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Educazione civica

Lo so che non bisognerebbe infierire sugli infermi. Però non è che qualcuno potrebbe spiegare a Umberto Bossi che è il Parlamento a essere eletto, e non il governo?

Ultimo aggiornamento: 2011-12-13 12:32

ICI, Chiesa & affini

In queste settimane è rimontata la polemica contro la chiesa cattolica che non pagherebbe l’ICI sulle sue proprietà: basta che abbiano una piccola cappella al loro interno. Ho letto tutto e il contrario di tutto, dal nonsolismo (anche sindacati e onlus non pagherebbero) a post come questo in cui Sandro Magister riesce a buttare all’aria duemilacinquecento anni di logica da Aristotele in poi e convincersi che avendo trovato un (1) esempio di ICI pagata da un ente religioso anche in eccesso questo significa che tutta la chiesa dà a Cesare quel che è di Cesare…
No, in effetti questa non è la metafora giusta: se è vero che la legge permette di non pagare in certi casi è corretto che non paghi. Solo che io, e penso la maggior parte di noi, non posso sapere cosa è vero e cosa no. A questo punto mi è venuta in mente un’idea: se qualcuno conosce direttamente il PresConsMin gliela può mica suggerire? (ah, naturalmente la mia idea si applica a tutti coloro attualmente esenti dall’ICI, mica devo fare favoritismi).
L’idea: ora che si passa dall’ICI all’IMU, gli immobili esenti diventino immobili ad aliquota zero. E qual è la differenza, direte? Semplice: occorrerà comunque fare la dichiarazione, dichiarazione che dovrà necessariamente essere fatta per via telematica. Tutti questi enti non sono certo la vecchina, quindi non avranno problemi a usare l’internette. Inoltre tutte queste dichiarazioni verranno rese pubbliche: le attuali esenzioni sono per immobili privati ma di uso pubblico, quindi non è che ci sia chissà quale problema di privacy a rendere noto quali siano. Solo a questo punto sarà effettivamente possibile capire di che ordini di cifre si sta parlando e soprattutto se si può davvero parlare di elusione oppure no. Troppo semplice?

Ultimo aggiornamento: 2011-12-12 10:53

Repubblica Presidenziale

La storia è spesso ironica. Proprio ora che forse il declino di Silvio Berlusconi è davvero iniziato, l’Italia sta diventando quello che lui aveva sognato: una repubblica presidenziale. Purtroppo per lui il Presidente è ancora Giorgio Napolitano, però…
La mossa di nominare Mario Monti senatore a vita è stata chiarissima per tutti. La Costituzione non dice che il Presidente del Consiglio dei Ministri debba essere un parlamentare; di per sé non dice neppure che debba essere maggiorenne, anche se sarebbe buffo vedere gli atti controfirmati dall’esercitante la patria potestà. Parecchie persone si sono ricordate il precedente di Carlo Azeglio Ciampi, divenuto primo ministro senza sedere in Parlamento; però Ciampi era il governatore della Banca d’Italia, e quindi aveva comunque una sua investitura istituzionale, che al presidente della Bocconi e consulente per Goldman Sachs mancava. Il prossimo governo Monti sarà quindi guidato da un “politico” e scelto direttamente dal presidente della Repubblica, senza consultazoini che non siano altro che formali; il tutto dopo che martedì aveva scritto che Berlusconi si sarebbe dimesso, e mercoledì l’aveva ribadito dettando persino i tempi per l’approvazione della Legge di Stabilità. Roba da far impallidire i comunicati di questi mesi dei nostri vari ministri, che hanno l’unico vantaggio di essere più umoristici.
Intendiamoci: tutti i presidenti della Repubblica italiana, a partire da Einaudi, hanno sempre cercato di travalicare i limiti costituzionali, o se preferite di saggiare l’asticella (teoricamente infatti il presidente di poteri ne ha eccome, anche se in pratica sono sempre tarpati). Però credo che questo di Nappy sia il nuovo record assoluto, niente male per uno che ha iniziato il settennato sembrando assolutamente inane… nemmeno il buonanima di Cossiga è riuscito a fare un cambiamento simile. Che il tutto sia un bene o un male a lungo termine – nell’immediato mi sa che fosse l’unica mossa possibile – lo vedremo a tempo debito.

Ultimo aggiornamento: 2011-11-10 11:22

faide a destra

Non sono mai riuscito a capire la differenza tra Libero e Il Giornale. D’altra parte, visto che ogni anno o due si scambiavano i direttori, la mia sensazione è che siano come quelle (rare) coppie di comici dove non c’è uno che fa la spalla (Ollio o Gaspare) all’altro (Stanlio o Zuzzurro), ma entrambi siano pronti a prendere un ruolo oppure l’altro a seconda delle occasioni: il tutto ad majorem Silvii gloria.
Però in questa situazione da fine dell’impero anche questa strana coppia sta scoppiando: lo si può vedere bene da questo articolo del Giornale. Riassunto delle puntate precedenti: il vicedirettore di Libero Franco Bechis ieri annuncia che Berlusconi si dimetterà, e l’ha saputo da fonte certa. Quando il PresConsMin nega il tutto, Bechis si arrabbia e pubblica l’audio della telefonata che ha avuto, per mostrare che le cose lui non se le inventa. Le voci sono alterate, ma è chiaro che Bechis non sa assolutamente come si fa ad alterare seriamente una voce (glielo spiego io: d’accordo modificare il pitch, ma lo bisogna fare in modo non uniforme né regolare, e già che uno è lì a pasticciare con i programmi audio un po’ di modifiche sempre casuali della velocità sono utili. In questo modo fare il reverse engineering non è banale), e quindi qualcuno è subito riuscito a riportare la voce al suo tono naturale e scoprire che la gola profonda è Guido Crosetto. Dopo un po’ di negazioni, il sottosegretario ammette che la voce è sua, arrabbiandosi – giustamente, direi che potrebbe anche denunciarlo – con Bechis che l’ha registrato a sua insaputa.
Non mi metto a piangere né per il mio coetaneo né per Bechis: invece sorrido nel leggere che questa grande opera di intelligence non è stata fatta da Repubblica o dall’Unità o dal Fatto Quotidiano, bensì appunto dal Giornale. Ah, questa stampa comunista!

Ultimo aggiornamento: 2011-11-08 11:43

io gioco da solo

C’è una sola cosa che mi stupisce nella bagarre di ieri tra i vertici del PD e i Radicali che non hanno votato la sfiducia al ministro Romano: che i suddetti radicali siano nel gruppo parlamentare PD.
Un qualunque osservatore, di destra o di sinistra o di centro, di sopra o di sotto, sa perfettamente qual è la linea del partito: fare quello che ritiene opportuno per farsi notare. È una situazione ancora diversa da quella della sinistra italiana (no, non sto parlando del PD), che fa di tutto per perdere le elezioni altrimenti sarebbe costretta a governare. Pannella&friends al momento delle elezioni possono allearsi con uno o con l’altro schieramento, semplicemente contando il numero di parlamentari che possono essere eletti. Posso capire il ragionamento di Uòlter tre anni fa: con una legge elettorale come il Porcellum potrei guadagnare più onorevoli “miei” imbarcando i radicali, quindi tanto vale farlo. Ma il giorno dopo le elezioni ci si saluta virilmente e ognuno a casa propria, no? No, a quanto pare.
La situazione di ieri è stata poi assolutamente comica: la pattuglia radicale si è astenuta “perché è a favore dell’amnistia”. Una bellissima battaglia di principio che si può approvare oppure no; un tema legato alla situazione impossibile delle carceri italiane (a proposito, nel programma elettorale del centrodestra non c’era la costruzione di nuove case di reclusione e la formazione di nuove guardie carcerarie? Gli stanziamenti sono stati dirottati verso il ponte sullo Stretto di Messina o sul pagamento delle multe per le quote latte?). Ma una cosa che non c’entrava una cippa con il voto di ieri, che non era per l’autorizzazione all’arresto del ministro Francesco Saverio Romano ma una mozione di sfiducia individuale. Detto in altre parole, anche se avessero votato contro lui non sarebbe comunque finito in galera, e se mai ci dovrà andare non lo sarebbe stato per questo voto.
(e poi andate a vedere i conti: la maggioranza assoluta della Camera ha votato a favore del ministro, quindi il (non)voto dei radicali è stato ininfluente. L’unico risultato del PD è stato insomma fare loro un po’ di pubblicità…)

Ultimo aggiornamento: 2011-09-29 10:34

processi inutili

Ormai il processo Mills è diventato una barzelletta. Già l’omonimo avvocato si è salvato in Cassazione causa prescrizione (i soldi non faranno la felicità, ma allungano sicuramente i tempi dei processi); a furia di rimandi e controrimandi il nostro PresConsMin in Cassazione non ci arriverà nemmeno. Che fanno allora i giudici? Decidono che non vale la pena di sentire una serie di testimoni, perché tanto le loro testimonianze erano già state acquisite nell’altro mezzo processo (il che ha magari senso, ma allora avrebbero dovuto subito, no?). Così magari la sentenza di primo grado arriva, la difesa chiederà l’appello, e si bloccherà tutto lì: tutti felici e contenti.
Ecco, non ho neppure voglia di commentare.

Ultimo aggiornamento: 2011-09-20 12:45

_La magica medicina_ (libro)

[copertina] Io ho un’ipotesi che spiega bene perché ai bambini piacciano le storie per bambini di Roald Dahl: perché non sono favole nel senso usuale, ma sono testi non dico horror ma quasi, e si sa che i bambini sono cattivi dentro. Pensate a cosa succede in Charlie e la fabbrica di cioccolato agli altri bambini… Anche in questo caso (Roald Dahl, La magica medicina [George’s Marvellous Medicine], Salani – Istrici d’oro 2011 [1981], pag. 123, € 10, ISBN 978-88-6256-478-6, trad. Paola Forti) gli stilemi delle favole sono rovesciati. La nonna è tutto fuorché buona e dolce; il nipotino George pensa solo a come farla “scoppiettare” un po’, e decide così di preparare la magica medicina del titolo. Medicina che a quelli della mia generazione ricorda, ma in peggio, il caffè della Peppina. Come potete immaginare, i risultati saranno entusiasmanti… ma purtroppo è difficile ricordarsi esattamente la formula, e così i tentativi successivi di ricrearla daranno qualche problema, o se preferite la terminologia lavorativa delle “opportunità”.
La traduzione, almeno a prima vista, ha cercato di mantenere le allitterazioni e i chiasmi dell’originale, aumentando il senso di straniamento tra la forma esteriore, indubbiamente da favola, e il contenuto.

Ultimo aggiornamento: 2011-09-17 07:00

Il candore di Frattini

Io ho sempre parlato male di Franco Frattini, il ministro segnaposto; d’altro canto è chiaro a chiunque lo senta parlare che lui è il primo a chiedersi perché ogni tanto debba parlare ai giornalisti, quando ci sono altri esponenti del governo molto più adatti di lui tipo Simplificius Calderoli, e comunque c’è il Capo che le sa già tutte.
Però devo dargli atto che è uno dei pochi politici che le cose le dice chiaramente. A nessuno, in nessuna parte del mondo, sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di ringraziare un ente monetario che compra i titoli del debito pubblico italiano per evitare il tracollo. Ce lo vedete Obama a far notare come una fetta consistente del debito USA sia in mano alla Cina? Ma nemmeno Papandreu in Grecia lo fa! Si accenna al più di come la nazione stia ben operando, sperando che i mercati – entità fumosa anzichenò – apprezzino gli sforzi prodotti e sconfiggano gli speculatori brutti cattivi e vergognosi.
Frattini no. Frattini comunica, non dai campi di sci bensì in un meeting come quello di Cernobbio dove tutti quelli che contano stanno lì ad ascoltare, che «insisteremo sulla Bce perché continui con la sua saggia politica di acquisti». Non aggiunge che lo faremo proni a terra da zerbini, né che il nostro potere decisionale è virtualmente nullo, ma non importa. Noi lo sappiamo lo stesso, e apprezziamo che anche lui lo affermi esplicitamente: forse la sua prima vera opinione. Come non volergli un po’ di bene?

Ultimo aggiornamento: 2011-09-03 22:18