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notiziole su di me nel 2025

C’è negozio e negozio

La bicicletta che uso per andare in ufficio è conciata molto male. Da anni non funziona il deragliatore, quindi sono fermo su un solo rapporto; ci sono poi dei cigolii pericolosi, e ogni poco la sento sbandare come se stesse per rompersi da un momento all’altro. (No, non è perché ho un raggio rotto, quel tipo di sbandamento lo conosco bene). Mi sono così deciso a comprare una nuova bicicletta.

Chi mi conosce sa che non sono per nulla attento all’estetica, e nemmeno al peso della bici: tanto è rarissimo che io superi i 15 chilometri di percorso. Né mi servono i rapporti davanti o i freni a disco. Ci sono però tre cose su cui sono molto attento: la mia bici deve avere un telaio grande, i raggi posteriori più spessi e la gomma posteriore antiforatura. Il combinato disposto del mio peso non proprio da libellula, del modo probabilmente errato con cui pedalo e delle strade milanesi mi facevano portare la bici dal ciclista almeno una volta al mese, fino a che mi sono scocciato e ho fatto le cose per bene.

Venerdì sono passato con Anna a un grande negozio di biciclette che sta a Lissone. Risultato: più di cinque minuti per trovare qualcuno a cui chiedere informazioni, e le informazioni sono state “no, abbiamo solo quel modello lì con quel telaio; no, non mettiamo raggi o pneumatici diversi” (il tutto detto davanti a una porta con su scritto “officina”…). A questo punto, tanto eravamo comunque in Brianza, siamo andati alla Casa del ciclo a Concorezzo dove finalmente ho trovato qualcuno che non mi ha guardato strano quando ho fatto le mie domande, ha tirato fuori i listini e mi ha detto il prezzo delle modifiche (parecchio, rispetto a quello della bici, ma come scrivevo sono soldi che risparmio dopo), oltre ad avere un modello con telaio S – M – L.

Per fortuna che c’è ancora la possibilità di comprarsi una bicicletta che non sia proprio da supermercato ma nemmeno una roba per chi la bici la usa sul serio…

Quando Windows va a pezzi

Sul PC di lavoro non posso installare praticamente nulla, non avendo i privilegi di amministratore. Nello specifico, non posso installare GoogleDriveFS (c’era stato un momento in cui sembrava che saremmo passati alla suite Google ed era disponibile, ma poi ho dovuto cambiare PC perché il vecchio non funzionava). Mi sono detto “bene, sincronizziamo sul PC di casa la directory di Google Drive che uso ovunque con OneDrive, che in ufficio funziona”. Dal mio socialino di nicchia mi suggeriscono di usare FreeFileSync + RealTimeSync. Tutto bene. Peccato che il Task Scheduler di Windows non mi funzionasse: anche lanciandolo a mano partiva e si fermava subito. A quanto pare il problema è ben noto, dal numero di risultati che una ricerca mi ha ritornato: ma la maggior parte delle pagine dicevano semplicemente di aggiustare il registro, cosa nel mio caso assolutamente inutile.
Per fortuna Eleven Forum mi ha dato la dritta giusta: un “upgrade in place” di Windows 11. In pratica, se non ho capito male, Microsoft sa fin troppo bene che a furia di pezzi di aggiornamento il PC può andare in palla, e quindi ha trovato un sistema per resettare tutti i file di sistema senza toccare il resto. Certo che ce n’è voluta di fatica… (L’aggiornamento di per sé non è complicato: è più o meno come quelli classici di Windows Update)

Canto Bach e Bruckner

locandina Domani sera (11 aprile 2025, ore 20, chiesa di sant’Antonio Abate a Milano) canterò con il coro degli Amici del Loggione il Magnificat di J.S.Bach e il Te Deum di Anton Bruckner (più un’Ave Maria a cappella, sempre di Bruckner).

Sul Magnificat non è che ci sia molto da dire. È uno di quei brani che non si vorrebbero mai smettere di cantare, e più ti metti a guardare la partitura più capisci le minuzie che Bach aggiungeva a piene mani. Bruckner è tutta un’altra cosa. Dopo Bach, è come se si passasse da Paul McCartney ai Led Zeppelin, se mi passate il paragone abbastanza irriverente. Coro e orchestra fanno di tutto: pezzi cantati all’unisono mentre la tessitura musicale cambia sotto i nostri piedi, modulazioni improvvise su tonalità lontanissime, a un certo punto anche un passaggio enarmonico che è una di quelle cose che mi fanno sempre andare per la tangente e perdere ogni segno di tonalità… Almeno sono però uscito fuori dalla mia comfort zone canora :-)

Il presidio

Un po' di bandiere
Sono qui al presidio per lo sciopero delle telecomunicazioni. Non siamo molti: 300 persone, direi, forse qualcuno in più. Dire che la giornata è bellissima, io sono in maglietta. Abbiamo anche fatto un “corteo”, tra virgolette perché è stato mezzo giro dell’isolato, da via Pantano a largo Richini e rientro passando per il giardino davanti alla Statale. Ma tanto ho il sospetto che le forze dell’ordine ci abbiano fatto muovere per piazzare le transenne in modo che non potessimo fare il presidio davanti ad Assolombarda ma solo una decina di metri a fianco.
Ora io non mi aspetto molto da questi presidi, anche perché i media non ci considerano certo (con tutta la pubblicità che arriva dalle aziende TLC), ma così sembra una presa per i fondelli.

(Se qualcuno se lo chiedesse: sì, qualche giovane c’è, anche perché anche i call center stanno scioperando. Ma sono sempre pochi)

Ultimo aggiornamento: 2025-03-31 18:36

Oggi sciopero

Stamattina sarò davanti alla sede di Assolombarda a fare un presidio perché si sblocchino le trattative per il rinnovo del contratto delle telecomunicazioni. La Triplice ha infatti dichiarato una giornata di sciopero dopo che le trattative sono in una fase di stallo: il contratto è scaduto a dicembre 2022 (ma bisogna ammettere che c’è voluto un anno per presentare la piattaforma rivendicativa). Ne parlo qua perché già in genere gli scioperi nelle TLC non sono trattati dai media (si sa, quando le aziende mettono tanti soldi in pubblicità gli editori non sono così inclini a fare sapere che i lavoratori non sono contenti) ma in questo momento la situazione pare ancora peggiorata, tanto che si sa poco o niente degli scioperi dei metalmeccanici che sono già stati tre – e il loro contratto è scaduto solo a giugno 2024.

La prima cosa che salta agli occhi al profano è la richiesta di 260 euro lordi mensili al quinto livello (che è quello medio del settore). Possono sembrare tanti, ma è il risultato di un conteggio meccanico: si è preso l’indice IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzati UE) previsto per il 2024-26 e aggiunta la differenza a consuntivo dell’inflazione 2021-22 rispetto a quanto previsto nel contratto precedente. Per esempio, lasciando perdere i bancari che fanno storia a sé, i grafici hanno rinnovato il contratto a fine 2024 con un aumento medio a regime di 252 euro e i metalmeccanici ne chiedono 280. Le grandi aziende, Tim e Wind in prima fila, hanno rifiutato a priori questo conteggio, dicendo che non hanno soldi. Ma c’è anche un’altra parte dove le aziende chiedono di tagliare i costi: la richiesta di tagliare al 60% il pagamento delle prime giornate di malattia a partire dal terzo evento annuale, per poi scendere. Per chi non lo sapesse, l’INPS paga la malattia dal quarto giorno in poi: i primi tre sono a carico dell’azienda. Una misura del genere è soprattutto vessatoria nei confronti delle donne: per dire, nella bozza presentata dalla Triplice si chiedeva addirittura di istituire la possibilità di congedo mestruale, ovviamente dietro valutazione medica preventiva.

C’è poi un’altra brutta storia. Quando nel 2002 è stato creato il contratto telecomunicazioni, alle aziende telefoniche si sono aggiunti i call center, nonostante tanti malumori, perché gli addetti sono mediamente pagati meno e le aziende dicono che comunque costano troppo. Bene: parecchie aziende del comparto hanno abbandonato il contratto e ne hanno firmato uno con nientemeno che la Cisal. Contratto “equilibrato, migliorativo e innovativo”, secondo i datori di lavoro: innovativo di certo, migliorativo direi solo per loro, visto che prevede meno di 8 euro di aumento subito e ben altri 42 tra due anni, oltre che dimezzare le ore di permesso (e tagliare il pagamento delle malattie, ovvio). L’equilibrio infine si ottiene eliminando la clausola sociale, quella che obbliga un’azienda che vinca una commessa ad assumere gli addetti della precedente azienda – e già qua le aziende ci guadagnavano, perché l’anzianità e quindi i possibili passaggi di livello si azzeravano, cosa che nella bozza avevamo chiesto di abolire.

Purtroppo questo è un periodo in cui i lavoratori non hanno forza contrattuale, e lo si vede fin troppo…

Ultimo aggiornamento: 2025-03-31 21:27

La mia carriera da sindacalista

listoneLa scorsa settimana avevo raccontato delle elezioni RSU nella mia azienda. Di per sé non è necessario essere iscritti a un sindacato per fare l’RSU, nello scorso millennio in CSELT l’avevo fatto da indipendente. Ma è da una quindicina d’anni che ho la tessera, pur restando defilato per tutto questo tempo. Solo che qualche settimana fa la segreteria Fistel mi ha mandato l’invito a partecipare come delegato al congresso provinciale. Vabbè, mi dico, sono RSU uscente, ha senso che vada al congresso, così vedo anche come è fatto. L’unico guaio è che durava un giorno e mezzo ed era alla Cascina Grande di Rozzano, un viaggio della speranza da casa mia (un’ora e venti con i mezzi, e mi sa non troppo di meno in auto, da quello che ricordo quando a Rozzano ci lavoravo).

Ad ogni modo, un congresso sindacale ha tutta la sua liturgia, dai saluti delle altre sigle confederali alla relazione del segretario uscente, dalle testimonianze di lavoratori e non solo (c’era anche una HR che ha raccontato di come la sua azienda ha studiato il trasloco della sede cercando di minimizzare il costo implicito ed esplicito dei dipendenti) al focus su alcuni punti particolari, in questo caso il progetto giovani. In questo caso c’è stata una differenza non da poco, perché la relazione non è stata letta ma presentata sotto forma di video (le federazioni del telefonici nella Triplice hanno anche al loro interno grafici, poligrafici, lavoratori dello spettacolo e appunto media, e a Mediaset c’è una forte rappresentanza Fistel). Immagino che CGIL e UIL copieranno, ma questo è solo normale. Addirittura abbiamo avuto un breve concerto di viola: anche lavoratori e orchestrali della Scala sono infatti nel contratto delle comunicazioni. Poi ci sono state le votazioni, che sono abbastanza formali visto che ci sono dei listoni unici: si può votare da un terzo a due terzi dei candidati, ma il risultato finale cambia poco. Potete immaginare il mio sconcerto quando scopro che nei delegati al congresso regionale c’è il mio nome a mia insaputa. Chiedo all’ufficio segreteria e mi dicono “sì, abbiamo pensato di mettere te al regionale e la tua collega Valeria al provinciale, giusto per avere un presidio TIM su entrambi i fronti.” Il congresso è comunque terminato senza eleggere un segretario: continuiamo a essere in reggenza. Ah, dimenticavo: un’altra cosa che non mi aspettavo era il gadget per i partecipanti, in questo caso un ombrello che così ad occhio pare anche abbastanza robusto.

Essendo io uno che si adegua in fretta, quando venerdì scorso sono andato al congresso regionale, stavolta nella sede milanese, avevo chiesto qualche informazione in più. Sono stato comunque fregato dalla relazione postprandiale del segretario regionale Cisl – nel senso che mi sono appisolato, io riesco ad addormentarmi più o meno ovunque – ma almeno non mi sono stupito più di tanto di trovare il mio nome nel listone per il direttivo e in quello dei delegati per il congresso nazionale di inizio maggio. Per quest’ultimo, che sarebbe da qualche parte nel brindisino dal 7 al 9 maggio, ho verificato con l’ufficio segreteria e posso evitare di partecipare dando delega a qualcun altro: mi hanno però assicurato che se c’è un gadget me lo portano :-) Per il direttivo, invece, c’erano 39 nomi per 32 posti e 7 riserve, con i primi 32 (inseriti nella scheda rigorosamente in ordine alfabetico) che sono passati mentre gli altri 7 (anch’essi in ordine alfabetico) si devono accontentare di fare le riserve.

Tornando a essere serio, da quello che mi è parso di capire il direttivo si riunisce ogni tanto ma il vero lavoro è fatto dal consiglio di segreteria (segretario più quattro altre persone), quindi la mia carriera non è poi chissà cosa: per fortuna, dico io, perché come sindacalista non valgo molto. Il vero problema è a monte. Già in generale ci sono pochi iscritti al sindacato e ancora meno attivisti. Qualche giovane c’è, ma almeno quelli con cui ho parlato sono poligrafici o radiotelevisivi. La mia azienda è poi di vecchi, e in Lombardia, a differenza di altre regioni, siamo anche in pochi: solo che per ragioni geopolitiche ci deve essere una rappresentanza non banale, e quindi hanno raccattato chi potevano, quorum ego. È chiaro che cercherò di fare del mio meglio, ma non so quali saranno i risultati…

Tornerò a fare la RSU?

Oggi e domani, in modalità rigorosamente online, si terranno (finalmente) le votazioni per il rinnovo delle RSU in TIM. Come già più volte in passato, io sono in lista (Fistel-Cisl): la differenza è che quest’anno ci arrivo da RSU in carica, perché tre anni fa, essendo stato io il primo dei non eletti, ero stato ripescato quando un rappresentante è andato in pensione. La cosa sarebbe dovuta terminare lì, perché le RSU erano in scadenza e in estate ci sarebbero dovute essere le elezioni: e invece, con la scusa della suddivisione dell’azienda, siamo andati avanti fino ad adesso.

Perché faccio il sindacalista? La risposta è semplice: perché non c’è nessuno. Non ho specifiche competenze di confronto aziendale, e anche le mie conoscenze politiche sono relativamente scarse: aggiungete poi che il mio personale settore di lavoro è diverso da quello della maggior parte dei miei colleghi e sono anche a un livello inquadramentale completamente diverso. Solo che già in genere i giovani sono poco interessati alle forme di lotta di categoria, e inoltre la mia azienda è vecchia – penso che l’età media sia 54 anni o giù di lì – e quelli che non erano interessati prima non lo sono nemmeno ora. Il risultato pratico lo si vede: in questi ultimi tempi è già difficilissimo non perdere troppi diritti (averne di nuovi è impossibile: il nostro contratto di lavoro, per dire, è scaduto da più di due anni) e paradossalmente la mancanza di un organismo a pieno titolo ci permetteva di fare finta di niente. Esempio? Il lavoro agile. Abbiamo un accordo transitorio scaduto la scorsa estate e che è stato rinnovato unilateralmente dall’azienda a periodi di due mesi. Oggi comincia la nuova proroga per un mese, “dopo il quale ci sarà un nuovo accordo”, parole dell’azienda. Notate: non “ci sarà un confronto”: sarà praticamente un prendere o lasciare. In definitiva io faccio come sempre del mio meglio, ma non sono certo trainante.

Sarò rieletto? Boh. In Lombardia abbiamo 18 seggi, di cui 6 RLS. In Lombardia Fistel non è mai stata fortissima, e mi aspetto dai due ai tre eletti, di cui uno è già certo. Dipenderà anche molto dagli altri: tra i confederali, SLC-CGIL anche se ha perso tutti i tecnici è sempre molto forte e ovviamente connotata ideologicamente, mentre UILCom ha cercato di mantenere il piede in due scarpe strizzando l’occhio agli autonomi, salvo poi far finta di niente e firmare gli accordi all’ultimo minuto. Gli autonomi sono esperti nel fare casino e richieste chiaramente irricevibili, ma non so quanto avere una votazione online e quindi più semplice annacquerà i loro voti, UGL almeno in Lombardia è stranamente allineata alla Triplice. Rispetto al passato ho fatto un minimo di campagna elettorale, che però si è limitata a chiedere ai colleghi che conosco personalmente se volevano votarmi. Solo che in genere io interagisco con i romani :-)

Poi in queste ultime settimane mi è capitato di entrare davvero nel meraviglioso mondo del sindacato vero e proprio e dei congressi (per dire, mi hanno persino chiesto di fare il delegato al congresso nazionale, al che ho risposto come Bartleby “preferirei di no”); ma questo magari ve lo racconto un’altra volta.

Una cosa in teoria divertente che non farò mai più

Oggi va in stampa il sessantesimo volume della collana Matematica. Ci vorrà ancora un mesetto prima che sia disponibile al pubblico, ma in ogni caso il mio lavoro di curatore è finalmente terminato. Commento tecnico: mai più.

È cominciato tutto all’inizio di marzo 2022, quando la titolare di uno studio creativo con cui avevo collaborato alcuni anni fa mi scrive dicendo “Tutto molto riservato: Corriere della Sera vorrebbe, insieme a Gazzetta dello Sport, fare una collana di matematica con piccoli libriccini, 160 pp di piccolo formato modello Latino che è in edicola. L’opera è per appassionati di matematica ma non laureati i matematica bensì persone del liceo che vogliono riprenderla e approfondire. L’ipotesi è 30 uscite circa, settimanali. L’anno prossimo primavera. Vorrei tu fossi il curatore e trovassi una manciata di autori (10?) che possano seguire più volumi. Niente market test, si va subito».

Le collane “kiosk” hanno una vita completamente diversa dai libri normali, e infatti è relativamente raro che siano opere originali, per l’ottima ragione che i tempi sono sempre strettissimi, dovendo tirare fuori un libro la settimana. (Io in passato le avevo dato testi originali per l’allungo della collana sui giochi matematici, ma solo perché li avevo già scritti sul blog e quindi mi serviva solo rimetterli a posto). È anche strano che non ci sia un “market test” (pubblicare i primi volumi solo in alcune città, per vedere la risposta del pubblico).

Ho cominciato col mio sodale Paolo Caressa a cercare autori, scoprendo che molti non potevano perché – altro progetto segreto della concorrenza – stavano lavorando sulla collana che sarebbe uscita con Le Scienze sui grandi teoremi matematici. Loro però avevano il vantaggio di pubblicare un solo volume al mese… Il risultato pratico è che ho contattato conoscenti di amici, dovendo fare equilibrismi sui temi da trattare per avere non dico un’opera omogenea – non ci sarebbe stato il tempo per farla – ma almeno senza troppi buchi. Anche il progetto è un po’ cambiato: alla fine la parte dei personaggi storici è stata subappaltata ed è rimasta indipendente dall’argomento del libro, e ciascun volume ha avuto una sezione di giochi matematici curata da me. Il volume tipico aveva così 90000 battute di testo, 30000 di esercizi, 20000 di giochi e 15000 di biografia.

Per mia fortuna siamo partiti con quasi un anno di ritardo, il che mi ha permesso di respirare un po’ almeno inizialmente, anche se ho passato un paio di mesi a svegliarmi di colpo di notte col terrore di non riuscire a farcela. (A parte le altre banalità come due operazioni al cuore…) Il punto peggiore è stato il momento in cui si è scoperto che mancava una riga di testo nel primo volume (che tra l’altro era anche scritto da me). Il fatto è che in corso d’opera ho scoperto che non solo i grafici non avevano idea del formalismo matematico – e questo me lo aspettavo – ma non avrebbero nemmeno fatto le figure, che non sono molte ma sono comunque presenti. Peggio ancora, i libri sono scritti con InDesign, il che non significa solo importare il testo da Word mentre i matematici seri scrivono in LaTeX, ma anche che non si poteva usare Equation Editor ma avere tutte le formule scritte normalmente oppure rese come figure vettoriali. C’è voluto qualche mese prima che Paolo scoprisse che Equation Editor internamente salva le formule in LaTeX, e una conversione da Word a RTF permetteva di avere il sorgente LaTeX da mandare in pasto ai programmi che lo convertivano in svg. Ah, dimenticavo: nel passaggio da Word a InDesign si perdevano tutti gli apici, i pedici, le lettere in grassetto e a volte anche quelle in greco che venivano tradotte in latino; quindi le bozze dovevano essere lette e rilette accuratamente. E chi leggeva tutte le bozze, oltre all’autore quando andava bene? Il vostro affezionato curatore. Peccato che nessuno leggesse le bozze dei testi scritti da me, fino a quando Alan Vièzzoli (santo subito) si è offerto di farlo, e finalmente anche i giochi matematici hanno visto ridotto il numero di refusi. (Ce ne sono parecchi, ma non tantissimi).

Ma non basta. Parecchi degli autori non avevano mai scritto libri, e quindi ho dovuto spesso mettermi ad aggiustare la prosa, cercando per quanto possibile di semplificarla e non avere un testo manualistico; una volta mi è capitato che all’ultimo momento mi sono accorto che un testo era di 65000 battute anziché 90000, e ho passato due giorni a scriverle io, sfruttando per una volta lo stile originale troppo manualistico. (No, non riuscirete a riconoscerlo. Sono bravino.) In generale io che sono un jack-of-all-trades, o se preferite uno il cui motto è “tutto, e male”, dovevo fare da punto di contatto tra due categorie che non avevano niente in comune (autori e grafici), sfruttando il fatto che mi ero imparato i rudimenti della grafica con i miei libri precedenti.

A proposito di libri: mi sono accorto sulla mia pelle che io, da matematico non praticante, ero convinto di sapere i temi sui quali avrei scritto i miei volumi, e comunque avrei trovato in giro materiale a bizzeffe. All’atto pratico ho scoperto che non era per nulla vero, e che il materiale c’era sì ma dovevo rimetterlo in sesto in modo completamente diverso da quello che trovavo. Il tutto in fretta e furia come sempre

La grande fregatura è stata quando intorno al quindicesimo volume la titolare mi ha detto “da Gazzetta mi hanno detto che la collana è una delle poche che vende, e quindi vorrebbero altri dieci volumi” (un allungo, in gergo). Questo è significato cercare al volo qualcuno che avesse testi già più o o meno utilizzabili, tra altri amici che non avevo contattato perché il taglio iniziale della collana era diverso e autori su cui avevo dovuto lavorare meno. Ma poi siamo arrivati a 50 e infine a 60 volumi… Per gli ultimi dieci ho praticamente detto di no; ho continuato a fare le introduzioni, ma non i giochi matematici, che mi richiedevano da due a tre giorni di lavoro perché trovare i giochi era abbastanza facile, ma scriverli in modo accattivante un po’ meno. E poi, visto che mancava un volume, ho inopinatamente promesso di fare quello sui sistemi di numerazione, pensando che avevo già scritto qualcosa sul mio blog e dimenticandomi che metterlo sotto forma di volume non era così immediato. L’ultima parte l’ho consegnata il giorno in cui doveva andare in stampa :-(

Quanto ho guadagnato? Poco, che poi sarà mangiato dalle tasse. E ho praticamente perso due anni di vita a scrivere, correggere testi altrui e stare dietro agli autori. Devo ancora recuperare tutto quello che ho tralasciato in questi anni: capite perché è una cosa che non farò mai più?