Chi mi legge abitualmente sa bene cosa farò ai referendum; d’altra parte l’informazione in giro è così frammentaria che penso sia cosa utile raccogliere quello che ho trovato, prima di reiterare la mia posizione al riguardo.
Domenica 21 dalle 8 alle 22 (e lunedì 22 giugno dalle 7 fino alle 15) si vota per tre referendum. Due di essi sono virtualmente indistinguibili, se non per il colore della scheda (viola nel primo caso e beige scuro nel secondo caso: non credete a quanto artatamente[*] colorato nel sito dei promotori) e si occupano della Camera dei Deputati, con 1756 parole, e del Senato della Repubblica, con sole 1007 parole. Il terzo è su una scheda verde chiaro, è ugualmente incomprensibile ma è almeno molto più corto, visto che recita
«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati, limitatamente alle seguenti parti:
art. 19, limitatamente alle parole: nella stessa,
art. 85.»
Nel seguito per semplicità tratterò assieme i primi due, chiamandoli “Porcellum”; del terzo, “Candidature multiple”, parlo a parte.
Cominciamo proprio col terzo referendum, che è il più semplice. Come forse vi siete accorti, in questo momento è possibile candidarsi in più circoscrizioni; nel caso si venga eletti in più di una circoscrizione, si può scegliere la preferita e lasciare il posto al primo escluso nelle altre. Se a quel referendum vincerà il SÌ, la cosa sarà impossibile: uno si potrà candidare in un solo posto per volta.
I referendum “Porcellum” tendono invece a cambiare – il primo per la Camera e il secondo per il Senato – la legge elettorale, amichevolmente nota col nomignolo che gli diede il suo estensore Calderoli. In questo momento, la legge è proporzionale con premio di maggioranza (il 55% alla coalizione che ottiene più voti) e con sbarramento. Più precisamente, alla Camera una coalizione o un partito singolo deve ottenere il 4% su base nazionale, e un partito in coalizione (se la coalizione ha il 4%) deve ottenere il 2% sempre su base nazionale per essere rappresentato; al Senato le percentuali sono raddoppiate (8% e 4%) ma si applicano regione per regione. Se i referendum passeranno, non ci saranno più coalizioni; quindi il partito (e non la coalizione) di maggioranza relativa otterrà il 55% dei seggi, e saranno rappresentati solo i partiti con il 4% nazionale (Camera) o l’8% regionale (Senato).
Ci sono fondamentalmente quattro modi diversi per esprimesi con un referendum:
– non votare. A parte i menefreghisti e gli impossibilitati, sceglie questa opzione chi spera che il quorum (50%+1 degli aventi diritto al voto) non venga raggiunto, e quindi il risultato non conti un tubo. È possibile anche non ritirare la scheda di uno o più referendum e votare per gli altri; il risultato è come quello di non votare.
– astenersi, o annullare la scheda. Questa opzione è scelta da coloro ai quali non importa assolutamente nulla vedere un risultato o l’altro. Notate la differenza con il non voto: nel primo caso si cerca di andare sotto il quorum, nel secondo si contribuisce a raggiungerlo.
– votare SÌ. Lo fa chi vuole cambiare la legge.
– votare NO. Lo fa chi non vuole cambiare la legge, però vuol vedere cosa ne pensa la popolazione tutta.
Al momento in cui scrivo, il sito del ministero dell’Interno non riporta nulla di citabile al riguardo: i promotori dei referendum hanno il loro sito. Fine della parte per così dire “istituzionale”; inizia ora il mio pippone personale.
Premetto che io sono contrarissimo all’astensionismo per fare fallire il quorum; lo ero per i referendum passati e non vedo perché cambiare idea. In realtà una volta mi è capitato di non ritirare una scheda (abolizione del ministero dell’Agricoltura, per la cronaca) ma stiamo parlando di 15 anni fa in una situazione ben diversa. Potrei prendere in considerazione la cosa se si passasse da una legge decente a una legge pericolosa: ma la legge attuale è già pericolosa, quindi cambia poco.
Per quanto riguarda le candidature multiple, il mio è un sì convinto; presentarsi in più circoscrizioni toglie addirittura ancora più libertà di voto, perché poi è il multiplo eletto che sceglie dove accettare la propria elezione. Se io sono eletto chessò in Piemonte e Lombardia, e ci sono due altri candidati, entrambi primi esclusi in una delle due regioni, che aspettano la mia scelta per sapere chi sarà graziato, vi pare una cosa bella? L’unica cosa da aggiungere è che è una vergogna che la norma non sia già stata autonomamente abolita.
Sul Porcellum, il mio voto è un no ancora più convinto. A parte le voci che ho sentito in giro che sostengono che in caso di vittoria dei sì allora si abolirà l’attuale legge elettorale (palle, come ho spiegato sopra: e mi chiedo se siano state lanciate apposta per convincere l’elettorato meno attento) non solo la vittoria al referendum non migliorerebbe la situazione, ma anzi la potrebbe peggiorare. Se i partiti rimanessero separati come adesso, infatti, il premio di maggioranza sarebbe più elevato, schiacciando tutti gli altri. Basta fare due conti: se adesso con il 45% dei voti hai il 55% dei seggi, significa che l’altro 55% ha il 45%. Ma se ottieni il premio con il 35%, allora l’altro 65% dei voti prende il 45%, e quindi si starà più stretti… a parte il fatto che prima un partito con il 2% poteva sopravvivere alleandosi a uno più grande, mentre poi dovrà per forza fare il 4%.
Guzzetta e amici affermano “sì, ma così i partiti si dovranno per forza alleare prima delle elezioni”. Certo. Ma naturalmente nessuno ti obbliga a restare alleati un minuto dopo la chiusura delle urne. Inoltre c’è un piccolo particolare su cui i referendari casualmente tacciono. Con il Porcellum, non si possono dare preferenze (“per risparmiare sulle spese di campagna elettorale”: dev’essere). Questo significa che quello che conta è l’ordine in cui i candidati sono posizionati sulla lista: se il Partito Qualsiasi prende sette seggi, vengono eletti i primi sette in lista. Chi è che definisce l’ordine in lista? le segreterie dei partiti. Quindi possiamo anche immaginare di avere due listoni che imbarchino praticamente tutti chi da una parte chi dall’altra, ma così non avremo nemmeno quel barlume di scelta di dire “voto X invece che Y, perché il candidato in bilico di X mi piace, mentre quello in bilico di Y mi fa schifo”. Bel risultato, vero?
Poi intendiamoci, già la legge attuale fa sufficientemente schifo da non farmi decidere per un’astensione mirata, ma come si vede non c’è limite al peggio.
Questo è quanto: fate poi quello che volete, ma siate almeno informati. E ricordate che non è un problema di schieramento: se non ci credete, guardate come se fosse solo per loro sia il PD che il PdL sarebbero per il sì.
[*] colorare i quesiti come fossero una bandiera italiana, oltre a rendere difficile capire poi quali sono le schede reali, porta un significato implicito ma chiarissimo.
Ultimo aggiornamento: 2009-06-12 07:00