Credo che quasi tutti i miei lettori sappiano che oggi sta per uscire (solo per windows) Google Chrome, il browser della simpatica società che ha come motto “Don’t do evil”. Se volete dei giudizi teNNici, avete completamente sbagliato blog, ma sono certo sarete in breve sommersi, e scommetto che persino Repubblica e Corriere avranno il loro bell’articoletto; se volete una stroncatura aprioristica della scelta googliana, leggete PTWG.
Nel mio piccolo mi limito a fare delle considerazioni a partire dal fumetto disegnato per spiegare le “nuove” caratteristiche del browser. L’idea che mi sono fatto è che il mercato che Chrome intende erodere è quello di Internet Explorer, e per fare ciò ha mostrato come “grandi novità” cose tipo l’autocompletamento degli indirizzi e la home page con i nove siti più visitati (come in Opera). E naturalmente fa in modo che il browser si integri così bene con le ricerche made in Google da portare acqua al proprio mulino. La cosa che più mi ha stupito nella presentazione è però il mischione di terminologia molto tecnica – ci sono spiegazioni che se non hai studiato informatica all’università sono assolutamente arabo – e marchette pubblicitarie a basissimo livello: sembra quasi che la parte tecnica sia da assumere più o meno come magia.
Il modello dove ogni tab ha la sua macchina virtuale, e quindi il suo spazio di memoria, è sicuramente più stabile di quello classico, non ci sono dubbi. Però occupa parecchia memoria, molto più di quanto loro mostrano con il disegnino del grafico. Anche il modello a sandbox per la sicurezza darà un vantaggio solo iniziale: proprio perché comunque esistono i plugin, le falle passeranno di là, e sarà una ben magra consolazione poter dire “ma il browser è sicuro”. L’altro punto che non mi torna è il supporto agli standard (ufficiali e di fatto). Che non se ne parli affatto non è per nulla bello, e l’idea di usare un nuovo interprete JavaScript aumenta la possibilità che una pagina sia vista correttamente su un browser e male su un altro. È vero che l’HTML di oggi è ben diverso da quello del 1998, ma lo è non tanto per il linguaggio ma per tutto quello che gli sta attorno, dagli script ai fogli di stile. La parte di “gears” che dovrebbe essere di aiuto agli sviluppatori è stata giusto accennata nel fumetto, il che è piuttosto preoccupante proprio perché non basta dire che Chrome è open source ma occorre anche dare la possibilità pratica di interagirci.
Vedremo insomma che succede, ma non credo che Chrome supererà una percentuale di nicchia.
p.s.: come volevasi dimostrare, ecco Cor & Rep!
Ultimo aggiornamento: 2008-09-02 09:23