Col gruppo dei miei amichetti ci siamo messi a discutere su Facebook dell’articolo di Claudio Giunta sul Sole-24 Ore: Saper scrivere è così importante?. Pur nella differenza delle vedute personali – abbiamo formazioni diverse e amiamo litigare anche sulle virgole, pur nel rispetto delle idee altrui – il consenso è stato che Giunta è partito bene, ma poi si è perso per strada.
È vero: purtroppo non sappiamo più scrivere. Sembra paradossale, considerando che credo che almeno nel mondo occidentale non si è mai scritto tanto come adesso, a causa / merito / colpa dei social network; ma la scrittura non è solo mettere nero su bianco un testo, bensì saperlo strutturare, oltre che conoscere le regole di base della grammatica, che non sono campate in aria ma servono come impalcatura del testo. Quando parliamo ci possiamo permettere molte più cose, ma solo perché abbiamo un feedback immediato; un testo resta lì, e racconta su di noi molto più di quanto vorremmo far sapere. Non parliamo poi del fatto che un testo scritto bene può indurre inconsciamente il lettore ad accettare un’idea senza che formalmente gli venga presentata: questa è un’arma letale, se solo la si sa usare (e ce n’è di gente che la sa usare, fidatevi)
Partendo da qui Giunta sceglie però di calcare la mano, uscendo così dal seminato e facendo affermazioni piuttosto azzardate. Primo esempio: «Scrivere direttamente al computer è una cosa tanto normale, per gli studenti di oggi, che far loro osservare che sarebbe meglio scrivere prima su carta, e solo in un secondo tempo passare alla “bella” sullo schermo, suona come una bizzarria.» Perché? Notate che non sta parlando della differenza tra testo a schermo e testo stampato: di quello ne tratto dopo. No. Il suo consiglio è di avere comunque un passaggio sulla carta. Ripeto: perché? Muovere la mano anziché le dita mette in funzione neuroni diversi? La calligrafia richiede di affrettarsi con calma? Irrilevante. Quello che è davvero importante è rileggere, e non sono mai riuscito a vedere la differenza tra sottolineature e frecce da un lato e taglia-e-incolla dall’altro. Magari è colpa mia che al liceo scrivevo i temi direttamente in bella, “ricopiandoli in brutta” in prima e seconda perché il professore mi costringeva a consegnare anche la brutta.
Anche «la distinzione tra, in breve, libro di carta autorevole e testi effimeri da consumarsi su schermo» che sarebbe ormai obliterata non mi pare affatto così inevitabile. Detto tra noi, «accapo, rientri, maiuscole, corsivi» continuano a essere presenti anche su un testo elettronico ben fatto: io mi dedico sempre a verificare gli script CSS che servono appunto a formattare correttamente gli ebook, secondo l’aurea massima “il contenuto sta da una parte, la forma da un’altra”. Quanto alle «formule protocollari ed escatocollari», il problema è diverso. Ci sono testi che devono e vogliono essere strutturati, e questo si può fare sia nel cartaceo che nell’elettronico; ci sono testi che non ne hanno bisogno, e di nuovo possono essere cartacei oppure elettronici. Non riconoscere questa possibilità significa fare di tutta l’erba un fascio e ghettizzare gli stili di scrittura.
Infine – e qui scusate, ma mi sento punto sul vivo – Giunta si lamenta perché oggi si pensa che «saper scrivere decentemente, alla fine, non è così importante. Lo era senz’altro nell’Epoca della Scarsità, quando coloro che avevano accesso alla sfera pubblica erano pochi, e soprattutto quando il sapere tecnico-scientifico era percepito come meno rilevante rispetto a quella infarinatura umanistica che dava accesso alle professioni di prestigio sia nel settore pubblico sia in quello privato, un’infarinatura della quale il saper scrivere non bene, magari, ma “elegante” costituiva una parte non secondaria». (Per onestà intellettuale, alla frase segue una parentesi in cui si lamenta anche di quella infarinatura, che portava all’«atrocissimo bellettrismo italiano». Avete appena visto un esempio di crocianesimo nascosto, apparentemente stemperato da quell'”era percepito” ma che in realtà rimane lì bello saldo. Chi è che dice che nel sapere tecnico-scientifico non si debba scrivere bene? Banalmente, se si scrive male la conoscenza è più difficile da trasmettere. Possiamo e dovremo lamentarci che nei corsi di laurea scientifici non ci sia un esame di Comunicazione efficace: questa sì che sarebbe una battaglia da fare. Ma si direbbe che la guerra è già data per persa, persino dal campo umanista. Allegria.
Aggiornamento: (16 febbraio) Devo ritirare la mia accusa di crocianesimo nascosto nei confronti di Giunta. Leggendo questa sua recensione, riconosco che quello non è il suo pensiero.
Ultimo aggiornamento: 2017-02-16 21:35