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Un *pò di cultura

[po' si scrive con l'apostrofo!] Qualcuno mi ha segnalato la lettera che il direttore generale della Rai Mauro Masi ha scritto ad Aldo Grasso e che è stata pubblicata sul Corsera.
Nel testo della lettera, Masi scrive tra l’altro

La seconda è che le mie letture giovanili (cito solo per esempio e per pura passione personale il Conrad di «Lord Jim», il Mishima di «Confessioni di una maschera» e un pò tutto Dostoevskij) […]

il che significa che almeno uno tra Masi, Grasso e l’ignoto compositore del Corsera è convinto che po’ si scriva con l’accento e non con l’apostrofo. Purtroppo non ci è dato sapere chi dei tre :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-02-17 12:16

Un articolo insidia Internet

Ieri sul Corsera cartaceo è apparso questo articolo, a firma Paola Caruso (gli affezionati amici dei socialcosi probabilmente si ricordano di lei), con un’intervista al matematico americano Harvey Friedman. Abbiamo il tocco di colore, dove viene scritto che Friedman «il genio dei numeri entrato nel Guinness dei primati per essere diventato professore a Stanford a 18 anni, dopo la laurea e il Phd al Mit di Boston», e capisco la necessità di inserirle nell’articolo; anch’io avrei fatto la stessa cosa. Lo stesso vale per la chiusa, dove Friedman afferma «Una delle mie ambizioni è di usare gli assiomi di infinito nei software di manipolazione del suono per migliorare le esecuzioni live di pianoforte». Ripeto: queste cose in un articolo di un quotidiano le accetto. Ma poi c’è il resto…
Io sono laureato in matematica; occhei, le mie conoscenze sono arrugginite ma si suppone che almeno riesca a capire un articolo di un quotidiano che “spieghi” quali sono i campi di studio di un matematico. Al limite posso immaginare e accettare che il testo riporti una cruda semplificazione, anche se non corretta. Peccato che non sia riuscito a capire nulla di quanto scritto. Stamattina mi sono così ritagliato un attimo di tempo per cercare – su una risorsa certo non specialistica come Wikipedia in lingua inglese – di cosa si trattasse. Sono così riuscito a traslitterare l’enigmatica frase «teoremi che si svolgono usando i cosiddetti “assiomi di infinito” (insiemi molto grandi di numeri). Con questi assiomi ha risolto il teorema di Kruskal e aiutato la dimostrazione del teorema dei “minori di grafi”». I «grandi cardinali» non sono «un tipo particolare di assiomi di infinito», ma dei numeri infiniti così grandi anche rispetto agli altri numeri infiniti (e ce ne sono tanti, di numeri infiniti…) che non se ne può dimostrare l’esistenza usando le usuali regole matematiche, ma occorre un atto di fede, cioè – traducendo in linguaggio matematico – occorre aggiungere un assioma specifico che affermi che esiste un numero cardinale con quelle proprietà. I “minori di grafi” sono in realtà i “minori di un grafo”, vale a dire dei grafi che si ottengono da quello di partenza eliminando alcuni vertici e archi secondo regole ben precise. Friedman ha aiutato a dimostrare non tanto il teorema, quanto il fatto che ci sono modelli matematici usuali in cui non vale, anche se non serve tutta la potenza della matematica standard per dimostrarlo. Lo stesso per il teorema di Kruskal, che era già stato dimostrato in precedenza ma Friedman ha dimostrato non essere dimostrabile (scusate il gioco di parole) in certi casi particolari senza usare un modello matematico più potente. (Probabilmente lei sa dirvi qualcosa in più). In poche parole: Friedman lavora sulla logica matematica, e ha cercato di scoprire qual è il minimo numero di assiomi logici necessario per risolvere alcuni problemi sulla teoria dei grafi.
Poi si passa al problema P contro NP, senza assolutamente dare nemmeno un accenno su cosa sia, e limitandosi a catastrofiche previsioni sulla fine dell’Internette nel caso venisse risolto. Le parole di Friedman sono sensate: ammesso e non concesso che tecniche come le sue risolvano il problema, mi sa che siano non costruttive e quindi non si potrà automaticamente trovare un algoritmo “veloce” per craccare le tecniche crittografiche usate oggi. Non parliamo poi della banale considerazione che tra la teoria e la pratica corre spesso un oceano: se si dimostrasse che esistono algoritmi che non ci mettono un tempo esponenziale per terminare, ma poi scopriamo che ci vuole un tempo pari a n100 per un dato iniziale di grandezza n, l’informatico e il matematico sarebbero felicissimi ma il tizio della NSA che vorrebbe usare l’algoritmo per decrittare i messaggi segreti o più banalmente per trovare il nostro codice segreto del bancomat non se ne farebbe nulla.
Qual è la morale di tutto questo? che io, brontolone quale sono sempre, continuo a pensare che scrivere qualcosa senza sapere di che cosa si stia parlando è non solo inutile (se non per riempire qualche colonna del giornale) ma dannoso, perché il temerario che si dedica comunque alla lettura resterà con la netta impressione che la matematica sia qualcosa di assolutamente incomprensibile a priori. Qualcuno glielo potrebbe spiegare ai redattori dei quotidiani?

Ultimo aggiornamento: 2010-12-01 13:15

Titoli e traduzioni

In occasione della nuova edizione del capolavoro di Thomas Mann e del cambio di titolo, da La montagna incantata a La montagna magica (nota a latere: nel 1932 l’opera mozartiana Die Zauberflöte” era già nota come Il flauto magico: chissà perché questa scelta traduttoria…) Repubblica ha pensato bene di preparare un’infografica con una lista di libri e opere il cui titolo non è tradotto per nulla letteralmente.
Possiamo discutere sulle scelte: per quanto mi riguarda, “The Catcher in the Rye” non avrebbe avuto alcun senso tradotto letteralmente (e comunque il catcher è il ricevitore, non un semplice “giocatore di baseball”). Ma se fai una cosa del genere e metti le traduzioni letterali, magari potrebbe essere opportuno verificare che il mockingbird non è esattamente l’usignolo (che sarebbe stato il nightingale)… altrimenti qualche sorrisetto di compatimento spunterà immediatamente!

Ultimo aggiornamento: 2010-11-03 12:22

Opportunità linguistiche

Google metterà in rete una scansione dei rotoli del Mar Morto. Come il Corsera ci fa opportunamente sapere, «Per chi non conosce l’Aramaico antico, Google fornirà la traduzione a fronte della trascrizione dei testi originali.».
Io capisco un errore di battitura, come il «manadati on line» qualche riga sotto. Ma chi ha composto quell’articolo ha letto la frase qui sopra? O è un cultore delle lingue semitiche morte e quindi non si capacita nemmeno che qualcuno possa avere dei problemi a leggere l’aramaico antico?

Ultimo aggiornamento: 2010-10-20 14:35

Offrite al Corsera un GPS!

Il Corriere della Sera è un giornale con sede a Milano. Oggi il dorso milanese, tra gli articoli sull’esondazione del Seveso e il caos che ne sta seguendo, ha aggiunto una foto con didascalia “Migliaia di automobilisti sono rimasti intrappolati, ieri, in viale Fulvio Testi e viale Zara”.
Bene: la foto mostra l’incrocio tra viale Lunigiana e via Melchiorre Gioia: distanza da viale Zara 1,1 km, distanza dalla sede del giornale in via Solferino 2,3 km. Mi sfugge la logica di fare una foto in un punto che non c’entra un tubo con quanto aggiunto in didascalia, e non riesco a capire come sia possibile che nessuno se ne sia accorto (o peggio, che se ne siano accorti e abbiano lasciato perdere).

Ultimo aggiornamento: 2010-09-21 12:35

le circonferenze degli ombrelloni

La notizia è vecchiotta, anche se Sleepers me l’aveva spedita immediatamente; ma le vacanze sono vacanze, e non avevo voglia di mettere su l’armamentario per postare sul blog.
Tanto per cambiare abbiamo il solito pool di ricercatori (stavolta dell’università di Valencia, chissà se la ricerca l’hanno fatta a Ibiza) che ha studiato l’utilità degli ombrelloni per proteggersi non tanto dal sole quanto dai raggi ultravioletti. Si scopre così che gli ombrelloni usati per il test sono bianchi e blu, ma soprattutto «alti un metro e mezzo e con una circonferenza di 80 centimetri». Ottanta centimetri di circonferenza significa circa venticinque centimetri di diametro; non dico che siano ombrellini da aperitivo, ma nemmeno un ombrello tascabile da pioggia è così piccolo. In effetti Sleepers ha anche recuperato l’abstract dell’articolo originale, dove si scopre che gli 80 centimetri sono il raggio dell’ombrellone – e la cosa torna – e anche che l’altezza non è 150 cm ma un metro, il che in compenso dà qualche perplessità sull’altezza del turista vacanziero spagnolo. Resta il fatto che a volte non è nemmeno facile copiare i numeri, mi sa!

Ultimo aggiornamento: 2010-08-31 07:00

Geografia politica

[che c'entra la Serbia?] Ieri a Trieste c’è stato un vertice a tre tra i presidenti di Italia, Slovenia e Croazia. Naturalmente il Corriere della Sera, come immagino tutti i quotidiani italiani, ha un articolo al riguardo (pagina 19), e anzi ha mandato un inviato, tal Marzio Breda, che ha scritto il suo articolo (almeno per oggi lo trovate qui) e l’ha consegnato alla redazione.
La redazione, appunto. Redazione che prende l’articolo, lo controlla, immagina che il lettore medio non riesca a capire a quale nazione si riferisca il presidente Napolitano, e quindi chiosa inserendo una n.d.r.: il paese che il nostro presidente si augura possa entrare presto a far parte dell’Unione Europea è “ovviamente” la Serbia.
Caro ignoto redattore della versione cartacea del principale quotidiano italiano: c’è un vertice fra tre nazioni, che stanno sulle due sponde dell’Adriatico. Due di esse (Italia e Slovenia) fanno parte dell’Unione Europea, la terza (Croazia) no. Secondo te, a quale nazione si stava effettivamente riferendo Napolitano? E cosa mai ti ha fatto decidere di aggiungere una nota insensata per spiegare una cosa già implicitamente scritta nel testo?

Ultimo aggiornamento: 2010-07-14 10:15

o punto o virgola

[o punto o virgola] Rectoscopy mi segnala un articolo del Corsera, linkato a partire dal ritaglio quassù. Come vedete, la prima cifra indicata (13,8 milioni di euro) usa la virgola come separatore decimale, mentre la seconda (5.572 milioni di euro) usa il punto, a meno che il tutto non fosse davvero costato cinque miliardi e mezzo. Intendiamoci: anch’io a volte uso la virgola e altre volte il punto, però sto bene attento a lasciare la stessa notazione nel singolo documento. Qua invece abbiamo una confusione a distanza di meno di una riga. Rispetto a quello che normalmente si trova scritto nei quotidiani non c’è nemmeno gusto, ma tant’è…

Ultimo aggiornamento: 2010-07-02 13:49