Archivi categoria: povera_matematica

Secoli di calcoli e ragionamenti molto complessi

Su Radio Popolare continua a girare una pubblicità di Fineco (su YouTube c’è una versione televisiva) in cui lo speaker dice «Oggi mio figlio mi ha chiesto come è fatta la Terra, e io gli ho risposto: è rotonda. Per scoprirlo ci sono voluti secoli di calcoli e ragionamenti molto complessi…» e poi giù a spiegare che da loro si danno risposte semplici a domande complesse, bla bla. Il comunicato stampa racconta di come sono stati bravi a inventarsi questo storytelling.

Perdonatemi. “Com’è fatta la Terra” non è una domanda complessa. Al limite quello che potrebbe essere complesso è il modo per trovare la risposta: peccato che gli antichi greci la risposta l’avessero trovata senza fare ragionamenti complessi, e non è che ci vogliano calcoli così complessi per dimostrarlo. (I calcoli servono per ottenere la lunghezza di un arco di meridiano, e per misurare la longitudine ci vogliono strumenti molto precisi, ma stiamo andando fuori tema). Se tanto mi dà tanto, non è che mi fiderei molto dei loro consulenti finanziari :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-11-20 21:33

Francesco Merlo e la matematica

Grazie a Dioniso (e indirettamente Peppe) ho letto la tirata di Francesco Merlo contro la matematica, che evidentemente gli deve essere stata tanto indigesta a scuola. Mi soffermo sull’ultima sua frase:

[…] forse perché ce n’è troppa: il numero di telefono, i numeri, il bancomat, il… persino questa si chiama Radio 3, pensi, ciò devo pensare a un numero per identificarla. E il… quando premi un tasto per cercare un disco in macchina è sempre con un numero. E va bè. Comunque…

Secondo me se troviamo un modo per modificare l’autoradio di Francesco Merlo in modo che i brani dei CD siano indicati da lettere e non da numeri potremmo riuscire a fargli fare una tirata contro la letteratura.
(O forse no. Magari si lamenterà dell’algebra che ha reso ancora più complicata la matematica)

Ultimo aggiornamento: 2015-09-29 12:54

Questione di misure

Sto leggendo Il GGG di Roald Dahl e sono arrivato al punto in cui il signor Tibbs, maggiordomo capo di Sua Maestà, deve preparare la tavola per il GGG. Correttamente il signor Tibbs moltiplica per quattro le dimensioni di sedia e tavolo, ma poi aggiunge: “bisogna moltiplicare tutto per quattro: otto uova in luogo di due, sedici fette di bacon al posto di quattro, dodici toast invece di tre, e così di seguito.”
Notate nulla di strano? Il cibo vale per volume, quindi il GGG non mangia quattro volte un essere umano ma 64. Certo, stiamo parlando di un romanzo e non sono certo che tutte le misure relative raccontate nel corso della storia siano corrette, né la cosa mi ha infastidito : ma in questo caso l’ostinarsi a indicare i rapporti delle dimensioni richiederebbe un controllo più preciso…
(Per amor di cronaca il GGG mangerà ben più di quanto il maggiordomo capo aveva fatto preparare, ma non viene spiegato che il motivo era proprio quello delle proporzioni)

Fahrenheit

Oggi sulla Stampa a pagina 2 si parla della nuova spinta di Obama per una riduzione delle emissioni di monossido di carbonio. Con una sintassi un po’ involuta, si legge «il riscaldamento globale è avviato a superare un aumento medio delle temperature di 3,6 gradi Fahrenheit».

Se io leggo “3,6 gradi Fahrenheit” traduco immediatamente “2 gradi centigradi”; applicando il rasoio di Occam nella sua versione “cifre tonde”, ne deduco che il documento originale usava i centigradi, gli americani che rifuggono gli standard mondiali se non li hanno creati loro hanno meccanicamente convertito in Fahrenheit, e Paolo Mastrollilli ha coscienziosamente copiato il valore senza rendersi conto di quello che faceva.

D’altronde è vero che non si ha certo l’obbligo di conoscere a memoria i rapporti di conversione; ma è ancora più vero che tipicamente non si sa a cosa equivalga un grado Fahrenheit, e dunque sarebbe comunque stato un gesto gentile nei riguardi dei lettori convertire la temperatura in centigradi…

P.S.: a pagina 3 nel colonnino di destra si parla di due gradi centigradi. Evidentemente non hanno preso il documento americano.

Ultimo aggiornamento: 2015-08-03 11:13

i guai del catasto

Ho iniziato a leggere – fino a domani niente testo completo, ma non credo cambierà molto – questo articolo di Repubblica sulla riforma del catasto che sembra essere di nuovo saltata. Le simulazioni darebbero «numeri pazzeschi, con le rendite che lievitano, in alcuni casi esplodono. Mettendo a rischio l’invarianza di gettito, caposaldo della delega stessa», e questo «nonostante lo sconto del 30%, inserito nel decreto per attutire i rialzi.»

Io che sono un’anima candida pensavo che in tutti questi anni i dati catastali fossero finalmente stati digitalizzati e quindi più che una simulazione si potesse fare il conto preciso del gettito: a questo punto, invece che dare uno sconto, bastava definire un moltiplicatore catastale per ottenere un gettito totale pari a quello attuale. Detto tra noi sarebbe il modo più semplice anche per il futuro: non si ha un valore catastale ma un coefficiente catastale, che viene moltiplicato per il moltiplicatore (scusate il gioco di parole) per ottenere il valore per l’anno in corso. Ma anche se non ci fossero tutti i dati si potrebbe comunque fare una stima più o meno corretta: non è certo il cinque percento in più che farebbe apparire questi dati allarmanti.

Il vero problema però è la totale mancanza di trasparenza. Dovrebbe essere chiaro a tutti che in una riforma a gettito costante c’è chi ci guadagna e chi ci perde. Se non è chiaro a qualcuno abbiamo un problema. Certo, la politica non è però la matematica, e su questo immagino siamo tutti d’accordo: ma la politica dovrebbe prendere decisioni informate, e spero che siamo tutti d’accordo anche su questo. Bene: perché non vengono resi pubblici dati aggregati che dicano (a) come cambierebbe il gettito per categoria catastale e (b) come cambierebbe il gettito per regione / (ex) provincia / comuni capoluogo / comuni per fasce di popolazione? Con quei dati alla mano si può discutere: magari si scopre che la riforma ha introdotto sperequazioni, oppure si scopre che le sperequazioni erano maggiori (sempre statisticamente parlando) col catasto attuale. Ma almeno si saprebbe di che si parla…

Ultimo aggiornamento: 2015-06-23 12:24

occhei, mi sono perso

Ho cercato di capire cosa intende dire questo articolo, ma non ci sono mica riuscito. La prima frase, attribuita a tal Roberto Brambilla “ideatore del Centro studi” (quale?) ha un senso, in effetti:

«nel 2013 l’Italia ha sostenuto una spesa pensionistica complessiva di ben 214 miliardi, ma l’anno scorso le entrate contributive effettive ammontavano a 189 miliardi. Logico, quindi, il disavanzo (che lo Stato copre a consuntivo) di circa 25 miliardi l’anno».

Poi però leggo

Bene, su quei 214 miliardi di spesa pensionistica effettiva, i soldi concretamente utilizzati per pagare 18 milioni di pensionati ammontano a 171 miliardi. La differenza, pari a ben 43 miliardi di euro, vanno a finire nelle casse dello Stato, rappresentando una partita di giro e un incasso.

e l’articolo finisce lì. Qualcuno che ha studiato riesce a capire cosa vuol dire quella frase?

Certo, uno magari guarda l’inizio dell’articolo, due righe che si perdono tra titolone e immagine: «Quarantatre miliardi di euro. A tanto ammonta la “tassa” che lo Stato intasca sulle pensioni.», e poi legge «Il dato emerge dal secondo rapporto sul “Bilancio del sistema previdenziale italiano”, redatto dal Comitato tecnico scientifico di Itinerari previdenziali.». Se è un rompipalle come me va a vedere che cos’è “Itinerari previdenziali ®” («una realtà indipendente che opera nel campo della comunicazione, formazione e informazione nell’importante settore economico e sociale del welfare e dei sistemi di protezione sociale pubblici e privati.») e poi scopre qui che i 43 miliardi corrispondono alle tasse pagate dai pensionati. Immaginiamo pure che la parte di tasse che i pensionati pagano su redditi extrapensionistici sia irrilevante: quindi lo Stato ha pagato 171 miliardi e ne ha presi 189, quindi il presunto guadagno è solo di diciotto miliardi. Guadagno presunto, perché se quei soldi non fossero stati versati come contributi sarebbero comunque stati tassati, ma non complichiamo vieppiù le cose.

Insomma, è peggio che al Giornale non sappiano fare i conti oppure che non sappiano scrivere un articolo che sia comprensibile senza dover andare in giro a cercare informazioni?

Ultimo aggiornamento: 2015-04-16 10:59

“al netto dei ritardi”

Sul forum di MilanoTrasporti è stato segnalato questo articolo de L’Inkiesta che racconta di come sia possibile usare il passante ferroviario per attraversare Milano velocemente e soprattutto gratuitamente, visto che i controlli sono inesistenti non solo a bordo ma anche ai tornelli. Sulla mancanza di controlli sono perfettamente d’accordo: venerdì scorso ho preso il passante da Repubblica a Segrate con la mia bici (per la quale ho regolamente pagato un altro biglietto), e la controllora sul treno mi ha semplicemente detto “su questo treno non c’è il posto per bici, la metta dove trova spazio”.

Quello su cui non sono d’accordo – e che mostra che Fabrizio Marino qualche problema con la matematica ce l’ha – è questa frase:

La frequenza di ogni linea è di trenta minuti per direzione, ma utilizzando la rete per spostarsi solo all’interno della città, grazie a tutte le coincidenze di linee presenti, è possibile arrivare ad una frequenza di passaggio di un treno ogni 6 minuti. Al netto dei ritardi ovviamente.

Certo, i ritardi ci sono sempre, magari anche solo di un minuto, più spesso di cinque o sei. Peccato che la cosa non abbia nessuna importanza per chi usa il passante “per spostarsi solo all’interno della città”. Mi spiego. Dal punto di vista del pendolare che prende il treno a Novara, Varese, Lodi o Treviglio per arrivare a Milano, se il treno ha un ritardo di quindici minuti lui si trova a stare un quarto d’ora in più sul treno (o ad aspettarlo in banchina, nel caso salga in una stazione intermedia: visto che i treni hanno una frequenza di una corsa ogni mezz’ora uno arriva in stazione all’ora giusta). Dal punto di vista di uno come me che usa il passante all’interno della città, non mi cambia nulla se il treno che prendo è quello di Novara in orario o quello di Varese in ritardo di un quarto d’ora: sempre un treno è. Se dunque i ritardi sono più o meno coerenti – e la mia frequentazione mi permette di dire che solitamente lo sono – io continuerò ad avere una frequenza di un treno ogni sei minuti. Se i ritardi non sono coerenti posso essere sfigato e avere un po’ più di sei minuti di attesa, ma in media i treni continueranno a passare ogni sei minuti. Insomma, anche in questo caso si verifica la solita fonte di incomprensione matematica: bisogna capire qual è il corretto punto di vista da cui fare i conti.

Il vero problema del passante è al limite la possibilità che i treni vengano soppressi: in quel caso sì che le attese si allungano, anche se comunque meno di quanto capiti ai poveretti che devono prendere il treno da fuori… ma questo con la “povera matematica” c’entra poco o nulla.

Ultimo aggiornamento: 2015-03-26 12:32

la crisi dei percentili

Ieri ho portato Jacopo dalla pediatra per una congiuntivite, e mi è stato fatto notare che eravamo solo sette mesi in ritardo per la visita di controllo dei cinque anni. Vabbè. Jacopo viene visitato, ed è tutto ok: mentre la dottoressa segna peso e altezza al computer mi dice che è al venticinquesimo percentile e si affretta ad aggiungere “ma non si preoccupi: i bambini non sono mica tutti uguali”.

A parte che Jacopo partiva dal terzo percentile e quindi arrivare al venticinquesimo è un risultatone, ci ho messo un bel po’ di tempo per intuire cosa significasse quell’affermazione. Con ogni probabilità la pediatra è abituata a sentire gente che si preoccupa perché il proprio virgulto “è troppo piccolo” e quindi “bisogna dargli qualcosa perché cresca di più”, cosa che non ha nessun senso, visto che i percentili sono calcolati non in assoluto ma relativamente alla popolazione tutta. Insomma tutta questa storia mi ricorda le battute “chi vuole essere volontario faccia un passo avanti”, col malcapitato che senza esattamente capire cosa sta succedendo si ritrova cooptato perché tutti gli altri hanno fatto un passo indietro.

Al limite, quello che potrebbe avere un certo interesse è notare come nel tempo ci si sia spostati da un percentile all’altro, perché questo significa che è successo qualcosa. Ma il genitore medio è pronto ad accettare il concetto di derivata?

Ultimo aggiornamento: 2015-03-17 13:52