Archivi categoria: povera_matematica

Divisioni sul caffè

Stefano mi segnala questo post della Stampa (qui la copia di backup) a proposito del possibile ingresso di Starbucks in Italia, dove secondo la FIPE «Ogni bar, ogni giorno, serve 175 tazzine per un incasso di 184 euro, con un prezzo medio di 0,96 euro a tazzina.» Secondo Stefano hanno scambiato dividendo e divisore, oltre ad avere sbagliato l’arrotondamento (175/184 è circa 0,951). La mia sensazione è diversa. Andando a cercare la fonte originaria possiamo vedere che si parla di 175 caffè e cappuccini serviti al giorno, il che fa capire perché il costo medio supera l’euro nonostante sia raro trovare un caffè che costi più di un euro. Se devo fare un’ipotesi, Giuseppe Bottero non abbia notato “cappuccini”, si sia chiesto come mai un caffè potesse costare più di un euro, e ha fatto tornare i conti. (Non mi preoccupo nemmeno dell’arrotondamento per eccesso, fossero quelli i problemi…)

Una nota non matematica: Gianluca, davvero adesso “experience” nel senso di “fare le cose come noi pensiamo dobbiate farle” (che già non sopporto in inglese) viene usato in italiano come “esperienza”?

Ultimo aggiornamento: 2016-03-01 11:50

Medie mobili

Ho trovato questo articolo della Stampa che racconta come la pratica religiosa in Italia stia calando, e che è «più facile perdere la fede a 55 anni». (Nota: anche se non è esplicitato dall’articolo, si parla di pratica religiosa in genere, quindi non solo cattolica. Diciamo che forse i pastafariani non sono stati considerati, ma solo perché non sono ancora molti. Però per esempio gli islamici ci sono).

L’articolo segnala appunto che «L’Istat ha di recente fotografato la nostra propensione alla pratica religiosa», dimenticandosi di mettere un link ai dati Istat perché un lettore interessato possa farsi direttamente una sua idea. (Per la cronaca, se volete vederli andate a http://dati.istat.it/index.aspx?queryid=262, selezionate “tutti i temi”, cercate Partecipazione sociale → Pratica religiosa → Classe di età) e che la percentuale di persone che frequenta luoghi di culto almeno una volta la settimana è in costante calo. Fin qui nulla di male. Ma poi continua scrivendo

Ma il confronto con il 2006 ci dice che la fascia d’età più disillusa è quella tra i 55 e i 59 anni che nell’ultimo decennio ha perso il 30% dei frequentatori di luoghi di culto.

Se andate a controllare i dati, in effetti la percentuale è scesa dal 26,9% al 19,3%; viene anche riportato lo spiegone del sociologo Franco Garelli sul perché queste persone tendono a non frequentare più i luoghi di culto, spiegone che vi risparmio. Vi siete accorti di cosa c’è che non va in questa bella spiegazione? Bravi. Quelli tra i 55 e i 59 anni nel 2015 avevano tra i 46 e i 50 anni nel 2006, e le loro percentuali di frequentazione sono rimaste fondamentalmente le stesse (non è possibile fare un confronto preciso, perché la classe di età precedente è di dieci e non di cinque anni, ma un banale modello di regressione mi dà quei valori). Quindi si sta semplicemente fotografando l’invecchiamento della popolazione.

Attenzione. Ha perfettamente senso dire che la percentuale di frequentanti nella fascia di età tra i 55 e i 59 anni è scesa del 30% negli ultimi dieci anni. Quello che non ha senso è dire che quelle persone hanno smesso di frequentare in questi dieci anni. Quelle persone avevano già smesso probabilmente a quindici anni. Vedete la differenza?

Ultimo aggiornamento: 2016-02-25 11:44

dimezzamenti fasulli

adozioni Damiano mi segnala questo post del Corsera (apritelo a vostro rischio, considerando il paywall sul sito) dove si parla del calo del numero di adozioni internazionali: dalle 1410 del 2010 gli arrivi “si sono quasi dimezzati”, arrivando a 850 nel primo semestre 2015. Ma come Damiano fa notare, se in sei mesi ci sono state 850 adozioni si può in prima approssimazione immaginare che in tutto il 2015 ce ne sarà un numero intorno a 1700. Il dimezzamento è al più quello del numero di neuroni di Margherita De Bac dedicati alle operazioni aritmetiche.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-17 15:23

La precisione del Perlone 2015

Il blog Perle Complottiste ha assegnato, come ogni anno, il suo premio Perlone 2015 per le migliori “perle” trovate su Internet. Quest’anno ha vinto Beppe Grillo con il 41,15% dei voti, seguito da Giulietto Chiesa con il 25,77%, mentre Rosario Marcianò è terzo con il 15,38% e Massimo Mazzucco e Maurizio Blondet sono appaiati all’ultimo posto con l’8,85% dei voti. Questi dati sono coerenti con un numero di votanti pari a 904, per cui il numero totale di voti sarebbe rispettivamente 372, 233, 139, 80. Il numero di voti è anche coerente con i 747 dell’edizione 2007. Bene, dov’è il problema?

Semplice. Se hai un intorno di 1000 voti, hai tre cifre significative. Il conteggio è stato fatto con quattro cifre, ma la quarta è puramente casuale. Per dire, se Grillo avesse avuto un voto in meno la percentuale sarebbe stata il 41,03%, e con un voto in più il 41,26%. Quindi sarebbe bastato usare una cifra dopo la virgola, che è l’unica sensata: la seconda è puramente casuale (in senso lato, chiaramente è il risultato di un processo deterministico). Certo, non è un errore di quelli tragici: però rappresenta comunque una scarsa attenzione, o se si preferisce una fiducia troppo fideistica sui numeri.

Percentuali e PIL

Oggi al Sole-24 Ore è stata pubblicata questa infografica, che io ho prontamente salvato. (Ora l’articolo è stato corretto, ma dalla sua URL si può ancora intuire la genesi iniziale).

Il grafico di quell’articolo mostra come è aumentato il debito pubblico dei PIGS (stranamente senza l’Irlanda) e per confronto quello di Germania e Francia a partire dal 2007, cioè prima della crisi. Si può vedere come l’Italia non ha poi fatto troppo male: risulta messa un po’ meglio della Francia e un po’ peggio della Germania, soprattutto a causa degli ultimi tre anni, ma molto meglio degli altri malati economici europei. Peccato che appunto quell’infografica mostra l’incremento del debito e non il rapporto debito/PIL, come invece era scritto nel titolo iniziale («Debito pubblico in Europa. Italia al 133,20% del Pil, peggiore la Francia con 149,38%») e corretto in corsa («Debito pubblico in Europa: la corsa di Spagna, Portogallo e Grecia.»). Addirittura nell’articolo originale si affermava che «Il debito italiano, infatti, dai 133,20 punti percentuali sul Pil del 2015», cioè il numeretto che hanno visto nel grafico (il vero valore è 12,8%). Il nostro grande problema è appunto che partiamo da un debito altissimo, e quindi anche un incremento percentuale ridotto porta gravi danni, mentre per esempio la Spagna nel 2007 aveva un rapporto deficit/PIL molto basso (il 34%) e ha potuto così permettersi una crescita percentuale enorme.

Ho due domande, una ai miei lettori e una invece retorica. Qualcuno ha copia dell’articolo apparso sulla versione cartacea del Sole-24 Ore, per capire chi è stato a fare quello svarione? E come è possibile che il maggior quotidiano economico italiano riesca a pubblicare qualcosa del genere, proprio sul loro campo? Non hanno nessuno che legga quello che viene scritto?

Aggiornamento: nel corpo dell’articolo avevo erroneamente scritto “deficit” al posto di “debito”.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-10 18:34

lo 0,1% di 60 mamme

(Tanto per dire quanto sono attento: questo post è rimasto per tre settimane come draft, me ne sono accorto solo ora)
Barbara mi segnala questo articolo di D – Repubblica, che mette giustamente in guardia le mamme dal voler mangiare troppo poco in gravidanza. C’è sempre un giusto mezzo. Il guaio dell’articolo è un altro però: la frase qui sotto.

il Norwegian Mother and Child Cohort Study, che ha monitorato dal ’99 al 2008 una sessantina di mamme, parla di un 5% di sofferenti, nello specifico 0,2% bulimiche, 4,8% ammalate di binge eating e 0,1% di purging disorder.

Barbara si chiede quant’è lo 0,1% di 60 mamme, e io le ho risposto “Semplice: un sedicesimo di mamma. Gli è che c’è stata una singola mamma a cui il purging disorder capitava per un’ora e mezza al giorno, e quindi hanno considerato la quota parte. Uno e mezzo diviso ventiquattro fa esattamente un sedicesimo”.

Elisabetta Muritti, l’autrice dell’articolo, avrebbe potuto fare una rapida ricerca con la stringa “Norwegian Mother and Child Cohort Study”, trovare questo articolo e scoprire che le mamme monitorate sono state 90.000, e quindi il purging disorder è capitato a un centinaio di persone. Ma il punto peggiore per me è un altro. Come fai a non accorgerti che anche in un paese poco popolato come la Norvegia un campione di 60 mamme è ridicolo, visto che la maternità non è poi una patologia così rara? Cos’è: quando vedi dei numeri il cervello si obnubila immediatamente? Il guaio è sempre questo: persino l’aritmetica elementare viene vista come qualcosa di magico che non deve assolutamente essere non dico compreso ma neppure toccato.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-09 07:10

C’è metà e metà

50percento Lasciate perdere le signorine con pochi centimetri quadrati di pelle ricoperta e leggete il titolo: «62 persone possiedono la metà della ricchezza mondiale». Poi leggete l’articolo, che inizia con la frase «Sessantadue persone detengono la stessa ricchezza della metà della popolazione mondiale».

Dopo esservi indignati per la disuguaglianza sociale, vi prego di lasciare ancora almeno un pochino di indignazione per il trattamento riservato alla matematica. Vi sembra che le due frasi dicano la stessa cosa?

Ultimo aggiornamento: 2016-01-19 12:48

Grafici rivelatori

corradopassera Corrado Passera ha deciso che vuole diventare il sindaco di Milano, e per farsi conoscere sta battendo tutte le strade, compresa quella degli “annunci sponsorizzati” (insomma, pubblicità) Facebook. Mi è capitato così di finire a cliccare su questa pagina, e di vedere il “grafico” (scusate le virgolette, ma ci vogliono) riportato nella figura qui a fianco sulla spesa corrente per abitante.

Lasciamo perdere banalità tipo il fatto che la fonte del “grafico”è semplicemente indicata come “bilanci comunali” e quindi non verificabile. (Ma quello non è solo un problema di Passera. Ho provato a guardare SoldiPubblici.Gov.It e DatiOpen.it, ma non sono mica riuscito a trovare dati aggregati per comune). Qualcuno potrebbe obiettare che la spesa corrente per abitante è anche usata per dare servizi agli abitanti stessi, ma presumo che Passera sia un liberista e quindi giustamente non interessato a fare di queste distinzioni. Mi chiedo perché nella lista ci sia Genova e non Torino e Palermo che hanno più abitanti, ma questa indubbiamente è una curiosità oziosa. No, il problema è un altro. Guardate bene quel grafico. Le barre non hanno alcuna relazione con i numeri, se non che a barra più alta corrisponde barra più bassa: ma la differenza tra la spesa procapite di Napoli e Genova (29 euro) appare essere la stessa di quella tra Roma e Napoli (377 euro) e di quella tra Milano e Roma (604 euro). Un grafico così lo farebbe un ragazzino di otto anni che non ha ancora ben capito come funziona la correlazione tra numeri e barre, non (lo staff di) un candidato sindaco. E la cosa che fa più specie è che un grafico corretto, con le barre proporzionali alla spesa, darebbe esattamente la stessa impressione: insomma non c’era nessun motivo per fare quella schifezza, se non mostrare un’ignoranza della matematica.