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Francis Bacon (mostra)

Speravo di avercela fatta, a perderla. Invece hanno prolungato la mostra a Palazzo Reale a Milano fino al 24 agosto, e così oggi Anna e io siamo andati a vederla, facendo lo slalom tra le seggiole che riempivano piazza del Duomo in attesa dello show di Roberto Bolle ma con il vantaggio che all’interno non c’era poi molta gente.
Premetto: a me Bacon non piace. Se mi capitasse tra le mani un suo quadro, ne sarei felice solo perché potrei venderlo e farmi tanti bei soldini, ma non mi sognerei mai di appendere al muro una riproduzione di una sua opera. Ma qua sto parlando della mostra, e devo dire che è fatta bene. Le informazioni biografiche all’inizio sono complete – insomma non mi è servito a molto compulsare wikipedia in inglese per arrivare preparato; le opere esposte sono parecchie, e non sono affastellate in maniera soffocante (ci soffoca già lui di suo!) Ho solo dei dubbi sulle teche all’inizio dove sono mostrati alcuni “reperti del suo studio”, che mi davano l’idea di qualcuno che avesse rovistato i bidoni dell’immondizia sotto casa. Molto meglio fermarsi nella sala a fianco dove proiettavano sulle pareti diapositive varie dell’interno dello studio.
L’altra cosa molto interessante, anche se per quanto mi riguarda piuttosto lunga – un quarto d’ora è il massimo che io riesca a sopportare – è l’intervista fattagli nel 1985. A mio parere, Bacon ha preso per i fondelli l’intervistatore dall’inizio alla fine; occhei, forse il tasso alcolico del nostro durante le scene al ristorante era piuttosto alto, ma anche la parte girata nel suo studio era di quel tenore. Ma forse proprio per quello le frasi da lui pronunciate, dai paradossi “io sono profondamente ottimista sul nulla” alle dichiarazioni sull’arte “non ha senso fare ritratti somiglianti, tanto vale usare una macchina fotografica o una cinepresa” hanno un certo qual senso.
Commento finale: se volete sapere cos’è l’arte del Novecento, è una mostra da vedere. Se vi piace vedere dei quadri, probabilmente no.

Ultimo aggiornamento: 2008-07-13 18:32

Matematica dilettevole e curiosa (libro)

[copertina] (no, non l’ho letto adesso, ma mi era stata chiesto un giudizio, e allora tanto valeva fare una recensione…)
La ristampa anastatica della quinta edizione di questo libro (Italo Ghersi, Matematica dilettevole e curiosa, Hoepli 19785, pag. 776, € 17, ISBN 978-88-203-0469-0), quella insomma che si può comprare ancora oggi in libreria, ha nella mia copia la data del 1978, ma le prime edizioni sono datate 1913, 1921, 1929 e 1951! Già da questo potete capire come non si parli assolutamente di “giochi matematici” nel senso che si dà oggi al termine, ma si è più vicini ai libri dell’800 (Sam Lloyd e Henry Dudeney sono i primi nomi che mi vengono in mente). L’italianità dell’autore lo porta poi a trattare molto ampiamente la geometria: ricordo che la scuola geometrica italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento era di fama internazionale. Troviamo così una serie di costruzioni geometriche e di definizioni di curve che oggigiorno sono sconosciute ai più, e questa parte del libro è molto interessante; d’altra parte, le decine e decine di pagine dedicate ai quadrati magici sono piuttosto stucchevoli, e si possono saltare a piè pari.
In definitiva, l’interesse del libro è più che altro storico, e al limite come manuale di riferimento (magari con una lente d’ingrandimento vicino: i caratteri tipografici sono davvero piccoli!) per qualche curiosità matematica. Certo che se uno è appassionato di giochi matematici, però, questo libro è imprescindibile!

Ultimo aggiornamento: 2008-07-12 17:25

Il barone rampante (libro)

[copertina] Credo di avere letto per la prima volta Il barone rampante trentacinque anni fa, nell’edizione “ridotta per le scuole” che oltre a togliere il nome del torrente Merdanzo deve avere molto glissato sulle avventure amorose del Barone Cosimo Rondò di Piovasco – o forse ero io troppo ingenuo per ricordarmele? Ripresolo adesso dopo che mi è stato regalato (Italo Calvino, Il barone rampante, Oscar Mondadori 1993, pag. XLVII-272, € 8, ISBN 9788804370857) non posso che confermare che è un capolavoro. A me personalmente non piace molto lo stile di scrittura soprattutto nei primi capitoli, che non so quanto sia un settecentismo voluto e quanto rispecchi l’italiano scritto di cinquant’anni fa; ma la storia ha una freschezza che regge assolutamente anche oggi, prendendo da un lato in giro il romanzo storico ma soprattutto facendo vedere come le cose, viste da un altro punto di vista, risultano spesso diverse. Non necessariamente migliori o peggiori; ma solo in questo modo possiamo scegliere.
(e poi le scenette all’interno del libro sono davvero gustose!)

Ultimo aggiornamento: 2008-07-11 12:19

_L’assassino ha letto Joyce?_ (libro)

[copertina] Cosa c’è dietro l’omicidio, avvenuto alla fine del Bloomsday, di Kevin Coyle, letterato esperto nell’opera di Joyce? È quello che il capo della squadra omicidi, Peter McGarr, deve scoprire in questo libro (Bartholomew Gill, L’assassino ha letto Joyce? [The Death of a Joyce Scholar], Sylvestre Bonnard – Il piacere di leggere 2003 [1989], pag. 269, € 13,50, ISBN 978-88-86842-63-1, trad. Gianna Lonza). E dire che McGarr, pur essendo dublinese dalla testa ai piedi, non ha mai letto l’Ulisse
Come avrete intuito, la vera protagonista di questo giallo è Dublino. La Dublino della fine degli anni ’80, per la precisione (il libro è del 1989), che immagino essere molto diversa da quella odierna diventata improvvisamente ricca; gli omicidi magari non sono cambiati più di tanto, ma di famiglie con dieci figli in dodici anni non ce ne sono più tante. La descrizione dei luoghi, soprattutto nei primi capitoli, è così dettagliata da risultare un po’ stucchevole, e ci sono alcuni brani – per esempio la parte iniziale con la descrizione della famiglia di Coyle – che sembrano essere buttati lì un po’ a caso senza avere alcuna attinenza con il resto della storia. Superate le prime cinquanta pagine, però, la trama migliora indubbiamente, e la lettura si fa molto più scorrevole e piacevole: non sarà insomma un capolavoro, ma non è nemmeno da buttare via, soprattutto per chi ama la letteratura irlandese del ‘900 e si ritrova nelle diversità di stile tra Joyce e Beckett. Al limite ci si può lamentare perché il titolo, davvero bello, farebbe sperare in qualcosa di più!
La traduzione in genere è chiara, tranne che nel penultimo capitolo dove uno un po’ disattento si perde tra i personaggi. Verso metà libro, però, Gianna Lonza si dev’essere messa a sonnecchiare: a pagina 117 abbiamo “sessant’anni e dispari” (“sixty years and odd”?) invece che “sessant’anni e rotti”, e a pagina 120 un “punto alla fine di un periodo” (“period”?) è presumibilmente alla fine di “una frase”. A pagina 192 poi si continua a parlare di cibo “organico”, quando “organic” sta per “biologico” (e le battute sarebbero venute ancora meglio con la traduzione corretta)

Ultimo aggiornamento: 2018-06-26 22:55

_Sotto il segno di Gödel_ (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Il 2006 è stato il centesimo anniversario della nascita di Kurt Gödel, e ci sono naturalmente state svariate celebrazioni di quello che forse è il matematico più famoso del ‘900 per chi matematico non è. In questo libro (Gabriele Lolli, Sotto il segno di Gödel, Il Mulino – Intersezioni 2007, pag. 174, € 14, ISBN 978-88-15-12023-6) Gabriele Lolli raccoglie alcune presentazioni da lui tenute in varie conferenze, e che toccano vari punti del pensiero di Gödel. In effetti, il suo teorema di incompletezza, quello che è stato più o meno orecchiato da tutti, rappresenta solo una parte nemmeno troppo grande della sua produzione; dire come fa Lolli che Gödel sia stato il più grande logico dopo Aristotele, se non addirittura pari a lui, forse è un po’ esagerato, ma nemmeno troppo. Dopo il capitolo introduttivo si possono scoprire i suoi contributi su incompletezza, indecidibilità, teoria degli insiemi e filosofia, non solo matematica ma anche generica. Lolli racconta anche dei risultati cosmologici ottenuti da Gödel, con la scoperta di soluzioni delle equazioni della relatività generale che ammettono anelli temporali; c’è anche un capitoletto su “Gödel umorista”, ma bisogna ammettere che non è il massimo: nemmeno un matematico si mette a ridere.
Il libro pecca di una certa ridondanza, dovuta all’avere raccolto interventi indipendenti; la parte prettamente logica, inoltre, è piuttosto pesante da leggere. Nel complesso, però, questa specie di biografia sui generis è utile per avere un’idea più chiara del ruolo svolto da Gödel nello sviluppo della scienza del ventesimo secolo.

Ultimo aggiornamento: 2008-07-01 17:01

_Il club dei mestieri stravaganti_ (libro)

[copertina] Chesterton, almeno in Italia, è noto perché Renato Rascel interpretò i racconti di padre Brown, pretino cattolico (Chesterton si convertì dall’anglicanesimo e scrisse anche libri apologetici) che fa l’investigatore piuttosto a modo suo. Ma padre Brown non è l’unico investigatore creato dalla penna di Chesterton. In questo breve libro (Gilbert K. Chesterton, Il club dei mestieri stravaganti [The Club of Queer Trades], Guanda 1987, pag. 128, € 11.88, ISBN 978-88-7746-266-4, trad. Paola Mazzarelli) sono raccolti sei racconti investigativi. con protagonista Basil Grant, un ex giudice cacciato per pazzia conclamata. Basil è un omone, generalmente vestito di bianco; l’investigatore dilettante sarebbe suo fratello Rupert, ma in realtà è Basil che risolve i “casi”. Il punto è che tutti questi racconti sono delle prese in giro di Conan Doyle e del suo Sherlock Holmes. Cito da pagina 17: «Forse sono stupido… anzi, si sa che sono pazzo… ma io non ho mai potuto credere a quell’uomo… come si chiama? di quelle storie straordinarie… Sherlock Holmes. Ogni particolare indica qualche cosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata.» Chesterton costruisce dei casi assolutamente assurdi, che fanno pensare a incredibili delitti e omicidi, per poi smontarli e farci vedere che non è successo nulla di illegale, ma abbiamo semplicemente incontrato qualche socio del club dei mestieri stravaganti, come l’attaccabottoni che una persona affitta per mandare incontro a uno scocciatore che non si vuole ricevere, l’agente immobiliare di case sugli alberi, o la persona che si presta a fare lo stupido avendo dato al suo cliente le battute da pronunciare perché sembri una persona brillante.
La prosa è piacevolissima e ben tradotta con quello stile ottocentesto (anche se “tennis sul prato” per “lawn tennis” me lo sarei risparmiato), e come bonus ci sono delle immagini della Londra postvittoriana che non si leggono certo nei suoi contemporanei. Una (purtroppo troppo breve) lettura consigliatissima!

Ultimo aggiornamento: 2014-06-16 21:23

Cronaca Qui (quotidiano)

Del giornale Cronaca Qui, che per soli venti centesimi ti permetterebbe di avere un “vero quotidiano”, avevo solo visto le locandine all’esterno delle edicole, e posso garantire che non mi era venuto affatto voglia di investire una cifra così grande nell’acquisto di una copia. Però ieri mattina ero al San Raffaele a fare degli esami, c’era un espositore con un po’ di copie (seconda edizione: “dedicata a Milano, Monza e Lodi”!), e ho pensato che fosse un segno divino inviatomi perché ne recensissi una copia.
A proposito di segno divino, l’articolo di fondo è del diacono di rito greco-melchita Alessandro Meluzzi, quello che magari vi ricordavate essere uno psichiatra. In effetti, le pagine 2 e 3 raccontano dello scoop del giornale, con le sue croniste che si sono finte ragazzine per vedere tutti i pedofili che rispondono, compreso l’incontro con l’ingegnere cinquantenne siciliano salito apposta a Milano (video disponibile sul sito, scrivono); e pagina 5 ha l’articolone con titolo «Stuprate “dall’uomo perfetto”». (pagina 4 contiene una pubblicità, quindi non conta). Se non l’aveste ancora capito, Cronaca Qui è un quotidiano che vuole dare emozioni forti: niente tetteeculi, quanto una sensazione diffusa di violenza cittadina, soprattutto ad opera di extracomunitari. In effetti il numero di ieri non era il massimo da questo punto di vista, dato che i pedofili erano tutti assolutamente italiani e il massimo che sono riusciti a trovare è un articolo a pagina 10 dal titolo «Via Idro, liberata dagli zingari la cascina del Settecento». In realtà, l'”uomo perfetto” di pagina 4 è un marocchino, ma visto che le due ragazze sono una marocchina e l’altra slava la “minaccia straniera” non sarebbe stata sufficientemente forte.
L’altro punto di forza del quotidiano sta nelle notizie locali, ma locali davvero. Due titoli: «Pioltello: in arrivo un nuovo ufficio postale» e «Vimodrone: da luglio c’è un nuovo pediatra». Non saprei dire se la penultima pagina, il “Corriere della pera” (www.cdpera.it) sia giornaliera oppure no; vi anticipo subito che la “satira” fa quasi apprezzare il Forattini degli ultimi quindici anni.
Continuerò a non spendere i venti centesimi giornalieri, e mi sa anche che rimarrò con un dubbio. Il giornale afferma di essere all’anno LIX di pubblicazione. Dove lo si trovava nei suoi primi cinquant’anni di vita? Aveva un altro nome? Hanno riesumato le pubblicazioni di un quotidiano del secondo dopoguerra? Il dottorvespa™ potrebbe preparare un plastico?

Ultimo aggiornamento: 2008-06-27 14:20

I ferri del mestiere (libro)

[copertina] La “Premiata ditta F&L” è nota per i suoi gialli di ambientazione torinese come La donna della domenica; ma i piemontesi li conoscono anche per la loro rubrica sulla Stampa e gli appassionati di fantascienza hanno dei sentimenti misti verso coloro che hanno sì contribuito a diffondere il verbo in Italia, ma in maniera un po’ peculiare, tanto che erano denominati “le forbici d’oro della sf italiana”. Anche se hanno sempre affermato di non voler essere altro che pennivendoli, in realtà la loro cura nella scrittura era davvero maniacale. In questa raccolta di articoli e racconti curata da Domenico Scarpa (Carlo Fruttero e Franco Lucentini, I ferri del mestiere, Einaudi Tascabili 2007, pag. X-267, €11, ISBN 9788806188368), dal sottotitolo Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti, si possono trovare così “teoria e pratica” di come scrivere in vari generi letterari, scelti nei quarant’anni di carriera del duo. Come ogni raccolta, questa ha il difetto che contiene molta roba che probabilmente è già stata letta altrove, se come me siete dei fan della coppia; se però i nomi sono per voi sconosciuti allora il libro merita, perché nello zibaldone potete trovare sicuramente degli ottimi esempi di prosa leggera ma sempre attenta.
Menzione speciale per le lezioni del Prof. Marziano (Lucentini) che quarantacinque anni fa spiegava come si traduce un testo dall’inglese. Credo che dovrebbero essere riprese da chiunque abbia velleità di questo tipo, e voglia diventare un Cavaliere errante della letteratura

Ultimo aggiornamento: 2008-06-23 10:52