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Gianfranco Bianco

Se non siete piemontesi, non potete capire Gianfranco Bianco, morto stanotte. Per non so quanti anni (decenni?) è stato il giornalista principale nella redazione piemontese del Tg3: alle 19:35 era sempre sul pezzo. Pensate al presenzialismo di Mentana – per esempio mi ricordo durante l’alluvione del 2000 faceva i suoi interventi dal parapetto di un ponte sulla Dora, oppure per i dieci giorni prima del tradizionale concerto di Ferragosto a 3000 e passa metri di altezza faceva la spola su e giù per il cuneese. Pensate al classico riserbo sabaudo, che evidentemente è l’opposto del presenzialismo. Eppure Gianfranco Bianco riusciva a mettere insieme le due cose. Non so come dirlo: lo pensavamo un po’ come una macchietta, ma gli volevamo tutti bene (quasi tutti, la sua voce su Wikipedia era stata cancellata per non enciclopedicità…). Qualche anno fa, quando mi sono accorto che non presentava più il Tg regionale, avevo sentito dire che stava male, ma il riserbo di cui sopra aveva coperto praticamente tutto. Riposi in pace.

Ultimo aggiornamento: 2016-06-29 09:47

Giorgio Giunchi

A metà degli anni ’90, quando la maggior parte di chi mi legge non sapeva nemmeno che esistesse Internet o al più aveva appena scoperto Video OnLine, c’era un gruppetto di persone che scriveva le regole per decidere chi e come potesse registrare un nome a dominio in Italia. La maggior parte di queste persone, che formavano quella che pomposamente si definiva Naming Authority, erano gli Internet provider di allora, quelli che ben prima che la Sip prima e Telecom Italia poi si accorgesse delle comunicazioni in digitale lottavano per avere una costosissima linea dati; c’erano gli avvocati, che immaginavano le possibili dispute future; poi c’era il gruppo del CNR (che poi si è presa tutta la gestione) che faceva le registrazioni effettive dei dominii, avendo la gestione di .it; ma c’erano anche membri parecchio improbabili. Tanto per dire, c’ero io, che tecnicamente ero Telecom Italia (anzi Cselt, che ai tempi era un’azienda separata) ma ho sempre fatto il battitore libero; c’era Marco d’Itri, ai tempi adolescente; e c’era Giorgio Giunchi.

Anche Giorgio era un outsider in quel consesso: era un maestro elementare di Chiari prossimo alla pensione, ma era interessatissimo a tutto quello che formava la storia della rete in Italia. Logorroico, scriveva papiri con metafore su metafore che ogni tanto mi erano del tutto incomprensibili, tanto che gli scrivevo in privato per avere un’esegesi del suo pensiero. Ma soprattutto era un catalogatore indefesso. Il suo sito cctld.it (il nome non era una stringa a caso… sta per Country Code Top Level Domain .it) è una raccolta dei primordi dell’informatica in Italia e all’estero, con ricordi e interviste che aveva pazientemente recuperato negli anni: una risorsa fondamentale per chi vuole sentire le parole di chi c’era davvero, e non di chi spadroneggia ovunque. Ci mancherai.

Ultimo aggiornamento: 2016-06-19 22:37

Marco Pannella

A me Giacinto Pannella detto Marco (che non aveva mai voluto che lo si chiamasse con il nome del prozio prete) non ha mai detto molto. Il problema non erano le sue idee, ovviamente: il mondo è pieno di gente con idee ben diverse dalle mie con le quali non ho problemi a interagire, ed è anche pieno di gente con idee in teoria simili alle mie ma che non sopporto. Il problema è che a me Pannella ha sempre dato l’impressione di essere più interessato all’autopromozione che ai diritti: questi ultimi servivano solo in quanto gli permettevano la prima. Pensate a tutte le reincarnazioni del partito radicale, dove non appena c’era qualcuno che alzava un po’ la testa veniva subito fatto fuori: Grillo non ha inventato proprio nulla. Pensate ai digiuni che andavano avanti a cappuccini molto zuccherati. Pensate alla legge sul divorzio, che notoriamente è di Fortuna e Baslini, mica di Pannella. Pensate a come ha rovinato l’istituto dei referendum. Forse l’unica sua vera azione per i diritti è stata il referendum farlocco sull’aborto (quello della scheda arancione, che lo liberalizzava), che ha spinto la chiesa cattolica a raccogliere in fretta e furia le firme per il controreferendum: ecco, quella è stata probabilmente un’ottima sua mossa strategica non a favore di Pannella Giacinto detto Marco.
(vabbè, qualcuno doveva dirlo, tanto vale che lo faccia io)

Ultimo aggiornamento: 2016-05-19 16:02

Solomon Golomb

Domenica primo maggio è morto Solomon Golomb. Sono abbastanza certo che molti dei miei ventun lettori l’avevano sentito nominare, essendo stato citato molte volte nei libri di Martin Gardner. La sua idea più nota è stata quella dei pentamini, i dodici pezzi distinti che si possono formare unendo cinque quadratini per i lati. Essendo Golomb anche un oculato amministratore, il termine “Pentomino” è stato tra l’altro da lui registrato negli USA. Ma Golomb ha anche ideato i righelli di Golomb, che servono per misurare distanze intere con il minor numero di tacche disegnate su di essi – e se vi sembra una cosa inutile, provate a costruire un array di ricevitori di onde radio che testino frequenze multiple di una frequenza data, cercando di risparmiare sui ricevitori.
Trovate altre notizie su di lui sul sito della John Hopkins University.

Ultimo aggiornamento: 2016-05-06 14:50

Gianni Degli Antoni

Ho incontrato Gianni Degli Antoni (gda per tutti) una sola volta, a Crema nel 2001. Nonostante non fosse certo un giovanotto, essendo nato nel 1935, era ancora una forza della natura.
L’informatica italiana ha avuto molti padri, e Degli Antoni è stato sicuramente uno di loro, portando l’informatica a Milano e contribuendo a fondare il dipartimento di Scienze dell’Informazione. Ma quello che non è facile capire guardando semplicemente le fonti scritte è la capacità che ha avuto di formare tantissimi studenti. Insegnare è relativamente facile. Formare non lo è per nulla.

Ultimo aggiornamento: 2016-04-12 20:51

Uso privato di blog privato

Io vivo a Milano ormai da quindici anni. Ma dal 1970 al 2001 (e saltuariamente ancora per un paio d’anni) ho abitato a Torino, in Borgata Lesna. Un microcosmo – chiuso tra ferrovia ed ex caserma ora centro di espulsione – dove tutti si conoscevano tra di loro e che sento ancora come mia casa. Potete immaginare come mi sono sentito ieri quando ho saputo che erano morte due persone che ho frequentato per decenni.
Carlo Oddone è stato il maestro elementare di mio fratello: ma considerando che anche mia madre insegnava all’Ottino e – pur non essendo nello stesso anno – collaboravano spesso per varie iniziative era una figura di casa da noi. Sempre tranquillo, una persona affidabilissima e generosa.
Adriano Bulgarelli è stato il mio medico della mutua per anni, anche dopo che mi ero trasferito a Milano: e le volte in cui mi capitava di passare in settimana a Torino non mancavo comunque di fare un salto nello studio per salutarlo. Era una persona meravigliosa, sempre di ottimo umore nonostante tutte le traversie anche fisiche che gli erano capitate.
Che dire? Anche queste sono le radici che si stanno man mano seccando.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-13 19:22

George Martin

È un po’ ironico che la notizia della morte di sir George Martin (quello senza R.R. in mezzo, tanto per essere chiari) sia stata data da Ringo Starr. Quando Martin siglò il contratto discografico con i Beatles, infatti, la formazione vedeva ancora Pete Best alla batteria, e il produttore disse a John e Paul che il loro compagno poteva andare bene per i concerti live dove tanto non si sentiva nulla, ma non per le registrazioni. Il duo probabilmente non aspettava altro, fece fuori Best (la cui idea di suonare la batteria era “facciamo casino”) e recuperarono il loro amico Ringo… che però si trovò il posto fregato dal session man Andy White per registrare Love Me Do. Vabbè, poi si sono spiegati.
George Martin aveva bisogno dei Beatles: la sua carriera come capo produttore alla Parlophone era abbastanza traballante e c’era bisogno di una spinta. Ma i Beatles avevano bisogno di George Martin. Erano bravissimi a creare melodie ed armonie, ma questo non basta per avere un disco valido. Ci sono mille minuzie a cui fare attenzione. La magia è stata trovarsi e capirsi, come si è visto per il secondo singolo: Martin spingeva per How Do You Do, scritta da altri, il quartetto contropropose Please Please Me e alla sua stroncatura “quel brano non funziona” risposero rifacendolo da capo con i risultati che poi si videro. Non sembra, ma non è affatto facile trovare un rapporto di questo tipo.
Insomma, non so se possiamo chiamarlo “il quinto Beatle”, ma sicuramente è stato un personaggio chiave, che ha avuto una lunga e interessante vita e la cui morte ha reso un po’ più tristi tutti noi fan del quartetto di Liverpool.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-11 19:45

Umberto Eco

Per quelli della mia generazione Umberto Eco era un po’ come – absit iniuria verbis – Mike Bongiorno: una presenza continua in sottofondo, tanto che ritenevamo impossibile riuscire anche solo a pensare un mondo senza di loro.
Eco aveva una cultura incredibile, e io ho sempre considerato il suo inventarsi come romanziere come un divertissement: di strepitoso successo, ma comunque un modo per far vedere come era bravo. Da questo punto di vista, forse i Diari Minimi e le Bustine di Minerva lo dimostrano ancora di più. Come scrive il Post,

Eco voleva specializzarsi in tutte le discipline del sapere o almeno nel maggior numero possibile, non avendo paura di esprimersi sulla cultura in ogni sua forma, dalla televisione, al fumetto, dalla filosofia medievale alla letteratura contemporanea, dalle canzoni alla semiotica alla politica.

Io non ho letto chissà quanta roba di Eco, almeno per quanto riguarda la narrativa: a Il nome della rosa ci sono arrivato anni dopo la pubblicazione, poi ho saltato quasi tutto il resto della sua produzione di narrativa con un’unica eccezione. Mi è piaciuto davvero tanto La misteriosa fiamma della regina Loana, un’opera probabilmente minore e volutamente minore, visto che i veri protagonisti sono i fumetti tra le due guerre mondiali. E dite nulla.

Ma c’è un ma. Non è vero che Eco si volesse specializzare nel maggior numero di discipline possibili, e questo dovrebbe essere chiaro a tutti. No, non sto pensando alle sue invettive contro Internet, anche perché ne ho già parlato a iosa l’anno scorso. Diciamo che per quanto mi riguarda la sua analisi era ottima, ma le conclusioni no. (Ah, a proposito: lo sapevate che l’avevamo intervistato per Wikinews?) Il suo era il punto di vista dell’intellettuale che comprende perfettamente che la legge di Sturgeon è ottimista, ma non ha nessun interesse a fare in modo che le cose cambino – a meno naturalmente che non si considerino tutte le enciclopedie multimediali da lui firmate.

Il fatto è che Eco ha sempre snobbato tutta la parte della cultura scientifica. Non sto parlando della téchne: come accennavo sopra, quella per lui era un semplice strumento che usava tranquillamente, seppur con le sue idee. È proprio il resto che per lui non esisteva: in questo senso Eco è stato davvero l’ultimo crociano, con l’aggravante che proprio per la sua sterminata cultura umanistica in senso lato è stato la persona che da solo ha fatto più male di tutti all’idea che esista un’unica cultura. (No, chi parla delle due culture lo fa di solito per metterle in un ordine gerarchico. Non lasciatevi abbindolare). Ecco, questo non glielo potrò mai perdonare.

(p.s.: e se questo necrologio non vi piace, potete sempre andare da Leonardo che come ovvio prende le cose da un lato completamente diverso)

Ultimo aggiornamento: 2016-02-20 22:10