semplice: ci sono però un paio di svarioni, quando Lila parla di matrimonio al posto di divorzio, e l’Atto di Carità che è diventato di Amore.

Ultimo aggiornamento: 2005-09-06 11:30

_Cavour contro Garibaldi_ (libro)

[copertina]Mack Smith è lo storico inglese più esperto della storia italiana. In questa che è stata la sua prima opera, la cui prima edizione risale agli anni ’50 (Denis Mack Smith, Cavour contro Garibaldi, Rizzoli – Saggi stranieri 1999, pag. 509, €19.63, ISBN 881786143X, trad. Paolo Gori) si mette a ribaltare la tradizione italica riguardo all’annessione dell’Italia meridionale che ci hanno insegnato a scuola. Indubbiamente un punto di vista diverso è sempre utile per avere un’idea più completa di quanto successe in quei mesi, e il testo è letteralmente farcito di citazioni dagli epistolari dei vari protagonisti. Tra l’altro, lo sapevate che Cavour scriveva abitualmente in francese? Dal libro si nota però come ciascuno ha i suoi pregiudizi. Mack Smith, come in genere i britannici, tende infatti a migliorare l’immagine di Garibaldi: non solo a scapito di Cavour, il che potrebbe anche starci, ma proprio in assoluto. L’eroe indomito, che di politica non capiva molto ma aveva un senso innato per fare le cose giuste, tanto che veniva osannato dalla popolazione? Anche la situazione politica nel napoletano viene mostrata in maniera non propriamente neutrale: chissà, forse la parentela dei Borboni con i francesi ha un po’ prevenuto il nostro. Anche il testo non mi è sembrato molto scorrevole, non per la traduzione ma proprio per lo stile ripetitivo al limite del martellamento. Insomma, ci sono libri più interessanti.

Ultimo aggiornamento: 2017-09-17 12:45