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I conti del Digital Champion

Massimo Mantellini fa le pulci all’articolo del Digital Champion italiano Riccardo Luna, che magnifica i grandi risultati di quest’anno sui dati di accesso a Internet pubblicati da Eurostat. Mantellini, che a vederlo non sembra ma è un pezzo di pane, cita una frase di Luna e si limita a dire che “[s]i tratta di un discorso dalla logica fragilissima”: io vado molto più sul pesante. Ecco la frase:

siamo quelli che hanno registrato l’aumento maggiore: 4 punti percentuali, da 64 a 68% (e i non utenti sono passati dal 32 al 28%). La Germania, la Francia e il Regno Unito sono aumentati di un punto appena, la mitica Estonia (Paese simbolo del digitale) cresce di tre: ma va detto che questi Paesi partono da molto più in alto di noi…”

Ai miei ventun lettori non devo nemmeno sottolinearlo, ma forse la precisazione aritmetica può servire a chi passa per caso da queste parti. Secondo voi, è più facile aumentare una percentuale di qualche numero quando si parte da un livello basso o da uno alto? Se preferite un esempio pratico: se state completando un album di figurine, è più facile trovarne di nuove quando avete appena iniziato la raccolta oppure quando state per finirla? (E l’esempio che ho fatto è persino troppo gentile: pensate alla difficoltà di portare la fibra ottica nei paesini montani con pochi abitanti rispetto a quella di farlo in una città come Milano). Come fa notare Massimo, al limite possiamo gioire che la Bulgaria è messa peggio di noi e non riesce nemmeno a migliorarsi, ma noi al più stiamo mantenendo costante il divario con i paesi più avanzati. Ma questa è aritmetica e non Internet, e quindi mi sa che non faccia notizia…

Aggiornamento: Su Facebook mi è stato detto che non ho compreso il significato di quella frase, e che Luna ha affermato per l’appunto che non possiamo confrontarci con le nazioni ad alta penetrazione internet perché non ha senso comparare le differenze. Non sono d’accordo. Ammesso che sia davvero così – e che quindi abbia scritto una frase poco chiara, peccato mortale non tanto per il Digital Champion ma per un giornalista – a quel punto non avrebbe nemmeno dovuto indicare le percentuali di aumento di quei paesi, limitandosi al più a dire che l’Italia aveva avuto un incremento maggiore, e indicando i numeri di quelli “del nostro campionato”. Se metti dei numeri stai già implicitamente facendo un confronto, e soprattutto lo fai fare ai tuoi lettori.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-22 09:11

51%

51percento Barbara mi ha mandato lo screenshot che ha fatto un’oretta fa a questo articolo. Il problema non è la scelta dell’insegnante di entrare in classe con abiti femminili: almeno per un matematico, il problema è nella percentuale indicata a destra. Se nel momento in cui è stato preso lo screenshot il numero totale di voti dato alla notizia è 6, le percentuali devono per forza essere un multiplo di 1/6: pertanto 0%, 17%, 33%, 50%, 67%, 100%. Al più accetto un arrotondamento verso il basso che mi porta a 16% e 66%. Ma il 51% proprio non esce, a meno che qualcuno non abbia pensato a un premio di maggioranza :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-11-30 19:06

Secoli di calcoli e ragionamenti molto complessi

Su Radio Popolare continua a girare una pubblicità di Fineco (su YouTube c’è una versione televisiva) in cui lo speaker dice «Oggi mio figlio mi ha chiesto come è fatta la Terra, e io gli ho risposto: è rotonda. Per scoprirlo ci sono voluti secoli di calcoli e ragionamenti molto complessi…» e poi giù a spiegare che da loro si danno risposte semplici a domande complesse, bla bla. Il comunicato stampa racconta di come sono stati bravi a inventarsi questo storytelling.

Perdonatemi. “Com’è fatta la Terra” non è una domanda complessa. Al limite quello che potrebbe essere complesso è il modo per trovare la risposta: peccato che gli antichi greci la risposta l’avessero trovata senza fare ragionamenti complessi, e non è che ci vogliano calcoli così complessi per dimostrarlo. (I calcoli servono per ottenere la lunghezza di un arco di meridiano, e per misurare la longitudine ci vogliono strumenti molto precisi, ma stiamo andando fuori tema). Se tanto mi dà tanto, non è che mi fiderei molto dei loro consulenti finanziari :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-11-20 21:33

Francesco Merlo e la matematica

Grazie a Dioniso (e indirettamente Peppe) ho letto la tirata di Francesco Merlo contro la matematica, che evidentemente gli deve essere stata tanto indigesta a scuola. Mi soffermo sull’ultima sua frase:

[…] forse perché ce n’è troppa: il numero di telefono, i numeri, il bancomat, il… persino questa si chiama Radio 3, pensi, ciò devo pensare a un numero per identificarla. E il… quando premi un tasto per cercare un disco in macchina è sempre con un numero. E va bè. Comunque…

Secondo me se troviamo un modo per modificare l’autoradio di Francesco Merlo in modo che i brani dei CD siano indicati da lettere e non da numeri potremmo riuscire a fargli fare una tirata contro la letteratura.
(O forse no. Magari si lamenterà dell’algebra che ha reso ancora più complicata la matematica)

Ultimo aggiornamento: 2015-09-29 12:54

Questione di misure

Sto leggendo Il GGG di Roald Dahl e sono arrivato al punto in cui il signor Tibbs, maggiordomo capo di Sua Maestà, deve preparare la tavola per il GGG. Correttamente il signor Tibbs moltiplica per quattro le dimensioni di sedia e tavolo, ma poi aggiunge: “bisogna moltiplicare tutto per quattro: otto uova in luogo di due, sedici fette di bacon al posto di quattro, dodici toast invece di tre, e così di seguito.”
Notate nulla di strano? Il cibo vale per volume, quindi il GGG non mangia quattro volte un essere umano ma 64. Certo, stiamo parlando di un romanzo e non sono certo che tutte le misure relative raccontate nel corso della storia siano corrette, né la cosa mi ha infastidito : ma in questo caso l’ostinarsi a indicare i rapporti delle dimensioni richiederebbe un controllo più preciso…
(Per amor di cronaca il GGG mangerà ben più di quanto il maggiordomo capo aveva fatto preparare, ma non viene spiegato che il motivo era proprio quello delle proporzioni)

Fahrenheit

Oggi sulla Stampa a pagina 2 si parla della nuova spinta di Obama per una riduzione delle emissioni di monossido di carbonio. Con una sintassi un po’ involuta, si legge «il riscaldamento globale è avviato a superare un aumento medio delle temperature di 3,6 gradi Fahrenheit».

Se io leggo “3,6 gradi Fahrenheit” traduco immediatamente “2 gradi centigradi”; applicando il rasoio di Occam nella sua versione “cifre tonde”, ne deduco che il documento originale usava i centigradi, gli americani che rifuggono gli standard mondiali se non li hanno creati loro hanno meccanicamente convertito in Fahrenheit, e Paolo Mastrollilli ha coscienziosamente copiato il valore senza rendersi conto di quello che faceva.

D’altronde è vero che non si ha certo l’obbligo di conoscere a memoria i rapporti di conversione; ma è ancora più vero che tipicamente non si sa a cosa equivalga un grado Fahrenheit, e dunque sarebbe comunque stato un gesto gentile nei riguardi dei lettori convertire la temperatura in centigradi…

P.S.: a pagina 3 nel colonnino di destra si parla di due gradi centigradi. Evidentemente non hanno preso il documento americano.

Ultimo aggiornamento: 2015-08-03 11:13

i guai del catasto

Ho iniziato a leggere – fino a domani niente testo completo, ma non credo cambierà molto – questo articolo di Repubblica sulla riforma del catasto che sembra essere di nuovo saltata. Le simulazioni darebbero «numeri pazzeschi, con le rendite che lievitano, in alcuni casi esplodono. Mettendo a rischio l’invarianza di gettito, caposaldo della delega stessa», e questo «nonostante lo sconto del 30%, inserito nel decreto per attutire i rialzi.»

Io che sono un’anima candida pensavo che in tutti questi anni i dati catastali fossero finalmente stati digitalizzati e quindi più che una simulazione si potesse fare il conto preciso del gettito: a questo punto, invece che dare uno sconto, bastava definire un moltiplicatore catastale per ottenere un gettito totale pari a quello attuale. Detto tra noi sarebbe il modo più semplice anche per il futuro: non si ha un valore catastale ma un coefficiente catastale, che viene moltiplicato per il moltiplicatore (scusate il gioco di parole) per ottenere il valore per l’anno in corso. Ma anche se non ci fossero tutti i dati si potrebbe comunque fare una stima più o meno corretta: non è certo il cinque percento in più che farebbe apparire questi dati allarmanti.

Il vero problema però è la totale mancanza di trasparenza. Dovrebbe essere chiaro a tutti che in una riforma a gettito costante c’è chi ci guadagna e chi ci perde. Se non è chiaro a qualcuno abbiamo un problema. Certo, la politica non è però la matematica, e su questo immagino siamo tutti d’accordo: ma la politica dovrebbe prendere decisioni informate, e spero che siamo tutti d’accordo anche su questo. Bene: perché non vengono resi pubblici dati aggregati che dicano (a) come cambierebbe il gettito per categoria catastale e (b) come cambierebbe il gettito per regione / (ex) provincia / comuni capoluogo / comuni per fasce di popolazione? Con quei dati alla mano si può discutere: magari si scopre che la riforma ha introdotto sperequazioni, oppure si scopre che le sperequazioni erano maggiori (sempre statisticamente parlando) col catasto attuale. Ma almeno si saprebbe di che si parla…

Ultimo aggiornamento: 2015-06-23 12:24

occhei, mi sono perso

Ho cercato di capire cosa intende dire questo articolo, ma non ci sono mica riuscito. La prima frase, attribuita a tal Roberto Brambilla “ideatore del Centro studi” (quale?) ha un senso, in effetti:

«nel 2013 l’Italia ha sostenuto una spesa pensionistica complessiva di ben 214 miliardi, ma l’anno scorso le entrate contributive effettive ammontavano a 189 miliardi. Logico, quindi, il disavanzo (che lo Stato copre a consuntivo) di circa 25 miliardi l’anno».

Poi però leggo

Bene, su quei 214 miliardi di spesa pensionistica effettiva, i soldi concretamente utilizzati per pagare 18 milioni di pensionati ammontano a 171 miliardi. La differenza, pari a ben 43 miliardi di euro, vanno a finire nelle casse dello Stato, rappresentando una partita di giro e un incasso.

e l’articolo finisce lì. Qualcuno che ha studiato riesce a capire cosa vuol dire quella frase?

Certo, uno magari guarda l’inizio dell’articolo, due righe che si perdono tra titolone e immagine: «Quarantatre miliardi di euro. A tanto ammonta la “tassa” che lo Stato intasca sulle pensioni.», e poi legge «Il dato emerge dal secondo rapporto sul “Bilancio del sistema previdenziale italiano”, redatto dal Comitato tecnico scientifico di Itinerari previdenziali.». Se è un rompipalle come me va a vedere che cos’è “Itinerari previdenziali ®” («una realtà indipendente che opera nel campo della comunicazione, formazione e informazione nell’importante settore economico e sociale del welfare e dei sistemi di protezione sociale pubblici e privati.») e poi scopre qui che i 43 miliardi corrispondono alle tasse pagate dai pensionati. Immaginiamo pure che la parte di tasse che i pensionati pagano su redditi extrapensionistici sia irrilevante: quindi lo Stato ha pagato 171 miliardi e ne ha presi 189, quindi il presunto guadagno è solo di diciotto miliardi. Guadagno presunto, perché se quei soldi non fossero stati versati come contributi sarebbero comunque stati tassati, ma non complichiamo vieppiù le cose.

Insomma, è peggio che al Giornale non sappiano fare i conti oppure che non sappiano scrivere un articolo che sia comprensibile senza dover andare in giro a cercare informazioni?

Ultimo aggiornamento: 2015-04-16 10:59