Archivi categoria: pipponi

Libri distillati

Con la scusa delle vacanze di Natale, forse è passato sotto silenzio l’arrivo in edicola dei “Distillati”, una collana mensile di libri edita da Centauria che all’irrisorio prezzo di 3 euro e novanta centesimi ti promette di «goderti il meglio della narrativa italiana e internazionale in meno della metà delle pagine dell’originale, ma senza perderti nulla». Ne ha parlato anche Corriere

I vecchietti come me ricorderanno sicuramente i “romanzi condensati” di Selezione dal Reader’s Digest, che erano costruiti allo stesso modo: si prendeva un malloppone e si tagliavano le scene “non interessanti” per ridurre le sue dimensioni a un numero di pagine accettabile. (Occhei, in realtà i libri di Selezione erano comunque mallopponi perché ne infilavano quattro in un singolo volume, ma non stiamo a sindacare troppo). Centauria fa esattamente la stessa cosa, probabilmente favorita dal fatto che sembra che ci sia una tendenza ad allungare i testi: libri da 500-600 pagine non sono certo rari, e non tutti sono bravi nella lettura veloce. Da ragazzo ne avevo anche letto qualcuno, e non me ne vergogno mica. Ma in generale il mio giudizio, a differenza di quello che mi pare profilarsi su Goodreads, non è poi così negativo. Non mi pare che si stia parlando di classici, ma di narrativa fondamentalmente di consumo. Se uno vuole consumare di meno, perché non dovrebbe poterlo fare? Quanto ai tagli che andrebbero contro la creazione dell’autore, posso dire che il mio contratto per Codice per Matematica in pausa caffè prevede la cessione dei «diritti antologici e di condensazione» (anche se vi voglio vedere a condensare quello che scrivo…), ma uno scrittore di bestseller probabilmente ha (giustamente) maggior forza contrattuale, quindi è improbabile che l’operazione sia fatta contro la sua volontà. In definitiva, se qualcuno compra e legge quei libri buon per loro, semplicemente non regalatemeli :-)

Ultimo aggiornamento: 2016-01-07 10:44

Charlie Hebdo ha perso

La copertina del numero di Charlie Hebdo nell’anniversario dell’attentato che ha decimato la sua redazione mostra un Dio (cristiano) con un mitra a tracolla, e il testo “Dopo un anno, l’assassino è ancora in libertà”.

A me del fatto che le vignette siano blasfeme non importa un tubo. Quella è sempre stata la linea del settimanale, io mi limito a non comprarlo. D’altra parte immaginare che Dio se la prenda perché un essere umano lo nomini invano è come immaginare che una persona se la prenda per quello che fa una formica. Se la vignetta avesse avuto disegnata la loro solita troika prelato-rabbino-imam, con magari la classica nuvola tonante per indicare la divinità che è per tutti unica ma allo stesso tempo diversa, non avrei battuto ciglio. Così però, almeno dal mio punto di vista, hanno dimostrato di avere paura dei fondamentalisti islamici. Paura certamente comprensibile, ma che ben poco si accorda con la linea editoriale di satira dissacrante verso tutto e tutti.

Ultimo aggiornamento: 2016-01-05 11:49

L’uso dei sottopancia

Del minuto di anticipo nel festeggiare il Capodanno interessa a pochi. Della bestemmia apparsa nel sottopancia dove la gggente faceva gli auguri di buon anno al modico prezzo di cinquantun centesimi per SMS invece si interessano in molti, a quanto pare. Probabilmente il software che faceva uno screening preliminare dei messaggi è stato fregato dalla grafia “Diooooo”, e l’essere umano preposto al secondo controllo – e adesso a quanto pare sotto inchiesta interna Rai – ha visto che il messaggio cominciava con “Buon anno a tutti” e non ha letto il resto.

Quello che io mi chiedo però è – come capita spesso – un’altra cosa. Stiamo parlando di Raiuno, non di Teleroccacannuccia. Che bisogno c’era di fare un sottopancia che mostrasse gli auguri della gggente? A quale dirigente Rai è venuta questa bellissima idea? (Tra l’altro ho oziosamente guardato un po’ di questi auguri controllando quando indicavano la città di spedizione. Prima di trovare l’iconica casalinga di Voghera – occhei, non so se fosse davvero una casalinga – è passata una quindicina di messaggi da città meridionali. Il mio test non è certo statisticamente valido ma sicuramente interessante…)

Ultimo aggiornamento: 2016-01-02 20:22

Il minuto rubato da Raiuno

Qui non ho con me orologi radiocontrollati, e non essendo certerrimo della sincronizzazione del mio orologio abbiamo pensato di accendere la TV per brindare a mezzanotte. (Non mi sono messo a fare il pippone ad Anna spiegandole che gli algoritmi di compressione dati per il segnale del digitale terrestre introducono da due a quattro secondi di ritardo :-) )
A mezzanotte meno sei minuti tutto ok: il mio orologio era sballato di un paio di secondi. Poi vedo in sovraimpressione “-2:58”, guardo il mio orologio e vedo che segna le 23:56 e qualche secondo. A Matera si erano mangiati un minuto. Dopo mezzanotte (o erano le 23.59?) posto un commento dubitativo su Facebook e vedo che il mio amico Stefano Costa aveva scritto la stessa cosa – lui aveva quantificato l’anticipo in 45 secondi. Poi nei commenti un mio ex collega conferma anche l’avanzamento dell’orologio di Raiuno.
L’unica ipotesi che mi viene in mente è che alla RAI abbiano voluto fregare sul tempo :-) Canale5, un po’ come nella scena dei film di Peppone e don Camillo. Certo che in ogni caso siamo messi molto male…

Ultimo aggiornamento: 2016-01-01 09:06

La maledizione delle tastiere virtuali

Come iniziare il 2016 di questo blog, se non con un pippone?
In questi giorni sto usando un tablet (da 10 pollici, quindi senza problemi di “ditoni”) per scrivere le notiziole in diretta: le recensioni sono precotte. I miei ventun lettori sanno bene che io non sono un logorroico: i miei post sono di solito relativamente brevi e scritti di getto, anche se ci ho pensato su parecchio prima di scriverli. Mentre però quando sono alla tastiera di un PC li posso buttare giù in cinque-dieci minuti, qui mi ci vuole il doppio se non il triplo del tempo. Motivo? La tastiera virtuale. Secondo me è un’invenzione del demonio. Passi per scrivere una decina di parole al massimo: al più l’autocompletamento ti fa uscire qualcosa di assurdo (mi capita spesso sui socialcosi). Ma su un testo appena più lungo scrivere è per me una sofferenza continua. Le dita sulla tastiera riescono più o meno a star dietro ai miei pensieri, anche perché non guardo la tastiera; qua invece la mia già non eccellente attenzione è divisa tra scrittura, rilettura e idee e il risultato finale è che perdo il filo del discorso. Inutile dire che non tento neppure di scrivere qualcosa di più complicato per il Post o su Medium.
Ho provato a usare una tastiera Bluetooth, ma è comunque troppo lenta oltre che scomoda. Del riconoscimento vocale non mi fido :) Insomma dovrò continuare a mugugnare…

La colpa dell’inquinamento

Nei commenti alla copia su Facebook di questo mio post sul blocco delle auto a Milano mi è stato contestato che il (relativo) calo dei valori di PM10 milanesi lunedì scorso non era dovuto al blocco ma al fatto che molti se ne erano andati fuori città e quindi c’erano meno impianti di riscaldamento accesi. Visto l’imprevisto picco di martedì, presumo che ora affermeranno che sono tutti rientrati a casa (prima delle 10 o dopo le 16), per riandarsene subito via, almeno a quanto affermano i dati preliminari di ieri (mentre scrivo, sono disponibili solo quelli di una centralina su tre); o più probabilmente risponderebbero che questa è la prova che le auto non contano nulla.

La risposta più corretta è probabilmente “it’s complicated”. C’è un’estrema variabilità giornaliera, dovuta immagino alle microcondizioni meteo, e ci sono molti effetti concomitanti. Boris Limpopo ha segnalato questo interessante post che dai (pochi) dati a disposizione mostra come l’inquinamento causato dalle auto è in costante calo, ma sta crescendo quello dovuto alle attività umane tra cui il riscaldamento. Il killer non è però il gasolio, il cui contributo è in calo, quanto le biomasse: legna e pellet. In città il contributo è simile a quello dovuto al traffico; fuori città i vantaggi di avere poche auto sono vanificati dall’aumento dell’uso di quei combustibili.

In pratica insomma tutto fa brodo: un (vero) blocco in città non è una panacea ma aiuta, bisogna però prendere anche provvedimenti (non ho idea quali) per ridurre i fumi prodotti dalle biomasse. Poi, essendo la pianura padana quel che l’è, si può sempre pensare a spianare il Turchino.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-31 10:02

Fare i conti con i morti

Qualche giorno fa è stato reso noto che il numero di morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 era cresciuto dell’11% rispetto all’anno scorso. Ci avevo anche fatto una delle mie battute che non fanno ridere. I politici delle opposizioni hanno subito attaccato il governo, spiegandoci che l’inquinamento di queste ultime settimane ha avuto effetti così perversi che sono addirittura tornati indietro nel tempo: ma date le loro tipiche conoscenze scientifiche, non c’è poi molto da stupirsi.

Per fortuna che c’è chi, come il direttore di Le Scienze Marco Cattaneo, invece che fare proclami cerca ulteriori dati. Il Direttore ha recuperato i dati di mortalità degli ultimi quattro anni divisi per mese e ha segnalato, con l’aiuto di altri lettori ragionanti (ciao, Peppe!) alcune possibilità che vengono alla mente e che dovrebbero venire investigate: l’ondata di caldo del luglio 2015, peggiore di quella del 2012 ma meno pubblicizzata dai media; il calo delle vaccinazioni antinfluenzali nell’inverno scorso; la nuova normativa sulla notifica dei decessi; infine le fluttuazioni statistiche che nel 2013 e 2014 avevano fatto ridurre il numero di decessi. (Per favore, leggete l’articolo e i commenti, sono entrambi istruttivi ciascuno a modo suo)

Quali insegnamenti si possono trarre da questa storia? Parecchi. Innanzitutto, se si hanno troppo pochi dati (il numero totale di morti in un anno) non si può ricavare molto: i dati mensili hanno permesso di fare nuove ipotesi. (Ma attenzione a non esagerare: i Big Data sono tutta un’altra cosa e necessitano di un approccio completamente diverso!) Inoltre bisogna tenere a mente che – a differenza dei problemi che vengono dati da risolvere a scuola – nella vita reale la risposta è raramente unica: sono molte le cause, non necessariamente correlate, che concorrono a formare il risultato. Poi le fluttuazioni statistiche che sono sempre neglette hanno invece la loro importanza, anche se sempre come concausa. Infine, è questa è la cosa più importante, fare ipotesi è facile ma poi, come del resto Cattaneo sottolinea, bisogna anche verificarle.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-29 18:09

basta con questo Sol Invictus

Non ho ben capito perché, ma quest’anno il numero di persone che si sono premurate di far sapere al mondo – o almeno ai loro contatti – che il Natale non è altro che la festa del Sol Invictus (per celebrare il solstizio di inverno) riciclata per farla dimenticare. Beh, non vedo tutto quel grande problema: tanto il Natale sarebbe comunque stato festeggiato dai cristiani, anche se in un altro giorno.

D’altra parte anche il Sol Invictus è stato reso ufficiale nel 274, e immagino che quella festa fosse stata anch’essa riciclata. D’altra parte, tutte quelle feste sono poste in corrispondenza di una data dal significato simbolico: probabilmente quello del Natale deriva dalla scelta del 25 marzo come data dell’Annunciazione, il quale a sua volta dovrebbe derivare dal 14 di Nisan (cioè il giorno di Pasqua) ebraico, che finalmente è il giorno in cui c’è la prima luna piena di primavera. In definitiva, il percorso della Terra intorno al sole c’entra sì, ma bisogna guardare a un equinozio e non a un solstizio.

Volete festeggiare il Sol Invictus? Fatelo pure. Ricordatevi però che nell’anno in cui è stato formalizzato nell’impero Romano il solstizio si era già spostato di tre giorni: quindi se lo festeggiate il 25 dicembre state commettendo un falso storico. E ricordatevi anche che state diventando conformisti.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-25 21:11