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Filippo Azimonti

Sabato mattina la rassegna stampa di Radio Popolare era stata condotta da Natalia Milazzo. Toh, ho pensato, come mai non c’è Filippo Azimonti? Poi ieri ho visto uno status di Massimo Chierici (ma non ho cliccato il link con l’articolo su Repubblica Milano, quindi non avevo ancora la certezza.

Leggevo ogni tanto la sua rubrica “cinquant’anni fa” sulla prima pagina di Repubblica Milano, ma sentivo soprattutto la sua voce la mattina. Mi mancherà.

Ultimo aggiornamento: 2015-01-28 12:51

Joe Cocker

Non so se sia vero che sia morto per cancro ai polmoni (la BBC non specifica, almeno mentre sto scrivendo) ma nessuno si stupirebbe troppo della cosa. Chi ha qualche anno meno di me si ricorderà di 9 settimane e mezzo e “You Can Leave Your Hat On”, ma per la mia generazione il gassista dello Yorkshire è indissolubilmente legato alle sue cover delle canzoni dei Beatles, partendo naturalmente da “With a Little Help from My Friends” che semplicemente rivoltò (e non sto scherzando: per dire, Ringo la canta in 4/4 mentre Cocker la cantava in 3/4, quello che teoricamente è un tempo di valzer…) Leggende metropolitane affermano che ai tempi avrebbe voluto fare una cover di “Oh Darling!” ma Paul, timoroso che la sua versione soul venisse messa in secondo piano, gli lasciò un mezzo brano come “She Came in Through the Bathroom Window”, con questo risultato. Cocker è stato uno dei pochissimi a fare cover beatlesiane paragonabili agli originali, e chi sa quanto io sia beatlesiano dentro può immaginare quanto io stimassi il suo stile.

Ultimo aggiornamento: 2014-12-22 20:57

Cotton

Quando venerdì mattina Niccolò mi ha telefonato per dirmi che era morto, sono solo riuscito a dire “COSA?” Avevo scambiato mail con lui ancora pochi giorni prima. Cotton aveva segnalato che aveva scritto a Repubblica dicendo che l’articolo del 4 ottobre di Repubblica su Di Vaio era “casualmente” copiato dalla voce su Wikipedia ed era semplicemente stato aggiunto un ipocrita ©Riproduzione riservata, e lui aveva scritto alla redazione per chiedere una correzione. La settimana dopo gli avevo chiesto se gli avevano risposto, e lui mi disse di no, anche se altre volte aveva avuto un feedback. Ancora il giorno prima che morisse aveva causticamente commentato sul fatto che finalmente si era riusciti a spostare le firme per la gestione del conto corrente di Wikimedia Italia; lui era stato infatti tesoriere dell’associazione per cinque anni, ad aprile aveva deciso di lasciare la mano a forze più fresche (si fa per dire, aveva 43 anni), ma aveva continuato ad operare per l’associazione, oltre che per Wikipedia: per dire, è vero che io non sono un grandissimo contributore, ma lui deve aver fatto cinque volte il numero di modifiche che ho fatto io.

Ci sono poi cose strane: conoscevo Alessio, ci siamo visti più volte, ma io non sapevo neppure quale fosse il suo lavoro. Lui probabilmente non ne parlava se non glielo chiedevi, io che sono un orso non chiedo mai nulla, e siamo rimasti così, anche se appunto lui non era una serie di parole dall’altra parte dello schermo, ma una persona in carne (parecchia…) e ossa. Wikipedia è un’enciclopedia, certo; ma prima di essere un’enciclopedia è un insieme di persone che hanno un’idea di cosa debba essere un’enciclopedia – generalmente idee diverse tra di loro, penserete mica ci sia sempre l’unanimità? – e soprattutto vuole contribuire fattivamente per migliorarla sempre più. Tra tutte queste persone ce n’è poi un gruppo ristretto che vi dedica gran parte del suo tempo: sono pochissime, per l’edizione in italiano saranno al massimo qualche decina. Alessio è stato parte di questo gruppo, e per noi lo è ancora. E scusatemi se non riesco a dire le cose che vorrei, e se ho scelto di aspettare a scrivere queste parole dopo i funerali: non è per nulla facile, e non riesco nemmeno a pensare ai suoi genitori.

Ettore Borzacchini

Sapevo che il suo era un nome d’arte, ma sapevo perfettamente chi era, come penso la maggior parte delle persone che abbia avuto tra le mani un numero del Vernacoliere. Il modo serissimo con cui spiegava le più incredibili espressioni labroniche mostrava la sua cultura: per me era una lettura obbligata, anche se delle frasi in livornese mi importava il giusto e l’onesto…

Ultimo aggiornamento: 2014-09-07 19:43

Robin Williams

Per me Robin Williams è sempre stato Mork, il buffo alieno protagonista della serie di telefilm Mork e Mindy. (Occhei, ai tempi magari ero più interessato a Mindy, ma soprassediamo). Ovviamente so bene tutti i film che ha fatto in seguito, ma non essendo un amante del cinema non garantisco di averne visti nemmeno la metà (e per quanto lui fosse stato bravo, L’attimo fuggente è un po’ una palla, diciamocelo).

Non sono capace a fare chissà quali analisi sociologiche sulla possibilità di cadere in depressione per qualcuno che per mestiere fa ridere la gente: resta semplicemente la tristezza, perché è come se i sorrisi che mi faceva fare fossero stati persi da lui. (E non rompete con la storia che gli davano tanti soldi per farci sorridere: si danno tanti soldi a tante persone che ci fanno solo piangere)

Ultimo aggiornamento: 2014-08-12 16:59

Giorgio Faletti

Giorgio Faletti perse molto della mia considerazione quando iniziò a fare il testimonial contro la pirateria, con argomenti ancora più farlocchi del solito. E già ai tempi di Emilio mi aveva dato l’idea di non essere esattamente uno di compagnia, più o meno come Teo Teocoli insomma.
Detto tutto questo, ho ammirato moltissimo Faletti come “uomo rinascimentale”. Ha fatto davvero di tutto. Ho scoperto oggi che per esempio ha corso un Rally di Sanremo (da pilota, mica da navigatore!). Certo, direte voi, se uno è famoso non ha mica problemi a fare queste cose. Certo, rispondo io, aveva sicuramente più possibilità di quante ne abbia io. Ma quanti sono i personaggi famosi che queste possibilità le mettono in pratica, con risultati tutto sommato decenti? (Certo, Io uccido è un polpettone, non entrerà nella storia della letteratura nemmeno come zeppa. Ma è un polpettone fatto bene. Lo stesso per Minchia signor tenente, che a me come canzone non piace ma ha il suo perché). Non vedo perché bisognerebbe negarlo.

Ultimo aggiornamento: 2014-07-04 23:06

Giancarlo Livraghi

Un vecchio aforisma afferma che su Internet non puoi mai sapere se dall’altra parte dello schermo c’è un cane. Ovviamente è una palla, non ci vuole molto a capire se e come vale la pena di avere a che fare con l’interlocutore (nel caso di un cane, puoi sempre lanciargli una palla e mandarlo a riprenderla). Ma qualcosa di vero c’è: io per esempio non sapevo affatto che Giancarlo Livraghi (morto sabato scorso) fosse della classe 1927. La cosa non è così strana: in genere nelle mie interazioni in rete mi limito a guardare il contenuto, e non vado a cercare informazioni sulla persona.
Non ho avuto tantissime interazioni con Livraghi, anche se grazie ad Andrea ho letto il suo Il potere della stupidità; ho però avuto interazioni per tre decenni. Aveva certo il suo bel caratterino, ma era comunque piacevole leggerlo, soprattutto poi pensando a quello che si legge tipicamente oggidì… cani o non cani.

Ultimo aggiornamento: 2014-02-26 11:14

Freak Antoni

A me gli Elii piacciono molto. Credo tra l’altro che siano tra i migliori musicisti sulla scena italiana, anche perché per suonare quello che suonano bisogna essere cazzuti. Ma ho sempre pensato che non sarebbero potuti esserci se prima non avessimo avuto gli Skiantos.
Intendiamoci: il rock demenziale in Italia ha una storia più che cinquantennale: non ero ancora nato quando Clem Sacco cantava “Oh mamma voglio l’uovo alla coque” e Ghigo Agosti “Coccinella”. Ma gli Skiantos – e più precisamente Roberto “Freak” Antoni che ne era stato il motore – l’avevano portato al top, con quelle che oggi potremmo definire “performance interattive” ma allora erano semplicemente cose mai viste. D’altra parte, versi immortali come “Mi piaccion le sbarbine (yeh yeh yeh) / quelle alte un metro e ottanta (yeh yeh yeh) / quelle basse uno e cinquanta (yeh yeh yeh)” fanno capire che nulla è da prendere sul serio, come anche mostrato dal suo primo libro: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti (seguirà dibattito)”. Freak Antoni doveva essere una persona serissima, perché solo uno così poteva tirare fuori certe dissociazioni logiche. Ebbene sì: non c’era gusto in Italia ad essere Freak Antoni, e vi risparmio il dibattito.

Ultimo aggiornamento: 2014-02-12 12:15