Pensavate di sapere tutto sui numeri complessi, che in fin dei conti sono apparsi più volte nei numeri precedenti della collana? Ovviamente non è così. Marco Erba e Claudio Sutrini cominciano naturalmente questo volume con la storia della definizione dei numeri complessi; ma la parte più interessante è quella che segue, partendo da come essi si sono prepotentemente fatti largo nella fisica ottocentesca, costringendo anche i fisici ad accettarne la “realtà”, ma soprattutto arrivando alla fisica quantistica, che richiede necessariamente il loro uso (mentre nella fisica classica se ne potrebbe fare a meno, al prezzo di una complicazione delle formule), tanto che molti fisici si sono trovati nella stessa condizione dei matematici del Cinquecento che si trovavano tra i piedi i numeri immaginari ed erano costretti a tenerseli stretti anche se non avevano senso…
Il Maestro della matematica raccontato da Sara Zucchini è il premio Nobel (per la letteratura…) Bertrand Russell, uno di quelli in grado di fare più o meno di tutto, compresi i sit-in a quasi novant’anni; logico sopraffino, anche se Gödel ha cancellato con un semplice paper le sue speranze. I miei giochi matematici invece restano sempre sull’algebra, come per il numero precedente.
Marco Erba e Claudio Sutrini, I numeri complessi, allegato a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera, €6.99 più il prezzo del giornale.
Ultimo aggiornamento: 2025-09-13 22:07
D’accordo. Purini è un architetto, non un matematico. Potevo aspettarmi insomma che questo libro non fosse un trattato sulla parte matematica della sezione aurea ma sul suo uso (e non uso) in architettura, e la cosa mi sarebbe andata più che bene. Però di sezione aurea non se ne parla praticamente per nulla: Purini preferisce far vedere quante cose sa (tante), scrivere in maniera aulica (ma questo è un problema mio, che non ho fatto le alte scuole), lamentarsi dello stato dell’arte dell’architettura, accennare che «Nel Novecento l’unica discussione di livello mondiale riguardante il senso della sezione aurea all’interno del problema delle proporzioni fu proprio quella organizzata a Milano nel 1951.» (ma poi non parlarne…). Per dire: io so che cos’è il Modulor, ma dai 3 (tre) accenni nel testo il lettore ignaro non ha nessuna idea che esso si basi sulla proporzione aurea, ma al più che c’è una proporzionalità.

In realtà la colpa del voto basso che ho dato al libro non è certo del povero Mario Livio, che ha fatto il possibile e ha anche infarcito il libro di divagazioni. Il guaio è che il rapporto aureo è importante matematicamente, ma ha avuto lo svantaggio di essere stato preso dai new age come numero onnipresente in natura e nell’arte, cosa che non è per nulla vera a meno che non si faccia come nella battuta che afferma che due più due fa tre per un valore sufficientemente grande di tre. Il libro è insomma più un’opera di debunking che di matematica vera e propria, il che però dovrebbe renderla più digeribile a chi matematico non è. Peccato che – almeno a un rapido controllo – la traduzione italiana BUR sia fuori commercio.
Il precedente libro di Donata Columbro, 