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BidPlaza

Niente roba mia questa volta, ma un ottimerrimo articolo segnalatomi da Marco d’Itri.
Non so se avete visto la pubblicità di BidPlaza.it, qualcosa tipo “la prima asta dove vince chi fa l’offerta più bassa”. Magari vi siete anche chiesti come può funzionare tutto il sistema (dal punto di vista di quelli di BidPlaza, intendo). Bene, silentman spiega tutto, ma proprio tutto. Per chi ha fretta, ecco qua l’executive summary.
Innanzitutto, non vince chi fa l’offerta più bassa ma chi tra le offerte uniche ha fatto quella più bassa, un po’ come quando si giocava a fiori frutti mari monti e si cancellavano le risposte uguali. In secondo luogo, tu i soldi della tua offerta i due euro per il privilegio di avere fatto un’offerta comunque li devi cacciare, anche se non hai vinto. Infine, gli esseri umani non sono capaci di scegliere dei numeri a caso.
Risultati pratici: BidPlaza ci guadagna qualcosa tipo il 1000%, sommando tante cifre piccole; se uno fa un’offerta è quasi certo che non vincerà; qualcuno al momento ha buone probabilità di vincita facendo tante offerte e scegliendo statisticamente quelle meno probabili.
Possibili sviluppi: più persone inizieranno a seguire la stessa logica, che quindi diventerà impraticabile. Lasciate pure perdere, insomma :-)

Ultimo aggiornamento: 2008-04-07 13:50

Mese della consapevolezza matematica

Le maggiori associazioni matematiche statunitensi (AMS, ASA, MAA, SIAM) ricordano che anche quest’anno aprile è il Mathematics Awareness Month. Non che sia la migliore delle scelte, dati tutti gli ormoni che salgono a mille, ma tant’è. Interessante il tema scelto quest’anno: “la matematica del voto”. Chissà se conoscono il Porcellum.
Come i miei lettori più attenti si sono di certo accorti, io mi ero portato avanti col lavoro in maniera serendipitica, proprio sul tema prescelto: garantisco che non l’avevo fatto apposta. È anche vero che a quanto pare tutti questi conti sembrano spaventare la gente, ma su quello mi sa che io ci possa fare poco: lamentatevi con Calderoli. D’altra parte sono in un momento propositivo, e quindi lancio due idee.
– per i lettori che con la matematica non vanno molto d’accordo ma sono così compulsivi da essere riusciti a leggere fino a qua: c’è qualche tema dove secondo voi potrebbe entrare la matematica e che vorreste raccontato dalla mia spumeggiante prosa? Il tema non deve essere necessariamente sulla matematica del voto, in fin dei conti ci sono tante altre cose.
– per le amiche, gli amici, i compagni e le compagne [1] che un blog ce l’hanno e che si dilettano di matematica: ma secondo voi ci riusciamo a fare un Carnevale della Matematica [2] in italiano? Raccogliere insomma non dico ogni due settimane, ma una volta al mese i post di tema matematico (da quelli più ricreativi a quelli didattici: credo che i post a livello universitario siano scritti direttamente in inglese, e quindi sarebbero fuori tema qua). Che ne pensate?
[1] Tra la correttezza politica e il mischione del PD ormai è difficile indirizzarsi alle persone…
[2] Letteralmente “carnival” è più “sagra, festa popolare”. Ma “sagra della matematica” è un po’ troppo persino per me!

Ultimo aggiornamento: 2008-04-02 10:04

Parole matematiche: frazione

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
Frazione è indubbiamente una parola latina, prestata solo in seguito alla matematica. Deriva infatti dal verbo “frangere”, che significa “rompere”: non per nulla un vetro infrangibile non si dovrebbe poter rompere. In italiano il termine è arrivato nel XIV secolo, presumibilmente per via ecclesiastica: tecnicamente, infatti, lo spezzare l’ostia nell’eucarestia è definita la frazione del pane, e addirittura la prima occorrenza latina di fractio è proprio in questo senso. Col tempo poi il significato è andato mutando, tanto che adesso si può parlare di una frazione dei partecipanti col significato di “una piccola parte”; il significato originario resta solo quando si “fraziona” un gruppo, o più spesso un partito politico, e in effetti si spezza l’unità precedente. Un altro esempio, un po’ meno allegro, è dato dalla “frattura” di una gamba.
Il termine entra in matematica nel 1606, per opera del solito Galileo. Non ci vuole molto a capire come gli sia venuta in mente l’idea: ancora adesso, quando si vuole spiegare ai bambini delle elementari cosa sono le frazioni, viene fatta vedere loro una torta, o una tavoletta di cioccolato, che viene rotta in tante parti. Più facile di così…
Il tutto lasciando da parte la frazione di un comune, che naturalmente mantiene il significato di “piccola parte” e non quella di “rottura del comune a causa degli attriti tra le persone che vivono ai lati opposti della strada principale del comune stesso” come potrebbe sembrare a prima vista!

Ultimo aggiornamento: 2008-03-29 07:33

ricordati che devi morire

Su God Plays Dice ho trovato un simpatico – magari dopo essersi toccati – quiz “matematico”. Se doveste stimare quante persone moriranno domani in tutto il pianeta, che numero sparereste?
Non vale cercare dati in giro né usare una calcolatrice. È gradito scrivere come è stata fatta la stima: la risposta può anche essere “a caso” :-)
La risposta la do più tardi nei commenti, anche se comunque è indicata nel post che ho linkato; posso però preannunciarvi che io ho sbagliato esagerando quasi di un fattore 3.

Ultimo aggiornamento: 2008-03-11 09:58

come vincere alla roulette

[ruota della roulette]La settimana scorsa sono stato a Sanremo, e pur di evitare il Festival della Canzone Italiana mi sono infilato nel Casinò. Arrivato alla sala con le roulette, ho pensato che per passare la serata senza annoiarmi troppo avrei potuto provare l’ebbrezza di fare una serie di puntate. Come probabilmente sapete, la roulette è fondamentalmente un disco diviso in 37 settori uguali, numerati da 0 a 36. Puntando su un numero singolo, se questo esce mi danno indietro trentasei volte quanto ho giocato, altrimenti nulla. Il banco statisticamente guadagna 1/37 dei soldi puntati, più o meno il 2.7%, come si può facilmente vedere immaginando che ci siano 37 giocatori che puntino ciascuno la stessa cifra su un diverso numero. Io ho un budget di 105 euro, e decido di fare 105 puntate successive da un euro ciascuna, sempre su un numero singolo scelto lanciando il generatore di numeri casuali del mio palmare. La domanda che vi faccio è la seguente: qual è la probabilità che io esca dal casinò con più soldi di quando sono entrato?
Beh, il racconto è naturalmente fittizio: non sono stato a Sanremo, e non sarei comunque andato al Casinò. Ma la domanda è seria, e la risposta è assolutamente controintuitiva: è più probabile che io esca con più soldi di quelli con cui ho iniziato. Non credete a tutti quelli che vi dicono che se si gioca abbastanza a lungo si perde tutto: o meglio, è vero, ma 105 giocate non sono abbastanza. Per dimostrarvelo, mi spiace ma devo farvi vedere un po’ di conti. Innanzitutto, è facile vedere che basta che io vinca tre volte per arrivare a possedere 108 euro, e quindi essere in vantaggio rispetto all’inizio. Facciamo ora i conti, anzi ve li faccio io perché sono sì una banale conseguenza del cosiddetto teorema binomiale, ma sono anche dei numeracci. La probabilità che io non vinca nemmeno una volta è (36/37)105, pari al 5.63%. La probabilità che io vinca una sola volta è 105 * (1/37) * (36/37)104, pari al 16.42%. La probabilità che io vinca due volte è (105*104/2) * (1/37)2 * (36/37)103, pari al 23.72%. La somma di tutte queste probabilità, arrotondata per eccesso, è il 45.8%; quello che resta, pari al 54.2%, è la probabilità che io vinca almeno tre volte. Persino sulla roulette americana, che aggiunge un secondo zero per assicurare guadagni ancora maggiori al banco, questa strategia farebbe tornare a casa con più soldi di quando si è partiti nel 52.4% dei casi.
Prima che vi fiondiate al più vicino casinò, però, vi consiglierei di continuare a leggere; non è infatti tutto oro quello che luccica. Naturalmente non vi ho fregato nel fare i conti, sarebbe stata una cattiveria gratuita. Garantisco che la probabilità che avrei avuto di uscire dal casinò con più soldi di quelli con cui ero entrato sarebbe stata del 54.2%. Il punto è che quella è la risposta giusta alla domanda sbagliata! Per dirla con altre parole, la domanda più naturale da farsi non è quella, ma “con quanti soldi uscirò in media dal casinò?” e la risposta a questa domanda è “con 102.16 euro circa”, avendone cioè persi 2 euro e 84 (un trentasettesimo dei soldi puntati). Bel paradosso, vero? Beh, a dire il vero no, non è poi una cosa così paradossale; ora cerco di spiegarlo nella maniera più semplice che mi riesca.
[sei morto!]Facciamo un esempio ben più drammatico, con la roulette sì ma quella russa. Abbiamo una pistola a sei colpi caricata con un proiettile, ruotiamo il caricatore, ce la puntiamo alla tempia e spariamo (nel senso di sparare, non di sparire…) Per evitare di sparare e poi spirare – a me piacciono i giochi di parole ma il sangue no – scelgo però una versione meno cruenta. La pistola non spara un vero proiettile, ma esce una bandierina con su scritto “BANG”. Il gioco funziona così: se la pistola spara a vuoto, il banco vi darà 10 euro; se però siete colpiti da un BANG, voi dovete pagare al banco stesso 1000 euro. In questo caso, se vi chiedessero se siete d’accordo a fare una partita alla roulette russa, immagino che con ogni probabilità direste di no: il rischio di perdere 1000 euro è ben maggiore dei dieci euro che guadagnereste. Però, se ci pensate un attimo, in fin dei conti ve ne tornate a casa cinque volte su sei con più soldi, no? E allora, perché mai non dovreste provarci? La stessa cosa accade nel caso delle 105 giocate alla roulette, anche se in effetti è più difficile da vedere intuitivamente. È vero che si vince più spesso di quanto si perde, ma nella maggior parte dei casi si vince molto poco, e tornare a casa con un gruzzoletto è un’eventualità così rara che possiamo tranquillamente trascurarla. Dall’altra parte, invece, ci sono delle possibilità non trascurabili di perdere buona parte, se non addirittura tutti, i nostri soldi. Facendo la media, è un po’ come se una persona riuscisse ad arrampicarsi per sei o sette volte di fila di un metro per volta, prima di scivolare in giù per dieci metri. Alla fine ci si scopre più in basso di prima, nonostante si salisse “quasi sempre”.
Restando su questo tipo di paradossi, eccovi un metodo che vi dà più del 99% di probabilità di uscire dal casinò con un guadagno… sempre che vogliate correre il rischio di perdere 127 euro. La tecnica è semplice, e assomiglia alla martingala (se non sapete cosa sia, wikipedia è la vostra amica). Entrate con 127 euro. Scegliete una “puntata semplice” (sono quelle rosso/nero, pari/dispari, manque/passe cioè “piccoli/grandi”), e puntate un euro. Se vincete, prendete la vostra vincita e scappate via. Se perdete, giocate due euro sempre su una puntata semplice. Se stavolta vincete, il vostro totale netto è in attivo di un euro: di nuovo, prendete e andatevene. Continuate così, raddoppiando ogni volta la posta, finché non vincete oppure, dopo la settima giocata, vi siete persi tutti i soldi, e avete capito che l’azzardo non fa per voi :-) Ma qual è la probabilità di essere così sfigati? Beh, se non ci fosse lo zero avreste esattamente 1/2 di probabilità di perdere a ogni giocata, quindi la probabilità di perdere sempre sarebbe 1/128. Lo zero favorisce il banco, quindi la probabilità di finire in bolletta cresce: però rimane solo di poco più dello 0.94%, il che significa che in più del 99% dei casi potrete dire ai vostri amici “Visto? Sono stato al casinò e ho vinto!”
Lo so, non bisognerebbe mai fare una morale, quindi leggete queste ultime righe come semplici consigli. Innanzitutto, non sbertucciate immediatamente quelli che dicono “io vinco spesso al casinò”: è possibile che abbiano effettivamente ragione. Ma soprattutto ricordatevi che non sempre la risposta giusta è quella alla domanda giusta…

Ultimo aggiornamento: 2008-03-04 10:22

Parole matematiche: derivata

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
Oggi, più che di derivata, si sente parlare di derivati: quei contratti finanziari il cui valore dipende dall’evoluzione di un altro valore. Detto così non significa molto, ma se ce lo traducessero in “se l’azione X cresce dell’1% allora guadagnerai il 10%, ma se l’azione cala dell’1% allora perderai il 10%” magari inizieremo a capire che operare sui derivati non è effettivamente una cosa così bella. Ma che c’entra tutto questo con la derivata, intesa come funzione che viene calcolata mediante dei procedimenti che sembrano tanto esoterici (mai come gli integrali, ammetto però)? Beh, la storia è lunga.
In latino esisteva già il verbo “derivare”, ma con un significato ben diverso. Il termine infatti deriva :-) da “rivus”, ruscello, e aveva il significato di “condurre le acque fuori da”. Questo significato è rimasto ancora oggi nella parola “derivazione”, anche se più che alle acque di un canale si pensa oggi all’aggiunta di un cavo elettrico. Dante usò il verbo con il valore di “avere origine”, ma già nel XVI secolo per Annibal Caro c’era il significato traslato di “trarre, dedurre”. Ed è effettivamente questo il significato che è passato in matematica… solo che all’inizio si parlava di funzioni derivate “in genere”, cioè funzioni che si ottenevano a partire da altre funzioni usando un operatore. Perché poi ci si sia limitati a chiamare così unicamente la funzione ottenuta con l’operatore di differenziazione… mi spiace, ma questa volta non sono riuscito a scoprire il perché. Oggi dev’essere una giornata non delle migliori. Mi sa che dovrà passare ancora un bel po’ d’acqua sotto i ponti (magari deviata…)
Da un certo punto di vista, però, il significato più vicino a quello etimologico resta quello dei prodotti finanziari: basta pensare come posono scorrerci via i soldi se ci mettiamo a giocare pericolosamente in borsa.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-15 15:07

parole matematiche: equazione

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
Le equazioni, nell’uso corrente, indicano qualche cosa di astruso, il simbolo stesso dell’incomprensibilità. Se uno “parla per equazioni”, significa infatti che sta cercando di fare in modo che a nessuno sia concesso di comprendere gli alti concetti che sta esprimendo… Forse, ma proprio forse, qualche iniziato potrà avere una pallida idea, ma senza esagerare. Secondo me tutto questo è nato perché la q e la z, due lettere dal suono duro e piuttosto rare in italiano come ben sa chi gioca a Scarabeo™, si coalizzano per far sì che esca fuori questo significato; senza contare naturalmente la paura che la matematica incute sempre al 97% della popolazione.
Eppure la radice latina della parola “equazione” è la stessa di “equo”, non naturalmente nel senso di cavallo (equus) ma di “giusto” (aequus). E in effetti le prime occorrenze in italiano di “equazione”, che risalgono addirittura al XIV secolo, hanno proprio il significato di “uguaglianza, pareggiamento”. Bisogna aspettare il 1712 perché Guido Grandi si prenda la parola e la porti nel mondo della matematica, con il significato appunto di uguaglianza. In effetti, se ci pensate bene, in un’equazione c’è un segno di uguale. Ancora nel diciannovesimo secolo, quando il termine entra anche nell’ambito della chimica, rimane in quel significato; è solo col passare degli anni che l’enfasi si sposta alla risoluzione, e quindi al trovare il valore dell’incognita o delle incognite ivi presenti… fino appunto ad arrivare all’incomprensibilità di cui scrivevo all’inizio!

Ultimo aggiornamento: 2008-02-07 13:09

parole matematiche: cardinale

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
I cardinali, intesi come gli alti prelati della chiesa cattolica, sono così comuni in Italia che penso chiunque abbia sentito nominare il termine. Magari però a molti di loro non è mai venuto in mente di scoprire da dove giunga questa parola, e men che meno immaginano che anche i matematici hanno i loro cardinali!
L’origine della parola è latina: cardus significa “appoggio, cardine”, proprio come quelli su cui una porta gira su se stessa. Poi, per un torinese come me, il cardo è la strada principale di un accampamento romano, assieme al decumano che gli è perpendicolare… ma qua andiamo un po’ fuori dal seminato. Quello che conta è che “cardinale” sta a significare come senso traslato “qualcosa di fondamentale”: i cattolici, oltre ai prìncipi della Chiesa, parlano anche di virtù cardinali – prudenza, fortezza, giustizia e temperanza, da non confondersi con fede, speranza e carità che sono virtù teologali – mentre i cartografi parlano di punti cardinali.
I matematici sono arrivati molto più tardi a sfruttare il nome: bisogna infatti aspettare la seconda metà del XIX secolo, quando sono iniziati tutti i dibattiti sui fondamenti della matematica e si è iniziato ad osservare piu attentamente i numeri naturali. Ci si è così accorti che da una parte i numeri potevano essere visti nel loro ordine appunto naturale (primo, secondo, terzo…), e hanno chiamato quei numeri ordinali; ma potevano anche essere visti ciascuno per conto proprio, guardando la loro grandezza. In questo caso, probabilmente, hanno ritenuto che questo fosse il concetto fondamentale, e così nel 1865 è entrato nel linguaggio matematico il termine “numero cardinale”. Poi è arrivato Georg Cantor, che ha deciso che i cardinali potevano anche essere infiniti, e quindi i cardinali intesi come numeri si sono espansi più dei cardinali intesi come prelati. Addirittura, una volta che i logici si sono fatti prendere la mano, sono nati concetti astrusi come quello dei cardinali inaccessibili, che possono esistere ma non si possono definire come limite di altri cardinali; insomma, qualcosa di evanescente, anche perché dipende da una serie di assiomi che si vuole accettare come veri. Un bel salto, a partire dal significato iniziale: non trovate?

Ultimo aggiornamento: 2007-12-12 12:09