Parto con i difetti dello spettacolo che Anna e io abbiamo visto mercoledì al Piccolo. Diciamo che se io avessi dovuto adattare la commedia di Feydeau avrei asciugato la parte iniziale e quella quasi-finale, che sono state un po’ noiose: tanto lo spettacolo dura tre ore, togliere qualcosa on fa male. Inoltre capisco l’idea di far fare agli attori anche gli strumentisti, ma Marta Malvestiti alla batteria sembrava un pesce fuor d’acqua. Fine delle brutte notizie.
Detto questo, lo spettacolo è stato godibilissimo. La mancanza di una scenografia vera e propria sostituita da una serie di parallelepipedi di gommapiuma e un armadio che fa anche alla bisogna da porta, con il palco rotante, ha reso probabilmente più complicata la prova degli attori ma ha anche dato loro una possibilità di movimento in genere impensabile. Tra l’altro gli attori sono quasi tutti giovani e diplomati alla scuola di teatro del Piccolo (teatro citato in un paio di punti…), quindi giocavano in casa. Tindaro Granata, oltre che curare con il regista Carmelo Rifici la sceneggiatura, si sdoppia come attore, come anche Christian La Rosa e Fausto Cabra, rispettivamente Vittorio Emanuele Chandebise / Buco e dottor Spacciato / Carlos Homenida de Histangua (e altri dieci nomi…). L’hotel “Feydeau”, rinominato in omaggio al commediografo, è il palcoscenico di una commedia degli equivoci che è tiratissima, con una serie di citazioni che sono un gioco nel gioco. Consigliato.