scrivere in parallelo

I miei ventun lettori lo sanno bene: io sono pigerrimo. Quando ero al liceo, io scrivevo i temi direttamente in bella, senza mai rileggerli. (occhei, ancora adesso scrivo i post senza rileggerli…) Il risultato era tipicamente senza infamia e senza lode; ma visto che in classe non avevamo scrittori geniali me la cavavo senza problemi. Scrivere direttamente in bella significava naturalmente avere un’idea di dove partire, dove arrivare e almeno in parte come arrivarci, e pensare un po’ tra una frase e l’altra, aiutato dal fatto che scrivere a mano in modo leggibile è comunque abbastanza lento.

Poi sono arrivati i computer. Per un paio di decenni la sostanza non è cambiata: continuavo a scrivere in modo lineare, perché ero abituato così. Poi però ho cominciato a scrivere libri, e lì c’è stato un cambio totale del mio modo di scrivere. Sì, una scaletta ad altissimo livello la faccio ancora, anzi ora la scrivo e non me la tengo a mente. Però la mia scrittura non è più lineare ma parallela. Mi spiego: mentre sto scrivendo il paragrafo X, mi viene in mente che in un precedente paragrafo Y avrei potuto aggiungere qualcos’altro, così torno indietro a Y e scrivo, sperando di non dover passare ancora a un altro paragrafo Z. Nei post capita così che ci siano pezzi lasciati a metà perché non ho svuotato lo stack dei miei passaggi; almeno i manoscritti vengono riletti e quindi posso terminare il lavoro lasciato a metà.

Questo modo di scrittura significa che io mantengo almeno inconsciamente in memoria un certo numero di sezioni del mio testo. A volte questi segnalibri sono legati a qualcosa di immediato. Per esempio avevo scritto “ho almeno inconsciamente” e arrivato a “un certo numero” ho deciso di sostituire “ho” con “mantengo”. In questi casi sto semplicemente aggiustando in corsa una frase. Ma se torno indietro di varie sezioni allora significa che sto lavorando in parallelo, e questo mi sa che sia un male perché significa che non ho mai l’attenzione piena a quello che sto facendo. Voi come vi trovate a scrivere, ammesso che scriviate pezzi abbastanza lunghi?

Ultimo aggiornamento: 2023-04-05 08:01

7 pensieri su “scrivere in parallelo

  1. Fabio Brambilla

    Ormai scrivo in parallelo. La scaletta la faccio con l’automatismo dell’indice e tutto sommato mi trovo bene. Prima brutta e poi bella

  2. mestessoit

    Personalmente nei testi lunghi ho un approccio ibrido: ho una scaletta (se supera una certa lunghezza la scrivo, altrimenti a mente) che poi riempio (ma non nell’ordine di presentazione). La scaletta non sempre è scolpita nel marmo, l’ordine viene anche determinato ex-post in base alle dipendenze intra-elementi. Capita anche che nuove sezioni vengano create se ci sono un “cluster” di riferimenti che si riferiscono solo ad una parte del testo.

  3. nicola

    Scaletta (mentale se il testo è corto, cioè ormai sempre), brutta, bella. Da quando si digita sul PC le brutte non ci sono più, ma avendo ripensamenti sempre su tutto, rileggendo più volte, il testo cambia parecchio dalla prima versione a quella definitiva. Comunque mai in parallelo. Scrittura seriale, rilettura e modifiche fino alla versione definitiva.

  4. Bubbo Bubboni

    Io il parallelo cerco di evitarlo sempre perché, per me, non è il sistema migliore come quantità/qualità. Il mio principio è quello di usare al massimo tutto quello che mi consuma tempo scrivere o cercare, ma non vedo vantaggi a non completare un pezzo alla volta.
    Quindi scaletta, primo giro completo per scrivere intro capitoli (che tanto poi rimane nel testo e che mi serve molto per modificare la scaletta), quindi un capitolo alla volta fino alla fine e poi rilettura, spostamento di blocchi o aggiunta capitoli, ecc.
    Forse l’unica cosa che si interseca con questo flusso sono le idee geniali/citazioni brillanti/fonti da tracopiare/domande furbe per l’AI/ecc. che appunto immediatamente per liberare memoria (umana), ma che sviluppo solo quando mi occupo del punto in cui vanno inserite.

  5. Antonio

    Io sono messo molto male. La scaletta la faccio a mente. Ma quando mi metto a scrivere mi succede di bloccarmi dopo qualche paragrafo e pensare se è il modo giusto di scrivere ciò che voglio comunicare, o se non è meglio che inverta l’ordine, putacaso, di due frasi. Qualche volta la risposta convincente arriva dopo averci ragionato su una notte intera e l’indomani riprendo, in maniera rigorosamente seriale, ops, sequenziale.

  6. Marco Ferro

    Che non rileggessi i tuoi post prima di pubblicarli lo avevo intuito… Infatti ci ho messo un pochino a capire cosa significasse “pigerrimo”. Comunque lieto di essere uno dei tuoi ventun lettori.

    1. .mau. Autore articolo

      ti garantisco che pigerrimo è una parola italianissima :-) (è un superlativo irregolare alla latina di “pigro”, come “integerrimo” da “integro”). Sì, ovviamente lo uso per vezzo…

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