Archivi categoria: informatica e AI

“Vegetative electron microscopy”

Cosa sarebbe il concetto del titolo di questo post? Non cercatelo: la frase non ha nessun senso. Eppure pare che molti articoli pubblicati su riviste scientifiche contengono questa frase, o la correlata “vegetative electron microscope”. Il sito Retraction Watch riporta un articolo pubblicato (e poi ritrattato) sulla rivista di Springer Nature’s Environmental Science and Pollution Research e scritto (?) da alcuni ricercatori iraniani che usa questa frase: ma l’articolo non è l’unico, e a quanto pare ce n’è almeno un altro, il cui principale autore è un senior editor a Elsevier.

Come è possibile tutto questo? Alexander Magazinov, software engineer kazako, crede che tutto derivi da un articolo pubblicato nel 1959 che mostro qui sotto:
quando le colonne sono due e non una...
Come vedete, il testo è stampato in due colonne molto vicine: una riga termina con “vegetative” e quella a fianco comincia con “electron microscopy”. Cosa succede se quel testo è stato usato per l’addestramento di un LLM che non si è accorto che le colonne erano due e ha estratto il testo come se fosse scritto in una singola colonna? E che succede se alcuni autori scrivono fuffa… ehm, un articolo scientifico, usando quell’LLM per generare testo?

Se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, i referee avrebbero letto l’articolo, si sarebbero accorti della frase senza senso, e avrebbero chiesto lumi agli autori. No: se vivessimo nel migliore dei mondi possibili nessuno scriverebbe un articolo scientifico a partire da un’AI generativa. Ma si sa, “pubblicare o perire”. D’altra parte, il senior editor di cui sopra ha testualmente affermato di avere «purportedly used “vegetative electron microscopy” to study the structure of bacterial cellulose derived from date syrup.», cioè per studiare la struttura della cellulosa batterica derivata dallo sciroppo di datteri (se ho capito bene). Perché quando si fa una supercazzola…

Ultimo aggiornamento: 2025-02-28 15:44

Tutti rubano da tutti

la homepage di libgen Che per addestrare gli LLM occorra una strabalardata di roba lo sanno ormai anche i sassi. Che la strabalardata di roba sia presa in modo più o meno onesto, pure. Però anche partendo da questi assiomi si può arrivare a qualcosa di divertente.

Leggo su ghacks.net che un gruppo di autori ha fatto causa a Meta perché avrebbe violato il copyright addestrando i suoi >modelli su 81,7 terabyte di libri piratati: più precisamente quelli di libgen. Fin qua nulla di strano: diciamo che sono tutti segreti di Pulcinella. Ma la parte più divertente è quella che viene indicata come linea di difesa da parte di Meta: loro hanno affermato che addestrare i modelli di intelligenza artificiale su dataset pubblicamente disponibili [grassetto mio] costituisce un “fair use” rispetto alla legge dul copyright e loro semplicemente fatto un uso trasformativo dei dati.

Tralasciando che per esempio per la legge italiana (ma mi sa anche per quella americana) si entrerebbe nel campo delle opere derivate che continuano a dover rispettare il copyright, vi rendete conto di cosa succederebbe se Meta vincesse la causa? Automaticamente libgen otterrebbe uno status legale, che ora ovviamente non ha. Chi l’avrebbe mai detto?

Ultimo aggiornamento: 2025-02-08 21:58

Open Euro LLM

logo di Open Euro LLM L’Unione Europea ha una lunga tradizione di progetti in campo informatico presentati con grande fanfara e poi svaniti nul nulla. In questo caso mi pare che una differenza ci sia: Open Euro LLM, il cui comunicato stampa sulla formazione è stato pubblicato lunedì, non mi pare abbia avuto una grande enfasi nonostante gli LLM siano sulla bocca di tutti.

Il progetto come sempre è ambizioso: costruire un LLM multilingua (se preferite, un’intelligenza artificiale) che “conservi la diversità culturale e linguistica dell’Europa” per “dimostrare la forza della trasparenza, dell’apertura e della partecipazione” (parole loro, traduzione mia). Il progetto è guidato da un’università ceca, ed è monopolizzato da tedeschi e scandinavi, com rare eccezioni tipo la francese ALT-EDIC. Per l’Italia c’è solo il CINECA come partner tecnologico: mi stupisce che non ci sia Pisa e il suo istituto di linguistica computazionale, ma magari nei 40 e più anni da quando studiavo lì le cose sono molto cambiate, e in peggio.

Come avrete intuito, io sono molto scettico sulla possibilità che il progetto dia dei risultati pratici: sapendo come funzionano le cose non credo che si avranno neppure dei tutorial comprensibili ancorché teorici, il che comunque sarebbe già un risultato interessante. Aspettiamo…

Ultimo aggiornamento: 2025-02-06 12:15

Gli è tutta una bolla!

@aitech

In questi giorni è difficile stare dietro a tutte le notizie su quanto succede nel mondo degli LLM, soprattutto se uno nella vita dovrebbe fare dell’altro. Torno sulla storia di DeepSeek per commentare questo articolo di Georg Zoeller, che vede le cose da un punto di vista non solo tecnico ma economico.

Già il titolo è emblematico, anche se confesso che ho dovuto chiedere al mio socialino di nicchia che significasse “Chinese Quant”. (Sono gli analisti quantitativi: come penso sappiate DeepSeek è un progetto collaterale di una società di trading) Il punto chiave è “The Greatest Growth Hack of All Times”, che è ancora più perfido della mia “bolla” ma ha in comune il fatto che tutta la pubblicità su queste AI è stata montata ad arte solo per far crescere il valore delle azioni. Che significato ha per esempio che la capitalizzazione di borsa di Nvidia fosse arrivata a mille miliardi di dollari, quasi la metà del PIL italiano? (ok, non dovrei mischiare mele con pere, ma è per dare un’idea). Col senno di poi avremmo dovuto accorgerci che il continuo cambio di nomi e acronimi, e lo stillicidio di prodotti lanciati e lasciati poi marcire perché c’era il nuovo sistema ancora più potente, per non parlare dei consumi sempre più esagerati significava che in realtà l’unico piano che c’era era far crescere artificialmente un mercato che non aveva nessuno sbocco reale, come ben sa chi ha provato a usare davvero in pratica questi sistemi e non solo a giocare con i chatbot. Il mantra era “solo i BigTech possono stare sul mercato delle AI”.

Zoeller continua presentando un sistema text-to-speech, Kokoro-82M, il cui addestramento è costato una cifra dell’ordine di 400$ e che dà risultati “sufficientemente buoni in molti casi”. Dovrei chiedere ai miei vecchi amici di Loquendo che ne pensano. Chiaramente un sistema di questo tipo mina alla base i modelli di prezzo dei grandi text-to-speech aziendali. DeekSeek fa lo stesso: usa il sistema Chain-of-Thought Prompting che OpenAI aveva ideato l’anno scorso per migliorare la sua capacità di “ragionamento”. (In due parole, il Chain-of-Thought prevede che la risposta sia generata come un processo dove viene costruita man mano, usando il testo generato per migliorare le previsioni su come continuare. La cosa non è affatto stupida, anche noi umani facciamo così, e i risultati si vedono). Ma soprattutto DeepSeek nella sua versione R1 mostra che il fossato che le grandi società avevano creato – vedi il mantra sopra – era facilmente superabile. Ok, non “facilmente” nel senso che lo puoi fare con il tuo Mac a casa (anche se spuntano già i modelli distillati usando R1 che possono girare su una workstation appena un po’ carrozzata), ma che era alla portata di un’azienda di media grandezza come progetto collaterale. Inoltre il fatto che il modello (non i dati di training) sia stato rilasciato con la liberale licenza MIT dà un duro colpo ai sistemi americani che formalmente partivano da Open Source (per avere manodopera gratuita) ma erano molto attenti a non pubblicare le loro migliorie se non con un ritardo sufficiente a farli stare due o tre passi avanti. Ora non si potrà più fare nulla del genere. Se davvero il progetto open-r1 prenderà piede, anche il dataset sarà davvero open source, e ne vedremo delle belle.

Per quanto riguarda le conclusioni dell’articolo, ho dei dubbi che l’EU riderà per non essersi lanciata subito nella corsa alle AI ma si sia messa a legiferare (cosa che di per sé non trovo sbagliata, eh. Ma non doveva essere l’unica), mentre sono più d’accordo sul fatto che Nvidia alla fine non perderà molto, perché la potenza di calcolo servirà comunque. Lo stesso per la sua previsione che le allucinazioni non potranno essere eliminate semplicemente aggiungendo potenza di calcolo, e che il pendolo si sposterà di nuovo su sistemi di ambito più limitato ma più facili da far funzionare bene. Ma la cosa più importante è quella che leggo tra le righe, quando Zoeller scrive del “fundamentally unsafe patters of using a single input for both data and instruction into LLMs”, che porta ai problemi di prompt injection nel bene (superare i blocchi inseriti per esempio in DeepSeek cambiando l’input o dando istruzioni particolari) e nel male (pensate a come si possono usare questi trucchi da parte degli scammer). Il tutto senza che almeno per quanto io veda qualcuno si stia preoccupando. Io non sono certo un esperto di intelligenza artificiale, ma vedo che le persone che danno davvero informazioni utili sono molto poche, e soprattutto manca un livello di mezzo non troppo tecnico per far capire le conseguenze di quello che succede. È chiaro che è più facile guardarsi reel su reel di TikTok, ma se non si dà la possibilità di farsi un’idea cosa si spera?

E dunque questo DeepSeek?

@aitech

E insomma il nuovo arrivato questa settimana è DeepSeek, sistema LLM che formalmente è nato come progetto collaterale di un’azienda cinese di asset management, i cui algoritmi (ma non il materiale di addestramento…) sono open source, ha un costo di addestramento che è tra uno e due ordini di grandezza inferiore a quello di OpenAI o1, epperò funziona “good enough”, che era già una volta un mantra per i servizi internet ma ormai è diventata la bibbia – anche perché. diciamocelo, non è per nulla scontato che questi sistemi diano risposte direttamente utilizzabili, anzi.

Anch’io ho provato a usarlo. Chiedendogli chi è Maurizio Codogno, senza dargli nessun contesto, ha tirato fuori qualche frase adulatoria e senza un vero contenuto:

Maurizio Codogno is an Italian mathematician, blogger, and science communicator. He is known for his work in popularizing mathematics and making it accessible to a broader audience. Codogno has written extensively on mathematics, often focusing on its applications and relevance in everyday life. He is also a prolific blogger, contributing to various platforms where he shares insights, explanations, and commentary on mathematical topics.

Codogno has authored several books and articles aimed at demystifying complex mathematical concepts for non-experts. His efforts in science communication have made him a respected figure in the Italian scientific community and beyond. If you have specific questions about his work or contributions, feel free to ask!

(sì, io preferisco usarlo direttamente in inglese per togliere un passaggio). Rispetto ai miei tentativi con il primo ChatGPT ha evitato di parlare del mio omonimo ex calciatore, che è quello che ha la voce su Wikipedia, e soprattutto non si è inventato titoli di libri che non ho mai scritto. Ma quello che mi ha stupito di più è stata la risposta a una variante quesito proposto il mese scorso da Mike Loukides in questo articolo: “Sai dimostrare che se tutte le cifre di un numero primo sono 1 allora il numero di cifre deve essere un numero primo?” Chiunque abbia letto Martin Gardner lo sa, e immagino che nel corpus di addestramento ci sia qualcosa del genere: però la domanda posta così non è immediata. Io ho fatto leggermente di peggio: ho chiesto

A repetitium is a number which is written using a single digit, like 666. Can you find a necessary condition for a repetitium to be a prime number, and explain me which steps you did to arrive at the conclusion?

scegliendo apposta un termine inesistente per definire quelli che in letteratura sono detti repunits, dando come esempio un numero la cui cifra ripetuta non è 1, e chiedendo di trovare una condizione necessaria senza esplicitarla. Potete vedere la risposta di DeepSeek qui. Nulla da eccepire, il che da un certo punto di vista è inquietante: d’altra parte afferma di essere il LLM più performante nel test MATH-500.

Secondo il Financial Times, Deep Seek afferma di essere stato addestrato usando 2048 schede grafiche Nvidia H800, con un costo di 5,6 milioni di dollari e 671 miliardi di parameteri: molto meno dei rivali. Sempre secondo il FT, OpenAI ha accusato DeepSeek di avere usato GPT-4 come punto di partenza per distillare i suoi contenuti… comportamenti illeciti un po’ come le accuse di violazione di copyright nei confronti di OpenAI, insomma. Più che altro, quello che io noto è che la mia preoccupazione riguardo al set di training generato automaticamente non è condivisa, e che in questo modo si arriva a un risultato “good enough” con una frazione del costo di addestramento. (Poi, leggendo qui, c’è anche chi sospetta che quei dati siano appositamente sottostimati).

Ovviamente DeepSeek ha scelto di sparigliare il mercato, che fino a questo momento era tenuto saldamente in mano dai soliti noti. Questo significa tra l’altro che la bolla AI (e quella delle utility energetiche…) potrebbe scoppiare molto prima di quanto si pensasse. Peggio ancora, il Post cita il blog Stratechery, dove Ben Johnson ritiene che in DeepSeek ci siano anche migliorie importanti, almeno rispetto all’efficienza (anche se pensa che o1 sia ancora migliore come capacità). Da questo punto di vista continuo a credere che abbiamo raggiunto un plateau, e per passare dal good enough al “good without ifs and buts” :-) occorrerà qualche nuova idea. Staremo ad aspettare: in fin dei conti se ora è più facile entrare nel mondo LLM magari a qualcuno l’idea arriverà…

Aggiornamento: (9:00): Sicuramente se uno non ha fatto un account DeepSeek non vede nulla, non ho fatto prove con un account diverso. Allego quindi screenshot (cliccabili per ingrandire) della conversazione.

prima schermata

seconda schermata

terza schermata

Ultimo aggiornamento: 2025-01-30 09:29

E se non ci fossero più “nuovi LLM?”

Ho trovato su Substack questo post di Alberto Romero che mi ha preoccupato parecchio. Riassunto per chi ha fretta: Romero ipotizza che GPT-5 esiste, ma non verrà reso pubblico perché il suo costo computazionale è troppo alto; esso è stato però usato per addestrare i nuovi modelli pubblici, come o1 e il futuro o3. Da dove deriva questa impressione? da quello che è successo con Anthropic (cioè Amazon, se ve lo chiedeste) e Opus 3.5, che è stato ufficialmente cancellato “perché non era così migliore dei modelli precedenti” ma sarebbe stato comunque usato per addestrare il successore del precedente sistema Sonnet 3.5, che effettivamente ha avuto un grande miglioramento nelle prestazioni. Notate il condizionale che ho usato (perché è stato usato nell’articolo). Sono tutte supposizioni.

Romero spiega che il rapporto costi-benefici del nuovo sistema non si è rivelato sufficiente: d’altra parte, se date un’occhiata a questo post, notate come il passaggio da un modello a quello superiore costa – nel senso di quanto si paga per migliaia di token – un ordine di grandezza in più passando da un modello al successivo… tranne che nel caso di o1, dove il costo si riduce. Inoltre il modello di o1 sembra avere un numero di parametri inferiore a quello di GPT-4. L’inferenza di Romero è che o1 è stato addestrato con GPT-5. È vero che il costo computazionale di quest’ultimo sarebbe altissimo, ma è anche vero che l’addestramento si fa una volta sola, e

What you need to remember is that a strong model acting as a “teacher” turns “student” models from [small, cheap, fast] + weak into [small, cheap, fast] + powerful.

Il tutto senza contare che è finito il materiale di pre-addestramento: sempre dall’articolo di Romero,

But overtraining is not feasible anymore. AI labs have exhausted the high-quality data sources for pre-training. Elon Musk and Ilya Sutskever admitted that much in recent weeks

(ok, che lo dica Elonio non significa molto, ma basta fare dei conti spannometrici per accorgersi che questa ipotesi è plausibile.) Tutto bene, allora? Viviamo nel migliore dei mondi possibili e abbiamo trovato un sistema per ridurre l’impronta energetica di questi sistemi? Mica tanto. L’autoaddestramento va benissimo per sistemi dalle regole fisse, come il go. Qui invece abbiamo un sistema statistico. proprio perché sono vent’anni che abbiamo visto che è impossibile sperare di trovare un sistema di regole. Posso immaginare che ci siano tonnellate di correzioni inserite nell’algoritmo, ma autoaddestrare in questo modo dà la certezza che gli errori di base nell’approccio generativo delle risposte si perpetueranno, perché il sistema si dà ragione da solo. Si avrà, solo moltiplicato per un fattore incredibile, l’effetto Wikipedia copycat: qualcuno scrive un testo errato nell’enciclopedia, altri copiano bovinamente quello che c’è scritto, e a questo punto abbiamo la fonte bella pronta e la Verità Errata stabilita una volta per tutte.

Capite perché sono preoccupato?

AI e matematica: ci sono miglioramenti?

Alex Wilkins in questo articolo racconta dei progressi ottenuti nel 2024 dalle intelligenze artificiali nel campo della risoluzione di problemi matematici.
Come sapete, gli LLM non “comprendono” quello che hanno in input (o in output, se per questo) ma scelgono fondamentalmente la frase più probabile data la successione di parole in ingresso e le variabili nascoste che hanno a disposizione. Quindi se chiediamo a ChatGPT e ai suoi amici quanto fa 2 + 2 è estremamente probabile che la risposta sia 4; ma alla domanda “Add 34957 to 70764” rischiamo che la risposta sia 105621. (Non ho fatto la prova, ma immagino che chi sviluppa gli LLM abbia tenuto conto di questa particolare addizione e quindi ci sia del codice che faccia dare la risposta corretta.) Il guaio è che proprio perché gli LLM non capiscono quello che fanno è difficile per loro anche solo accorgersi che il problema è matematico e passarlo a un modulo “classico” che faccia i conti.

Pare però che quest’anno ci sia stato un miglioramento nelle performance di questi sistemi, partendo da Google Deepmind che sarebbe riuscita a prendere una medaglia d’argento alle olimpiadi della matematica – no, non vuol dire arrivare secondi, ma essere tra il 20% dei migliori – e arrivando al prossimo sistema O3 di OpenAI che avrebbe ottenuto il 75,7% di risposte corrette sul test “semiprivato” della ARC Challenge, studiato appunto per avere problemi facili per gli umani ma difficili per l’AI. Peccato che il costo per rispondere a ciascuna domanda è intorno ai 20$; O3 avrebbe anche raggiunto l’87,5%, sopra la soglia dell’85% che permetterebbe di vincere l’ARC Challenge, se non fosse per un piccolo particolare. Il costo per rispondere meglio alle domande è di 172 volte maggiore: in pratica per rispondere a una singola domanda O3 consuma 3500 euro di energia… e comunque le soluzioni in questo caso arrivavano per forza bruta, il che spiega il costo.

Diciamo insomma che questi sistemi ne hanno ancora da fare di strada…