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L’algoritmo del parcheggio (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!) Un aneddoto. Nel 1982, quando ero una matricola a matematica, un dottorando faceva le esercitazioni di Analisi 1: noi gli appioppammo un tormentone a partire da una frase che pronunciò una volta, “ma sotto sotto… c’è una sottosottosuccessione”. Il dottorando di allora, dopo essere stato Rettore dell’Università di Udine, anzi “Magnifico” come lo chiamava la Littizzetto durante Chetempochefa, oggi di Udine è il sindaco. Parlo naturalmente di Furio Honsell, che ha pensato bene di scrivere un libro (Furio Honsell, L’algoritmo del parcheggio, Mondadori 2007, pag. 199, € 15, ISBN 9788804567257) pensato per i tanti signori Io Che Sononegatoperlamatematica, in breve I.C.S.
L’idea è ottima, il titolo perfetto, e anche il testo ha degli spunti interessanti, sia come leggibilità o per meglio dire lievità che da un punto di vista didattico. Ad esempio trovo molto chiara la spiegazione di come prima di dare una risposta occorra fare la domanda giusta: nell’algoritmo del parcheggio che dà il titolo al libro si può chiedere se l’algoritmo migliore sia quello che massimizzi la probabilità di trovare il parcheggio migliore (ma ci faccia rischiare di trovarne uno proprio pessimo) o quello che ci faccia parcheggiare meglio in media, rinunciando a puntare alla perfezione. D’altra parte ci sono anche molte pecche, guardandolo dal punto di vista del signor I.C.S. (il libro non è né vuole essere per chi la matematica l’ama già!). Molte volte i risultati sono solamente indicati senza non dico una dimostrazione ma nemmeno un’idea di come arrivarci, e potrebbero portare l’ignaro lettore a credere che la matematica funzioni più che altro per magia. Inoltre la scelta di non mettere formule è accettabile, ma quella di evitare le figure un po’ meno. I disegni di Bruno Bozzetto sono carini, ma sono ovviamente umoristici e non aiutano a capire…
In definitiva, può comunque essere un libro utile per avvicinare un po’ di persone e fare in modo che non abbiano più tutta quella paura per la matematica, ma forse è un’occasione un po’ sprecata.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-29 08:30

Dizionarietto di parole del futuro (libro)

[copertina] Questo libretto (Tullio De Mauro, Dizionarietto di parole del futuro, Laterza (Universale 867) 2006, pag. 127, € 10, ISBN 978-88-420-8141-8) è la raccolta della rubrica tenuta da De Mauro su Internazionale che ogni settimana presenta in circa mille caratteri (meno di mezza cartella, meno di questa recensione) una parola “incipiente”: un termine cioè che non è ancora un neologismo, perché nei vocabolari non risulta ancora. Le parole non sono necessariamente italiane, e De Mauro ne traccia generalmente l’uso nelle principali lingue europee proprio per vedere la storia della loro diffusione. Alcune sono probabilmente note a chi mi sta leggendo, per esempio internettaro o sudoku; altre erano a me completamente ignote, come oseltamivir (un farmaco antinfluenzale, o meglio la molecola del principio attivo). Nonostante lo spazio ridotto dedicato a ogni lemma, cosa tra l’altro ideale per chi vuole centellinarsi il libro, De Mauro trova spesso il modo di fare un commento anche politico – in senso lato – relativo al termine. Quello che mi ha stupito di più sta in una nota nell’appendice, Dove nascono i neologismi?, appendice che dopo un bell’inizio mi ha però un po’ deluso finendo con una lista tassonomica. La parola latina “omissis” è usata praticamente solo in Italia, il che la dice lunga su come le parole abbiano bisogno di un humus specifico per prosperare. In generale, comunque, la lettura è piacevole.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-27 10:32

Prima lezione di grammatica (libro)

[copertina] Serianni è uno di quegli autori verso cui ho dei pregiudizi (in senso etimologico). Tengo la sua Garzantina sulla grammatica italiana come oracolo per tutte le volte in cui ho dubbi su come si scrive qualcosa in italiano corretto. E nemmeno con questo agile libretto (Luca Serianni, Prima lezione di grammatica, Laterza – Universale 883, 2006, pag. 176, € 10, ISBN 9788842079194) sono stato deluso: anzi!
Non spaventatevi dal titolo: di lezioni, qua, non ce ne sono affatto. Piuttosto, Serianni non solo mostra al lettore come la grammatica italiana non sia scolpita nel granito, ma lo accompagna a vedere come e spesso perché le forme si evolvono, facendo confronti con l’italiano dei secoli passati e spesso con altre lingue. Gli esempi, corretti e no, arrivano dalle fonti più disparate: scrittori antichi e contemporanei, temi degli studenti (in genere errati…), articoli di giornale (in genere corretti). Ho scoperto cose per me assolutamente nuove – e anche qualche errore che commettevo – sulla lingua italiana; ad esempio che “provincie” con la i deriva direttamente dalla versione latina, e la regola che ci hanno insegnato a scuola è solo un’utile semplificazione.
Il tutto è scritto con un lessico assolutamente irreprensibile e tecnico, eppure comprensibile e anche divertente, forse anche perché Serianni più che normare e bacchettare vuole appunto bene alla nostra lingua; bene addirittura al punto di restare ottimista sul suo uso. Leggetelo, non vi pentirete.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-25 19:45

Balla – la modernità futurista (mostra)

Cosa può fare un’acculturata coppia milanese in una domenica fondamentalmente solatia ma ancora freddina di metà aprile? Va per mostre, claro!
La scelta odierna è caduta su Balla, a Palazzo Reale fino al 2 giugno. Vittorio Sgarbi, che in qualità di assessore alla cultura milanese è lo sponsor della mostra, ha intonato dei peana dicendo che è eccezionale, e finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di fare una cosa così grande e importante per un autore famoso ma negletto. Commento mio: bah.
Nulla da eccepire sulla quantità e qualità del materiale esposto, intendiamoci. Duecento opere, tutte sue, compresi molti bozzetti che a mio parere sono davvero utili per comprendere la genesi dei suoi quadri futuristi. Non metto neppur becco sulla scelta di rappresentare solo il periodo 1900-1929: anzi, apprezzo l’avere comunque voluto iniziare con il periodo pre-futurista che a me era totalmente ignoto e mi ha fatto scoprire opere come Villa Borghese – Parco dei Daini e soprattutto La giornata dell’operaio. Peccato però che all’interno della mostra non ci fosse una didascalia una, e che la bigliettaia non ci ha ricordato di prendere il fogliettino lì all’ingresso che effettivamente conteneva una serie di informazioni sulle opere che avremmo trovato. (Altra possibilità è stamparsi le informazioni dal sito, cercando di non accorgersi che hanno scritto in grassetto Riscostruzione anziché Ricostruzione).
Anche la disposizione della mostra non è delle migliori: non c’è un percorso ciclico il che significa che devi tornare indietro; sono state aggiunte delle pareti provvisorie non solo per creare più sale, il che è anche comprensibile, ma anche come contropareti – cos’è, non hanno ancora finito di rimettere a posto quell’ala del palazzo? Inoltre lo spazio è piuttosto angusto. C’è un video, un riassunto del film francese del 1972 “Balla e il futurismo”, che a posteriori ci ha salvato la visita perché ci ha permesso di porre in un contesto storico le opere che abbiamo visto; peccato che sia all’interno di una delle sale espositive, e senza una sedia “per problemi di spazio”, come dice un cartello appiccicato all’inizio della mostra.
Insomma, il tutto sembrava tanto un hard discount della cultura, con la piccola differenza che il biglietto è di 9 euro e di sconti non se ne parla, a meno che non siate soci Touring (chissà poi perché).

Ultimo aggiornamento: 2008-04-20 18:00

Virgole per caso (libro)

[copertina] La punteggiatura è sempre una brutta bestia; spesso leggendo certi sedicenti “testi” ci si chiede quali sostanze psicotrope siano state assunte dai loro estensori. Magra consolazione può essere sapere che questo triste stato dell’arte non è solo italiano, come mostra questo libro (Lynne Truss, Virgole per caso [Eats, Shoots and Leaves], Piemme 2005 [2003], pag. 219, € 14.50, ISBN 9788838461965, trad. Annalisa Carena). L’autrice, con humour tipicamente britannico, racconta la storia, l’uso e l’abuso dei vari segni di interpunzione, dalla virgola al punto all’apostrofo alle virgolette e ai trattini. Purtroppo per un lettore italiano l’utilità del libro è ridotta, a meno che non debba imparare a scrivere in inglese: anche se parecchi temi valgono in genere, molti dei consigli sono specifici per quella lingua, e la scelta di mettere tutte le traduzioni degli esempi inglesi come note a piè di pagina, senza quasi mai cercare degli equivalenti italiani – l’unico caso in cui li ho visti è stato il capitolo sui trattini – a mio parere si rivela perdente. Già l’anodino titolo italiano poteva essere sostituito con “Per un punto Martin perse la cappa”: in fin dei conti, l’originale “Eats, shoots and leaves” fa parte di una battuta su un panda per cui l’aggiunta di una virgola ha trasformato la frase “mangia germogli e foglie” in “mangia, spara e se ne va”. Per il resto nulla da eccepire, se non che mi sa che in fondo un “ingenuity” è diventato “ingenuità”.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-18 14:59

prima dei risultati elettorali

Ci tengo a ricordare agli ascoltatori compulsivi delle proiezioni e degli exit poll che:
– i primi dati che arrivano sono dalle “regioni rosse” e quindi fortemente sbilanciati a sinistra e al centro (dove per “centro” si intende il piddì)
– ho ottime ragioni per credere che gli exit poll quest’anno saranno ritarati per evitare la figuraccia di due anni fa, e quindi saranno sbilanciati a destra per un punto o due percentuali
– io alle tre inizio una conference call, quindi me ne starò un po’ tranquillo; poi verso le 17.30-18 sarò qua per un’oretta o poco più a cazzeggiare via webradio.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-14 13:22

La barca dei comici (teatro)

[una scena] Il nostro gruppo amanti del teatro è andato al Piccolo a vedersi La barca dei comici, spettacolo di Stefano de Luca liberamente ispirato al racconto che Carlo Goldoni scrisse nelle sue Mémoires di quando ragazzino se ne tornò da Rimini a Chioggia su una barca con una compagnia di comici.
Lo spettacolo è molto breve, meno di un’ora e mezzo, ma costruito molto bene, sia per la scenografia che per l’idea di aggiungere ogni tanto delle scene in stile ombre cinesi; anche l’idea di vedere come il teatro sia una magia è resa davvero bene. Per quanto riguarda i quattro giovani attori, il giudizio è più variegato. Zorzetto (Giorgio Minneci) ha forse il ruolo più facile ma lo rende sicuramente al meglio: è un vero Arlecchino, non ci sono dubbi al riguardo. Florindo (Angelo Campolo) mantiene bene la scena ma, soprattutto all’inizio, tende a chiudere troppo le frasi, saltando l’ultima sillaba: per un attore, un peccato mortale :-) Clarice (Marta Comerio) ha invece un problema di identità. Tutti i comici hanno una leggera cadenza dialettale; Zorzetto ovviamente veneto, Florindo napoletano. Lei ne ha troppe: ogni tanto parlava con accento veneto, altre volte spagnolo, altre ancora quasi piemontese. Resta infine Goldoni (Tommaso Banfi). È bravo a passare senza soluzione di continuità dal sé stesso bambino a quello adulto, e ha un’espressività del viso davvero bella, soprattutto quando deve appunto fare il ragazzo che vede per la prima volta il mondo al di fuori delle lezioni di filosofia: gli manca però un non so che.
In definitiva, è comunque uno spettacolo piacevole!

Ultimo aggiornamento: 2008-04-14 11:15

_Lo specchio di Dio_ (libro)

[copertina] Se durante degli scavi archeologici in Israele si trova uno scheletro che ha presso di sé il manuale di una videocamera, si può magari pensare a uno scherzo di cattivo gusto. Ma quando si scopre che lo scheletro presenta delle otturazioni dentarie, la carta è vecchia di duemila anni, e soprattutto è di un modello che uscirà solo fra tre anni, le cose cambiano e di molto. Ecco l’ambientazione di questo libro (Andreas Eschbach, Lo specchio di Dio [Jesus Video], Fanucci – immaginario 2004 [1998], pag. 512, € 9.50, ISBN 9788834709955, trad. Robin Benatti): come si può immaginare, tutti pensano subito che il proprietario della telecamera sia stato un viaggiatore nel tempo che sia andato a filmare Gesù Cristo per confermare o negare la sua esistenza: soprattutto il magnate delle telecomunicazioni che ha finanziato gli scavi e pensa a quanto ci potrebbe guadagnare. A questo punto entra in gioco il Vaticano, e un inquisitore proveniente dall’Onorata Famiglia…
Il maggior problema del libro è superare le prime 150 pagine che sono inutilmente pesanti, come se Eschbach volesse farci vedere quanto ha studiato per creare uno scenario – israeliano e religioso – verosimile. Se si supera questo scoglio, la storia poi scorre bene fino alla fine, più o meno intuibile (io non c’ero arrivato, ma al solito non faccio testo). Peccato anche per varie sviste di traduzione, tipo la datazione presunta della chiesa del Seminatore, un probabile “doch” che è diventato “Certo, ovviamente” a pagina 181, e un Josephus Flavius che non è stato chiamato Flavio Giuseppe. Il titolo però è molto bello, e meglio sicuramente dell’originale tedesco.

Ultimo aggiornamento: 2015-07-10 14:22