Massimo Lauria mi segnala questo articolo apparso sul Giornale la settimana scorsa, e che recensisce il libro Morti di scienza (che non penso di comprare né di leggere). Occhei, la colpa del titolo (“Cervelloni che scoppiano: la matematica fa male”) non è di chi ha scritto l’articolo, e quindi non gliela imputiamo. Ma andando a leggere il testo, troviamo frasi che non credo proprio siano state modificate da un cattivo correttore automatico. Prendiamo ad esempio «è un dato inconfutabile, però, che il suicidio rappresenti spesso una tragica tentazione per cervelli abituati a dosi esiziali di calcoli di algebra, fisica o meccanica». È un po’ come io scrivessi “è un dato inconfutabile che spesso i giornalisti non sanno assolutamente di cosa stanno scrivendo”. Certo, ci sono stati e ci sono matematici con tendenze depressivo-suicide: esattamente come ci sono medici, muratori e miniaturisti con tendenze depressivo-suicide. Scrivere poi, parlando del suicidio della fidanzata dela matematico giapponese pure suicida Yutaka Taniyama, «È nociva, come il fumo, anche la matematica passiva?», significa prendersi gioco non dei matematici ma di chi è malato. Posso immaginare che Giuseppe Iannacone non abbia mai avuto un gran bel rapporto con la matematica e abbia trovato un modo per vendicarsi più o meno consciamente; ma forse non era il caso.
Ultimo aggiornamento: 2009-07-16 07:00