Non state a leggere il Corsera, che ha ficcato alla rinfusa tutto quello che ha trovato senza nemmeno verificare quando era stato raccolto (i libri della scienza del Discworld sono quattro, per esempio). L’unica cosa che probabilmente ha indovinato è quella che non dirà ufficialmente nessuno: che Sir Terry Pratchett si è suicidato. È vero che la BBC afferma che la sua morte è stata naturale: «I was told by the publishers his death was entirely natural and unassisted, even though he had said in the past he wanted to go at a time of his own choosing», ma permettetemi di dubitarne.
Io seppi dell’esistenza di Pratchett intorno al 1990, quando capii che di nuovi libri di Douglas Adams non ne avrei poi letti tanti (anche se DNA non fosse morto prematuramente, è noto che i suoi tempi di scrittura non erano esattamente rapidi), e nel newsgroup Usenet a lui dedicato qualcuno segnalò un altro scrittore inglese, anch’egli con un newsgroup a lui dedicato: alt.fan.pratchett, per l’appunto. In quei bei tempi lontani Pratchett stesso partecipava al gruppo che era molto vivace: è lì che nacque il nomignolo “Pterry” (la p iniziale è muta), che non c’entra con Eta Beta ma con la storia narrata in Pyramids. Negli anni ho poi continuato a leggere, non compulsivamente – per esempio non ho mai preso un’edizione rilegata, anche se con le offerte Amazon veniva a costare come il paperback l’anno dopo – ma continuativamente pur se con un po’ di ritardo: per esempio non ho ancora iniziato Raising Steam, anche se ho comprato il paperback a novembre. Naturalmente ho seguito anche i resoconti della sua forma di Alzheimer precoce, una vera e propria nemesi per una persona che era così brava a far dire alle parole quello che voleva lui. Che la terra gli sia lieve.
(la foto è del 2007, quando Terry venne in Italia per un breve ciclo di incontri: ne parlai qui)
Ultimo aggiornamento: 2015-03-12 20:18