Luciano Daffarra scrive su agendadigitale.eu del rifiuto del Copyright Office statunitense di tutelare un’opera prodotta dalla “Creativity Machine”: un sistema di intelligenza artificiale che per mezzo di un apposito algoritmo ha prodotto “autonomamente” il dipinto in questione. Qua potete leggere l’articolo di The Verge. La stessa cosa era capitata qualche anno fa con l’autoscatto del macaco Naruto: in pratica, la giurisprudenza afferma che poiché l’autore di quelle opere, animale o IA che sia, non ha personalità giuridica non può nemmeno avere diritti di proprietà intellettuale.
Il mio personale pensiero, da non leguleio, è sulla stessa linea ma per un motivo (forse) diverso: la scelta di accettare che queste entità, per mancanza di un nome generico migliore, abbiano diritto al copyright non è a vantaggio loro ma di qualcun altro. Già adesso il copyright è sempre più spesso venduto dal creatore a qualche non meglio identificata corporation: pensate a Topolino per esempio. Ma questa è una scelta specifica degli autori originari che hanno deciso di monetizzare. Naruto e la Creativity Machine non possono aver fatto quella scelta, quindi assegnare loro il copyright è contro la logica che ha portato al diritto d’autore. Ma temo di essere in minoranza, e sicuramente la mia voce sarà soffocata da chi è interessato a fare i soldi…
Il degrado di una civilta’ si vede chiaramente proprio in questi problemi. Questa domanda fa il paio con quella che si chiede se un individuo con i testicoli e pene sia una donna. E magari gareggia nella competizioni femminili schiacciando gli individui con vulva e mammelle.
Tuttavia la Natura sa difendersi ed i Barbari stanno arrivando.
Al di là della giustificazione legale data, esistono diversi motivi molto contigenti percui le agenzie (anche in EU, cui mi aspetto regolamentazioni analoghe) sono molto diffidenti per usare un eufemismo ad autorizzare il “machine patenting”.
Uno dei più pressanti è “l’effetto valanga”. Se si autorizzasse lo IA-patenting, sicuramente vedremmo un aumento di almeno un ordine di grandezza delle richieste alla agenzie competenti. Già oggi, sia in USA che in EU, le agenzie sono in grandissima difficoltà nell’anche solo dare una guardata a tutte le richieste: nessuna reggerebbe l’onda d’urto.
Un’altra questione brutta da gestire (sempre dal punto di vista delle agenzie) riguarderebbe come valutare la “prior art”. Se due ditte diverse in competizione fra loro originano richieste nello stesso dominio ma con applicazioni che formalmente sono diverse ma molto simili fra loro, come gestire il certo contenzioso che si origina?
Insomma, non foss’altro che per problemi logisitici non credo che avremo il problema, almeno non questo.
Poi che il tutto premi non gli autori ma chi ci sta dietro, beh, sfondi una porta aperta…