Non mi è molto chiara la logica di un libro (Andrew Blauner (ed.), Peanuts : Charlie Brown, Snoopy e il senso della vita [The Peanuts Papers], La nave di Teseo 2021 [2019], pag. 416, € 9,99 (cartaceo: 20,90), ISBN 978-88-9395-595-9, trad. Tiziana Lo Porto e Chiara Baffa) che raccoglie un paio di dozzine di interventi su Schulz e Peanuts che dicono quasi tutte le stesse cose: il periodo d’oro sono stati gli anni ’60, Schulz era depresso e lo si vede chiaramente, Charlie Brown è il perdente che sa di esserlo, e via discorrendo. Salvo giusto gli interventi di Elissa Schappell (“Je suis Sally Brown”) e Jonathan Franzen (“Due pony”) che si sono finalmente allontanati dai soliti triti cliché. L’edizione epub che ho letto io, a parte avere un errore nel titolo (“Peantus”?) ha poi problemi di impaginazione: ogni tanto si apre un capoverso a caso, e vi assicuro che leggere un libro così è snervante. Anche la traduzione di Tiziana Lo Porto e Chiara Baffa non mi pare al top, con frasi tipo «Quando la tua classe aumenta di numero da sedici a ventuno bambine in tutto, la maggior parte delle quali sta buona per dodici anni, non hai scampo.» (in originale «When your entire grade ranges in size from sixteen to twenty-one girls, most of whom stay put for twelve years, no breaks are given.») oppure «Charlie Brown decide che Schroeder è completamente privo di senso dell’umorismo perché non ride a una sua battuta su Händel: “Un musicista chiede a un altro se gli va di suonare il coro dell’Hallelujah, e quello risponde: ‘Certo, lo brahm-avo!’.”» con una nota del traduttore «Reso nell’edizione italiana come Brahms.» Occhei, la traduzione originale italiana era senza senso (l’Alleluja è il brano händeliano eponimo, se cambi compositore rendi incomprensibile la battuta); ma quella NdT non è nemmeno una foglia di fico. Insomma, non ve lo consiglio.