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Ottobre fausto

In una di quelle catene di sant’Antonio che una volta ammorbavano le caselle di posta elettronica dei malcapitati come me che non le sopportano e adesso sono generalmente nascoste dentro Facebook, prima di intimare al lettore di non fermare la catena si trova scritto

Questo Ottobre ha 5 venerdì, 5 sabato e 5 domenica tutto in un mese. Succede solo 1 volta ogni 823 anni.
Questi mesi sono considerati come “sacchi di soldi”. Passa questo messaggio a 8 brave persone e il denaro apparirà.
È basato sul Fengshui cinese. Chi lo ferma non godrà dei benefici.
Auguro a tutti che funzioni…

Lo so da solo anche se non me lo dite voi: nessuno legge quanto scritto in questi messaggi. C’è solo un riflesso pavloviano – quando va bene – o un worm informatico – se va male – che li inoltra a tutti i propri corrispondenti. Ma io sono bacato dentro e mi è saltata immediatamente all’occhio la frase “una volta ogni 823 anni”, anzi “1 volta ogni 823 anni”. Parliamone. Per avere cinque venerdì, cinque sabati e cinque domeniche in un mese di trentun giorni occorre e basta che il primo del mese capiti di venerdì. Sappiamo che ogni anno i giorni della settimana relativi a una data si spostano di una o due posizioni; come diavolo fa una data a mancare per 823 anni, quando in media capita una volta ogni sette anni?
Ad essere pignoli, e io lo sono, la probabilità di un venerdì primo ottobre non è esattamente 1/7, per colpa delle modifiche gregoriane al calendario giuliano, ma è abbastanza vicina da poterla approssimare. E comunque per la cronaca l’ultimo anno prediletto dal Feng Shui è stato il 2004, anche se bisognerà aspettare 11 anni per averne un altro… ma 11 anni sono parecchi meno di 823, no?

Ultimo aggiornamento: 2010-10-22 07:00

ah, le classifiche

Ieri sono apparsi i dati di “Ecosistema urbano”, ricerca annuale di Legambiente con il centro studi Ambiente Italia e il Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane. Nulla di particolare né di eclatante: le città del sud riempiono quasi tutti i posti in fondo alla classifica, in cima ci sono cittadine medio-piccole, le metropoli arrancano. Se si vuole proprio notare qualcosa in più, quest’anno sembra che le grandi città siano scese parecchio in classifica (la trovate qua. Bene, come hanno parlato di questo i quotidiani italiani? Sul Messaggero non ne ho trovato traccia, anche se ammetto di non aver cercato a fondo. Il Giornale e il Corriere hanno un titolo direi corretto: rispettivamente «Ambiente, male tutte le metropoli» e «Allarme ambientale nelle grandi città
Peggiorano tutti i grandi centri urbani (eccetto Torino)». Per la cronaca, Roma è scesa dal 62. al 75. posto, Milano dal 46. al 63., Napoli dal 89. al 96., Torino è risalita – si fa per dire – dal 77. al 74. posto. Bene, la Busiarda, essendo ormai un quotidiano tendenzialmente locale, titola «Il rapporto di Legambiente: male Milano, Roma e Napoli. Tra le grandi città si salva solo Torino» che insomma è un po’ fuorviante, visto che il “salvarsi” significa essere in posizione pessima seppur con un leggero miglioramento.
Ma stavolta la palma dell’innumeratezza va a Repubblica. Ecco il loro articolo (immortalato anche qui): «Rispetto allo scorso anno la capitale scivola in fondo alla classifica e viene sorpassata da Milano, che a sua volta perde diciassette posizioni.» A casa mia, per sorpassare qualcuno prima dovevi essere dietro di lui e dopo davanti. Accetto il concetto di “sorpasso alla gambero”, in cui entrambi i contendenti perdono ma quello che era dietro perde di meno; ma in questo caso Milano era già davanti a Roma, e ha perso più posizioni in classifica. Lo so, sono minuzie tali che non dovrebbero nemmeno essere commentate; ma anche dalle cose piccole si vede la faciloneria. (Che poi Repubblica formalmente è un quotidiano romano. Cos’è, rema contro?)

Ultimo aggiornamento: 2010-10-19 10:02

Quanto latte! (di bufala, in effetti…)

Sara mi ha spedito stamattina questo snapshot dalla homepage del Corsera. Come potete leggere, abbiamo un traffico (legalissimo, intendiamoci…) di latte di bufala congelato che viene spedito dal Brasile alla Campania per fare le mozzarelle. Solo che 170 milioni di tonnellate al mese sono un po’ troppe, se uno ci pensa su. Supponendo che da 10 litri di latte si ottenga un chilo di mozzarella, ogni italiano dovrebbe mangiarne dieci chili al giorno, tutti i giorni; e non credo vengano tutte esportate. Il testo dell’articolo, per la cronaca, parlava correttamente di 170 tonnellate al mese: è stato proprio il titolista web a esagerare un poco.
Il bello è che qualcuno se n’è accorto; peccato che abbia eliminato il “tonnellate milioni” ma non il “di”, e così il risultato finale non griderà vendetta al cospetto del dio della matematica, ma si sposterà a quello della grammatica…

Ultimo aggiornamento: 2010-07-29 12:21

chilometro e mezzo quadrato

[chilometro quadrato e mezzo]
S. mi ha fatto notare due erroracci numerici in un articolo dei miei amici del Post, quello sui cinque peggiori disastri ambientali in corso. Il primo (indicare 20 tonnellate l’anno invece che venti milioni) lo faccio passare come svista, anche se non si dovrebbe; ma il secondo è molto più grave. Sì, il disastro relativo è sicuramente più grave, ma pensiamo anche ai disastri matematici.
L’isola di plastica che si è formata nell’Oceano Pacifico sarebbe infatti composta da «46 mila pezzi di plastica per chilometro e mezzo quadrato». Visto che roba? Un miglio quadrato viene fatto pari non a un quadrato di un chilometro e mezzo per lato, ma a un “chilometro e mezzo quadrato”. Confondere le misure lineari con quelle di superficie è un erroraccio da matita blu.
Ciò detto, aggiungerei che non ha un gran senso parlare di “chilometro e mezzo quadrato” (o “due chilometri e mezzo quadrati” per amor di pignoleria). O si lascia l’unità di misura originale “miglio quadrato”, correndo effettivamente il rischio che molti dei lettori non se ne facciano un’idea, oppure si scala all’unità di misura nostrana e si scrive “11500 18500 pezzi di plastica per chilometro quadrato”. Lo so, col numero più piccolo la situazione sembra meno grave, ma non è che ci si possa fare molto :-)

Ultimo aggiornamento: 2010-07-19 17:45

fanno sbagliare i conti già ai piccoli

[ore accorciate] S. mi segnala un articolo a pagina 2 del numero odierno di Popotus (la parte di Avevnire dedicata ai ragazzi).
Come vedete, tra le 14 e le 24 ci sono ben dodici ore. Come, voi direte, ma 24-14 non fa 10? Beh, sì: ma forse, essendo appunto Popotus dedicato agli studenti, si considera l’ora di cinquanta minuti…

Ultimo aggiornamento: 2010-07-15 16:07

Circa il 3,23%

La differenza tra numeri esatti e numeri approssimati continua ad essere la grande assente. Repubblica ci fa sapere come i siti porno sono pericolosi: non perché a farci le seghe diventiamo ciechi, ma perché ci sono trappole informatiche varie che possono infettare i nostri PC Più precisamente (molto più precisamente), dopp avere osservato 269.000 siti il risultato è questo:

«Secondo gli studiosi, circa il 3,23% di questi siti pullula di trappole informatiche come adware, spyware e virus e quasi tutti adottano tecniche criminali per tenere i visitatori “agganciati” alla pagina.»

Già io ho dei dubbi a mettere come percentuale un numero così preciso come 3,23%, e avrei scritto 3,2% o meglio ancora “un sito su trenta”. Ma perché circa? c’è forse un paio di dozzine di siti su cui i ricercatori non sono proprio sicuri e allora si sono voluti parare le spalle? (lo 0,01% di 269.000 è 26,9)
Devo solo dire che questa volta non è colpa dell’articolista di Repubblica, che si è limitata a tradurre parola per parola quanto scritto nientemento che dalla BBC:

«About 3.23% of these sites were booby-trapped with adware, spyware and viruses. Many others used “shady” practices to keep visitors onsite.»

Insomma, l’iperapprossimazione si sta espandendo a macchia d’olio!

Ultimo aggiornamento: 2010-06-19 07:00

quanta acqua in meno!

Leggendo il titolo di questo articolo del Corriere (“Negli oceani c’è meno acqua di quanto si pensasse finora“) sembrerebbe di trovarsi di fronte a chissà quali catastrofi. E anche leggendo l’articolo, con la mancanza pari a “500 volte quella dei Grandi laghi dell’America settentrionale”, si direbbe che stiamo arrivando a un disastro.
Ma leggendo meglio si capisce che le nuove stime danno un valore di acqua negli oceani pari allo 0,3% in meno di quanto si credesse fino ad ora. Guardiamo le cose oggettivamente: fino alla scorsa settimana pensavamo che negli oceani ci fosse una parte su tremila in più, l’equivalente di una pipetta rispetto a un litro d’acqua. Vi sembra così preoccupante?
La cosa a mio parere più incredibile è che i risultati della ricerca – che cioè i fondali oceanici sono molto più accidentati di quanto si credesse fino ad ora – sono interessanti per conto loro, e la nuova stima della quantità d’acqua negli oceani poteva giusto rimanere come curiosità finale. Invece no: i numeri fanno sempre paura, e quindi li si sbatte im prima pagina.
Aggiornamento: (14:50) Come Anónimo mi fa notare nei commenti, io sono un povero matematico che ha scritto “una parte su tremila” invece che “una parte su trecento“. Per i curiosoni, la colpa potrebbe essere stata il pensare ai tre millilitri per litro: perlomeno l’esempio della pipetta dovrebbe essere corretto (ok, è una pipetta molto grossa visto che quelle da medicine vanno da 0,5 a 1 ml, ma accontentatevi)

Ultimo aggiornamento: 2010-05-24 12:07