Non ho nessuna intenzione di parlare delle idee politiche di Antonio Pennacchi, morto l’altroieri. Ho sempre trovato il concetto di “fasciocomunismo” qualcosa di insensato. Non posso nemmeno parlare del Pennacchi che scriveva narrativa: confesso di non avere mai letto Canale Mussolini. Però un suo libro l’ho letto: Fascio e martello, che racconta dei luoghi fondati dal fascismo in tutta Italia (ce ne sono quasi 150, da città come Latina a borghi di due o tre case). E vi assicuro che anche se tecnicamente è un saggio si legge come fosse un romanzo, il che significa che sapeva scrivere davvero bene. Ecco perché mi dispiace la sua morte.
Ultimo aggiornamento: 2021-08-05 09:53
Letti entrambi. Piaciuti molto. Forse perché sono cresciuta in una Bz che aveva ancora l’impronta e la logica urbanistica del Fascismo (la piramide che si incuneava fra i due nuclei originari tedeschi con la base fatta dalle “semirurali”- le casette con orto per i contadini in prevalenza del Veneto e dell’Emilia diventati operai delle fabbriche, poi il quartiere della media borghesia – gli impiegati della struttura amministrativa, gli insegnanti- anch’essi provenienti da tutta Italia, quindi gli uffici pubblici e infine il vertice costituito dalla sede di quello che fu il Quarto Corpo D’Armata -ora soppresso- a simboleggiare la struttura politico-sociale del tempo) e a scuola ce ne hanno sempre parlato molto, ma ho trovato entrambi i libri ben fatti e appassionanti.