Tra le tante opere famose di Verne, non avevo mai letto Viaggio al centro della terra: come mi capita ultimamente, ho preso la palla al balzo per verificare che mio figlio lo stesse davvero leggendo e comprendendo. Devo concordare con quanto scrive Philip Ball, che stavo leggendo in contemporanea e che ritiene che le opere di H.G. Wells abbiano retto molto meglio il passaggio del tempo: se devi scrivere fantascienza è meglio evitare di mettere troppa scienza (come succede nella odierna hard SF). Il libro (Jules Verne, Viaggio al centro della terra [Voyage au centre de la Terre], Feltrinelli 2019 [1864], pag. 304, € 9, ISBN 9788807903472, trad. Stefano Valenti) spesso sembra più che altro un manuale di geologia, spiegata dal giovane protagonista Axel che tra un dubbio e l’altro non può fare a meno di spiattellarci tutto quello che conosce delle rocce incontrate nel percorso. Questo è un tipico caso di un’opera che viene meglio in una versione cinematografica, dove si possono tagliare le descrizioni inutili.
Ho anche molti dubbi sulla traduzione di Stefano Valenti, a partire dall'”acide nitrique” che è diventato “acido citrico” nelle prime pagine. Fare una nuova traduzione di un testo di un secolo e mezzo fa dovrebbe renderlo più scorrevole, cosa che non mi pare sia successa.