Il Covid si è preso anche il mio ex collega Gianni Stano.
Dovete sapere che quando nel 1986 sono entrato in Cselt, prima come stagista e poi come ricercatore, il centro ricerche dell’allora SIP stava appena cominciando ad assumere solo laureati. Negli anni passati c’era stato soprattutto bisogno di tecnici e periti, anche perché il nostro era un microcosmo: per dire, c’era la camera pulita per costruire i chip, ma anche un’officina meccanica e una stamperia… Gianni – anzi “capo Stano”, come lo chiamavo sempre – era uno di questi, e nella sua vita aveva fatto di tutto. Sono andato con lui in giro per mezza Italia a registrare voci di persone diverse per addestrare i riconoscitori vocali di allora, e nelle pause mi aveva raccontato mille storie. Era stato collaboratore di una delle “radio pirate” prima della liberalizzazione (si chiamava Radio Torino Nordovest per confondere le acque, visto che trasmetteva dal nordest della città…); se in un bar trovava il gestore che si lamentava che nessuno venisse a riparare il telefono, si presentava come dipendente SIP, chiedeva con tutta serietà i dati… e poi ritornava qualche giorno dopo per prendersi il merito dell’intervento che era solo leggermente in ritardo; era stato convocato dall’allora direttore dello Cselt perché gli installasse un’antenna a casa sua, ed era molto arrabbiato perché lui gli aveva promesso una gratifica mai arrivata; del resto fu lui a portarmi in cima alla torre dello Cselt, cosa che sarebbe stata vietata a chi non era del gruppo di radio. Ma a parte tutto questo era anche un bravissimo pizzaiolo: siamo stati più volte a casa sua a San Raffaele Cimena a mangiare, bere e cantare…
Negli ultimi anni aveva dovuto sottoporsi spesso ad angioplastiche, ma non mi aspettavo proprio che non avrei più potuto fare la scappata a casa sua che ormai rimandavo da troppo tempo.