Leggere adesso il libro che Anna Politkovskaja scrisse quasi vent’anni fa mostra come sia stato profetico. Basti citare questa frase: “La nuova ideologia di Stato, letale per l’individuo. Putin l’ha illustrata più volte. E suona all’incirca così: «Non aspettatevi che le perdite ci frenino. Non lo faranno. Nemmeno se dovessero essere altissime.»” e vedere cosa è successo in Ucraina. Né credo che la situazione in Russia sia poi così cambiata in questi anni: i fatti raccontati nel libro, non solo quelle come il massacro (e soprattutto il post-massacro) del Nord-Ost ma anche le storie di ordinaria miseria come quelle della Kamčatka, non sono certo rimasti roba del passato. Perché allora do un voto così basso? Semplice: non è scritto bene. Lo so, Politkovskaja è stata assassinata perché “scomoda”, e il testo è senza dubbio impressionante e dovrebbe essere letto da tutti; ma la prosa è davvero pesante, con continui interventi che più che rafforzare il messaggio infastidiscono il lettore. Mi sa anche che la traduzione di Claudia Zonchetti non abbia aiutato. Una frase a caso: “[…] il cui presidente – il signor Toršin – è stato ricevuto al Cremlino per ascoltare da Putin i consigli del caso.” In italiano corrente diremmo “Il cui presidente Toršin”. (Ah: nel colophon è indicato il titolo inglese e non dall’originale russo Путинская Россия… però Zonghetti il russo dovrebbe saperlo. Mistero.) Se aggiungiamo il fatto che Adelphi, che vista l’invasione dell’Ucraina ha ristampato in fretta e furia il libro, non ha nemmeno sentito il bisogno di aggiungere una cronologia di quanto successo nel ventennio successivo capirete che non posso davvero dargli di più.
(Anna Politkovskaja, La Russia di Putin [Putin’s Russia], Adelphi 2022 [2004, 2005], pag. 384, € 7,99, ISBN 9788845976506, trad. Claudia Zonghetti)
Voto: 2/5
Ho letto il libro nella prima edizione, ed era veramente impressionante. Ho come l’impressione che tu non leggi autori russi: io ne ho letti diversi e posso dirti che la prosa russa è in generale “pesante” come diresti tu. Sarà che sono abituato a questa pesantezza, ma per me il voto è molto più alto.
E’ un problema culturale, e la diversità culturale (europa vs russia) è una delle componenti del problema. Credici o no, ma la diversità di scrittura è è una delle chiavi di lettura del conflitto di oggi, e di come l’europeo medio si “stupisca” di quello che avviene oggi, e non abbia previsto prima.
Io non ho mai capito la Merkel cosa pensasse di fare facendo accordi con la Russia, ma ho la netta impressione che il loro complesso di inferiorità per la seconda guerra li abbia resi completamente ciechi, e comunque ha oscurato completamente la stella della Merkel, ora completamente finita.
non leggo in genere prosa russa. Il “pesante” per me è ad ogni modo il mischiare fatti e opinioni a ogni piè sospinto: non ho idea se questo sia una cifra stilistica russa oppure no, e c’è semplicemente uno stile Travaglio per dare un’idea di quello che vedo.
Lo stile Travaglio come dici tu non ha nulla a che vedere con questo libro, per quanto mi riguarda (o con gli autori russi in generale).
Detto questo in generale dividere rigidamente i fatti dalle opinioni fa parte della scuola anglosassone, e non di quella russa (od anche asiatica in generale). Tuttavia è possibile fare analisi rigorose in questo modo, semplicemente non ci siamo abituati, e ripeto, questa è una chiava di lettura del conflitto odierno (o meglio della mancanza di lettura).
Anche io penso esattamente lo stesso, come mestessoit, compresa la questione stilistica. Aggiungerei solo:
– la guerra cecena era una barba unica (per il pigro osservatore non coinvolto), ma è quella che la Russia sta combattendo ora, sul piano della propaganda e delle scelte strategiche. Più si capisce quella, più è chiara questa (e anche la prossima…);
– i pregiudizi sono il faro illuminante della politica europea. E’ probabilissimo che Merkel non vedesse neppure la situazione corrente ma quella di un indefinito passato.
Tutti hanno dei pregiudizi, in tutti i continenti ed in tutte le etnie. Quello che cambia da una cultura all’altra è la percezione della altrui realtà.
Noi occidentali abbiamo una visione estremamente miope delle culture non anglosassoni, non dico russe, ma anche solo polacche od ungheresi. Per noi occidentali capire come può ragionare un ungherese equivale come salto logico a capire un cinese, alias l’uomo medio non capisce una mazza ne dell’uno ne dell’altro. Il politico può avere consiglieri che conoscono bene la realtà locale, ma le decisioni le prende da “ignorante”. Questo passo, è bene sottolinearlo, Putin non lo fa: prima si informa bene sui suoi nemici europei, poi fa, in maniera spregiudicata e senza inibizioni. Noi europei, nella nostra ricchezza materiale e culturale, non siamo neppure lontanamente in grado di fare un salto del genere, siamo inibiti da mille fattori. Putin no, e neppure i cinesi che di Taiwan si faranno un boccone.
Inoltre, fra 2-3 mesi massimo vedrete che la UE si ritirerà dal conflitto, nel senso che gli elettori diranno “col cazzo che io perdo parte del mio stipendio in inflazione per colpa degli ucraini, lasciamoli al loro destino”.