Archivi categoria: politica

Il perché dei no ai referendum contro il Porcellum

Ieri sono state depositate le motivazioni della Consulta per la decisione di non ammettere i due referendum contro l’attuale legge elettorale. Siamo in Italia, e così a quest’ora la notizia non è già più nella homepage del Corriere, e galleggia a stento in quella di Repubblica. Si sa, la notizia era “referendum sì, referendum no”: il perché è pleonastico.
Come promesso, invece, due parole su queste motivazioni io le scrivo. Purtroppo non posso darvi il link alla sentenza 13/2012 se non dicendovi di cliccare qui e mettere 2012 nell’anno e 13 nel numero, perché il sito della Corte Costituzionale si aggiudica di gran lunga il titolo di meno internet friendly di tutta Italia: per dire, anche con la ricerca interna l’URL che ottengo è http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do che ovviamente non dice molto. Vabbè: vediamo.
– La Suprema corte inizia a dire “noi in questa sede non possiamo decidere se la legge attuale è costituzionale o no”, e su questo siamo tutti d’accordo, almeno spero.
– Le due proposte, anche se non lo dicono esplicitamente, tendono entrambe ad abrogare del tutto la legge attuale, la prima direttamente la seconda togliendole il toglibile: e anche qua siamo d’accordo. D’altronde non si vede dove dovrebbe essere scritto esplicitamente, no?
– Occorre che «risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell’eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell’organo», e quello lo si spera bene (anche se paradossalmente vengono citate a supporto due sentenze di ammissibilità di referendum, quelli a cui poi non ha votato nessuno)
– Ora però iniziano i miei dubbi. Per il primo referendum, il punto 5.2 afferma che «La tesi della reviviscenza di disposizioni a séguito di abrogazione referendaria non può essere accolta, perché si fonda su una visione “stratificata” dell’ordine giuridico, in cui le norme di ciascuno strato, pur quando abrogate, sarebbero da considerarsi quiescenti e sempre pronte a ridiventare vigenti.». A me (e a molti costituzionalisti che sicuramente ne sanno più di me) la cosa continua a parere strana: sarebbe forse concepibile nel caso di referendum per abrogare una legge che affermi nel suo ultimo articolo “ogni disposizione di legge in contrasto con il testo di questa legge è implicitamente abrogata”, ma in questo caso il Porcellum modificava solo parti del Mattarellum. Insomma, io non vedo quali potrebbero essere le «conseguenze imprevedibili per lo stesso legislatore, rappresentativo o referendario, e per le autorità chiamate a interpretare e applicare tali norme, con ricadute negative in termini di certezza del diritto». Né il riferimento alla sentenza 28/2011 parrebbe lecito: lì infatti si scrive che il decreto legislativo oggetto della richiesta di referendum «ha espressamente abrogato alcune preesistenti norme concernenti la disciplina in esame» . Nella legge Calderoli c’è un unico comma abrogato, il sesto dell’articolo 58 del D.Pr. 361/1957, che però non c’era già….
– Diciamo insomma che il punto 5.4, «La volontà di far “rivivere” norme precedentemente abrogate, d’altra parte, non può essere attribuita, nemmeno in via presuntiva, al referendum, che ha carattere esclusivamente abrogativo, quale “atto libero e sovrano di legiferazione popolare negativa” (sentenza n. 29 del 1987), e non può “direttamente costruire” una (nuova o vecchia) normativa (sentenze nn. 34 e 33 del 2000)», mi sembra molto tirata per i capelli.
– Paradossalmente, rispetto almeno alla mia idea di due settimane fa, sono pienamente d’accordo con il motivo del rifiuto del secondo referendum. In pratica, cancellando solo i 71 « alinea– cioè le frasi iniziali di ognuno dei commi oggetto della richiesta, che dispongono l’abrogazione o la sostituzione delle norme elettorali prima in vigore», si rischiava di avere delle doppie norme soggette poi a interpretazione. Insomma, non era un triciclo con le ruote sghembe ma un triciclo con due insiemi di ruote che si muovevano in direzioni diverse.
Commento finale? Continuo a pensare che la decisione sia stata molto politica, ma tanto non ci si può fare nulla.

Ultimo aggiornamento: 2012-01-25 12:56

moriremo porcelli

Spero mi perdoniate se aspetterò le motivazioni prima di commentare la decisione della Consulta di non ammettere i due referendum sulla legge elettorale: c’è già tanta gente che parla a vanvera, non riuscirei nemmeno ad aggiungere rumore. Mi limito a fare una metafora su cosa forse è successo, perché mi piace fare metafore :-)
Come sapete, la legge elettorale attuale (il Porcellum) è scritta come una serie di modifiche alla legge elettorale precedente (il Mattarellum). Insomma è come dire che il legislatore – permettetemi il parolone associato a Calderoli – ha preso una bicicletta, ci ha lavorato un po’ su e l’ha fatta diventare un triciclo. Questo significa che la bicicletta non c’è più, ed eliminare il triciclo (abrogare tutto il Porcellum) ci lascia anche senza bicicletta. Questo per il primo quesito. Per il secondo, che a furia di tagliuzzamenti toglieva una ruota al triciclo per farlo ridiventare una bicicletta, la risposta potrebbe essere “sì, ma se tolgo una ruota al triciclo mica si riesce a stare in equilibrio con l’altra ruota scentrata!”
Detto questo, non è che ci voglia molto a capire la sparata di Tonino Di Pietro contro Napolitano. È esattamente lo stesso modo di fare della Lega: cercare di recuperare consensi con un’opposizione martellante, e si sa che i martelli non sono esattamente strumenti intelligenti. (Per la cronaca, quella dei radicali che votano contro l’arresto di Cosentino è una posizione leggermente diversa: “parlate anche di noi, non importa se siamo maggioranza od opposizione perché tanto è la stessa cosa”).
Ultima sciocchezzuola: non sono state raccolte un milione e duecentomila firme per questi referendum. Sono state raccolte due volte seicentomila firme, che è una cosa un po’ diversa.

Ultimo aggiornamento: 2012-01-13 10:14

comunicati stampa governativi

Il governo Berlusconi IV ci aveva abituato ad umoristici comunicati stampa ufficiali: non penso tanto al gelminiano tunnel Ginevra-Gran Sasso (comunicato poi messo sotto il tappeto, aggiungendo figuraccia a figuraccia) ma a quelli del PresConsMin stesso: qua ne avevo raccolto qualche esempio estivo. Il governo è cambiato, e lo stile dei comunicati è cambiato pure.
Ora la sezione veneta dell’Agenzia delle Entrate, per comunicare i risultati del blitz cortinese del 30 dicembre scorso, scrive un comunicato stampa intitolato «L’Agenzia delle Entrate porta fortuna: con l’agente si moltiplicano le vendite». Ma naturalmente il Lider è lui, il PresConsMin attuale. Dopo che un esperto di feste e festicciole come l’ex ministro Simplificius Calderoli ha presentato un’interrogazione scritta nella quale chiedeva «se corrisponda alla verità la notizia secondo cui la notte dell’ultimo dell’anno si siano tenuti dei festeggiamenti presso la presidenza del Consiglio dei ministri in Palazzo Chigi», Mario Monti ha immediatamente risposto con un comunicato stampa, del quale cito le frasi più significative:
– «Il Presidente Monti precisa che non c’è stato alcun tipo di festeggiamento presso Palazzo Chigi, ma si è tenuta presso l’appartamento, residenza di servizio del Presidente del Consiglio, una semplice cena di natura privata, dalle ore 20.00 del 31 dicembre 2011 alle ore 00.15 del 1° gennaio 2012, alla quale hanno partecipato: Mario Monti e la moglie, a titolo di residenti pro tempore nell’appartamento suddetto, nonché quali invitati la figlia e il figlio, con i rispettivi coniugi, una sorella della signora Monti con il coniuge, quattro bambini, nipoti dei coniugi Monti, di età compresa tra un anno e mezzo e i sei anni.» (notare il “a titolo di residenti pro tempore”)
– «Gli acquisti sono stati effettuati dalla signora Monti a proprie spese presso alcuni negozi siti in Piazza Santa Emerenziana (tortellini e dolce) e in via Cola di Rienzo (cotechino e lenticchie)» (mancava solo da indicare la quantità effettiva di derrate…)
– «Il Presidente Monti non si sente tuttavia di escludere che, in relazione al numero relativamente elevato degli invitati (10 ospiti), possano esservi stati per l’Amministrazione di Palazzo Chigi oneri lievemente superiori a quelli abituali per quanto riguarda il consumo di energia elettrica, gas e acqua corrente» (lo sciacquone del cesso, in effetti…)
Finisce poi con una stoccata sull’uso dei mezzi dello Stato per tornare a casa propria a Milano, ma non credo che nessun legaiolo se ne accorgerà mai: lo stesso Calderoli è riuscito ad arrivare sì e no alla riga due per controbattere «La nota scritta diramata da Mario Monti conferma pienamente che c’è stata una festa privata» (e aggiungere che Silvio le sue feste se le faceva a casa sua…)
Però c’è una cosa che mi lascia perplesso. Una trollata puntacazzista di questo tipo (permettetemi il lessico specialistico) è sicuramente apprezzata da noi fighetti, e infatti FriendFeed pullula di battute e il tag #cotechinoelenticchie ha fatto la sua comparsa su Twitter. Però io temo che la gente che si diverte in questo modo sia una sparuta minoranza degli italiani, e la maggior parte riesca solo ad arrivare alla conclusione del dentista padano: e a questo punto la risata mi muore in gola.

Ultimo aggiornamento: 2012-01-05 10:28

concertazione orba

Sul Corriere di stamattina Sergio Romano fa una filippica contro le pretese dei sindacati e soprattutto di Camusso perché si riparta con la concertazione, che evidentemente è vista dall’ex ambasciatore come fumo negli occhi. Non sono un economista, quindi non posso dire che la concertazione (e tanto meno quella in salsa tricolore) sia un bene o un male in assoluto e in questo preciso momento: però mi ha colpito una cosa nel ragionamento di Romano.
Lui spiega infatti che «Il sindacato è una associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere una sorta di condomino, un passaggio obbligato, un contropotere, e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa.» Frasi di per sé correttissime, come anche corretta è la conclusione «Il governo può ascoltarlo, consultarlo, studiare le sue proposte, ma non può dimenticare che le responsabilità del potere esecutivo non sono condivisibili e che il suo unico interlocutore istituzionale è il Parlamento, non un’associazione di categoria.» Peccato che Romano – sicuramente per non superare il numero di battute concessegli stamane – non abbia completato il discorso. La concertazione infatti si è sempre fatta tra governo, sindacati, e Confindustria; associazione di imprese, che non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale, risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Il punto fondamentale della concertazione è proprio quello: avere due sponde opposte in modo che il governo possa cercare di trovare dei punti accettabili da tutti, punti sui quali il Parlamento prima ed eventualmente i cittadini alle prossime elezioni potranno accettare o rifiutare. Per ascoltare, consultare, studiare le proposte basta avere una lobby, e sicuramente la parte aziendale in quella è molto brava e non ha bisogno di concertazione mentre il sindacato può anche proporre ma rimane sempre il parente snobbato alle feste.
Peccato appunto che l’articolo sia rimasto incompleto. Qualcuno a via Solferino potrebbe concedere in futuro un po’ più di spazio a Romano?

Ultimo aggiornamento: 2012-01-04 10:15

Educazione civica

Lo so che non bisognerebbe infierire sugli infermi. Però non è che qualcuno potrebbe spiegare a Umberto Bossi che è il Parlamento a essere eletto, e non il governo?

Ultimo aggiornamento: 2011-12-13 12:32

ICI, Chiesa & affini

In queste settimane è rimontata la polemica contro la chiesa cattolica che non pagherebbe l’ICI sulle sue proprietà: basta che abbiano una piccola cappella al loro interno. Ho letto tutto e il contrario di tutto, dal nonsolismo (anche sindacati e onlus non pagherebbero) a post come questo in cui Sandro Magister riesce a buttare all’aria duemilacinquecento anni di logica da Aristotele in poi e convincersi che avendo trovato un (1) esempio di ICI pagata da un ente religioso anche in eccesso questo significa che tutta la chiesa dà a Cesare quel che è di Cesare…
No, in effetti questa non è la metafora giusta: se è vero che la legge permette di non pagare in certi casi è corretto che non paghi. Solo che io, e penso la maggior parte di noi, non posso sapere cosa è vero e cosa no. A questo punto mi è venuta in mente un’idea: se qualcuno conosce direttamente il PresConsMin gliela può mica suggerire? (ah, naturalmente la mia idea si applica a tutti coloro attualmente esenti dall’ICI, mica devo fare favoritismi).
L’idea: ora che si passa dall’ICI all’IMU, gli immobili esenti diventino immobili ad aliquota zero. E qual è la differenza, direte? Semplice: occorrerà comunque fare la dichiarazione, dichiarazione che dovrà necessariamente essere fatta per via telematica. Tutti questi enti non sono certo la vecchina, quindi non avranno problemi a usare l’internette. Inoltre tutte queste dichiarazioni verranno rese pubbliche: le attuali esenzioni sono per immobili privati ma di uso pubblico, quindi non è che ci sia chissà quale problema di privacy a rendere noto quali siano. Solo a questo punto sarà effettivamente possibile capire di che ordini di cifre si sta parlando e soprattutto se si può davvero parlare di elusione oppure no. Troppo semplice?

Ultimo aggiornamento: 2011-12-12 10:53

Repubblica Presidenziale

La storia è spesso ironica. Proprio ora che forse il declino di Silvio Berlusconi è davvero iniziato, l’Italia sta diventando quello che lui aveva sognato: una repubblica presidenziale. Purtroppo per lui il Presidente è ancora Giorgio Napolitano, però…
La mossa di nominare Mario Monti senatore a vita è stata chiarissima per tutti. La Costituzione non dice che il Presidente del Consiglio dei Ministri debba essere un parlamentare; di per sé non dice neppure che debba essere maggiorenne, anche se sarebbe buffo vedere gli atti controfirmati dall’esercitante la patria potestà. Parecchie persone si sono ricordate il precedente di Carlo Azeglio Ciampi, divenuto primo ministro senza sedere in Parlamento; però Ciampi era il governatore della Banca d’Italia, e quindi aveva comunque una sua investitura istituzionale, che al presidente della Bocconi e consulente per Goldman Sachs mancava. Il prossimo governo Monti sarà quindi guidato da un “politico” e scelto direttamente dal presidente della Repubblica, senza consultazoini che non siano altro che formali; il tutto dopo che martedì aveva scritto che Berlusconi si sarebbe dimesso, e mercoledì l’aveva ribadito dettando persino i tempi per l’approvazione della Legge di Stabilità. Roba da far impallidire i comunicati di questi mesi dei nostri vari ministri, che hanno l’unico vantaggio di essere più umoristici.
Intendiamoci: tutti i presidenti della Repubblica italiana, a partire da Einaudi, hanno sempre cercato di travalicare i limiti costituzionali, o se preferite di saggiare l’asticella (teoricamente infatti il presidente di poteri ne ha eccome, anche se in pratica sono sempre tarpati). Però credo che questo di Nappy sia il nuovo record assoluto, niente male per uno che ha iniziato il settennato sembrando assolutamente inane… nemmeno il buonanima di Cossiga è riuscito a fare un cambiamento simile. Che il tutto sia un bene o un male a lungo termine – nell’immediato mi sa che fosse l’unica mossa possibile – lo vedremo a tempo debito.

Ultimo aggiornamento: 2011-11-10 11:22

faide a destra

Non sono mai riuscito a capire la differenza tra Libero e Il Giornale. D’altra parte, visto che ogni anno o due si scambiavano i direttori, la mia sensazione è che siano come quelle (rare) coppie di comici dove non c’è uno che fa la spalla (Ollio o Gaspare) all’altro (Stanlio o Zuzzurro), ma entrambi siano pronti a prendere un ruolo oppure l’altro a seconda delle occasioni: il tutto ad majorem Silvii gloria.
Però in questa situazione da fine dell’impero anche questa strana coppia sta scoppiando: lo si può vedere bene da questo articolo del Giornale. Riassunto delle puntate precedenti: il vicedirettore di Libero Franco Bechis ieri annuncia che Berlusconi si dimetterà, e l’ha saputo da fonte certa. Quando il PresConsMin nega il tutto, Bechis si arrabbia e pubblica l’audio della telefonata che ha avuto, per mostrare che le cose lui non se le inventa. Le voci sono alterate, ma è chiaro che Bechis non sa assolutamente come si fa ad alterare seriamente una voce (glielo spiego io: d’accordo modificare il pitch, ma lo bisogna fare in modo non uniforme né regolare, e già che uno è lì a pasticciare con i programmi audio un po’ di modifiche sempre casuali della velocità sono utili. In questo modo fare il reverse engineering non è banale), e quindi qualcuno è subito riuscito a riportare la voce al suo tono naturale e scoprire che la gola profonda è Guido Crosetto. Dopo un po’ di negazioni, il sottosegretario ammette che la voce è sua, arrabbiandosi – giustamente, direi che potrebbe anche denunciarlo – con Bechis che l’ha registrato a sua insaputa.
Non mi metto a piangere né per il mio coetaneo né per Bechis: invece sorrido nel leggere che questa grande opera di intelligence non è stata fatta da Repubblica o dall’Unità o dal Fatto Quotidiano, bensì appunto dal Giornale. Ah, questa stampa comunista!

Ultimo aggiornamento: 2011-11-08 11:43