COVID-19 and public policy in the digital age (libro)

“Nobody expects the Spanish Inquisition!” Un po’ come nello sketch dei Monty Python, nessun governo si aspettava una pandemia. Quando si è capito che il Covid-19 non era una semplice influenza, si sono visti tanti modi diversi di gestirlo. In questo libro (Andrea Monti e Raymond Wacks, COVID-19 and public policy in the digital age, Routledge 2020, pag. 155, € 38,99, ISBN 9780367560232) Monti e Wacks guardano alle misure prese nel 2020 da un punto di vista diverso da quelli che troviamo trattati di solito: quello dei rapporti tra sicurezza nazionale, ordine pubblico e tecnologie digitali. Le cose non sono affatto semplici: lo si è visto soprattutto nei primi mesi, quando gli scienziati non erano per nulla d’accordo sulle scelte migliori, sia per la mancanza di dati a sufficienza che per il funzionamento stesso del metodo scientifico, senza contare il fatto che la medicina è ancora oggi una scienza empirica. I governanti a loro volta venivano tirati per la giacchetta da portatori di interessi contrastanti, il che ha probabilmente portato a ulteriori errori. La parte sicuramente più interessante della trattazione, almeno per me, è quella sull’approccio verso libertà individuali e diritto alla privacy. Monti e Wacks ritengono che non siano assolute ma relative, e che in casi eccezionali possano essere temporaneamente ridotti, anche se sarebbe auspicabile basarsi sul consenso della popolazione anziché sulla definizione di misure ad hoc. In effetti le democrazie del sudest asiatico come Taiwan e Corea del Sud – che però, a differenza di quanto ho scritto sopra, un piano ce l’avevano… – si sono comportate meglio di quelle occidentali; questo non solo per l’abitudine di quelle popolazioni a una maggiore obbedienza, ma anche per l’uso amplissimo seppur non esagerato delle tecnologie digitali che in Occidente sono state snobbate forse per paura di un Grande Fratello. (Nel testo si accenna a Google e Apple che hanno modificato i sistemi operativi per far funzionare il tracciamento, ma viene notato come la mancata geolocalizzazione abbia drasticamente ridotto l’utilità del sistema; per carità di patria non hanno aggiunto nulla su Immuni ed omologhi). L’unico appunto che faccio al libro è che è davvero troppo denso. A me non piacciono i testi sbrodolati; ma qui facevo fatica a leggere più di sette-otto pagine per volta. Ma consiglio davvero la lettura a chiunque voglia evitare di parlare solo per slogan: la fatica che si farà sarà premiata, e l’amplissima bibliografia che troverete è un bonus.

Ultimo aggiornamento: 2021-03-30 12:01

3 pensieri su “COVID-19 and public policy in the digital age (libro)

  1. Bubbo Bubboni

    Non ho capito. Il libro riesce a trovare una logica nell’approccio “privacy” europeo?? (non direi occidentale perché USA e UK sono radicalmente diverse)
    Cioè gli interventi dei vari garanti privacy EU hanno avuto una logica teoricamente definibile come razionale, ancorché non necessariamente condivisbile??
    Se il libro riesce a spiegarmi perché è interesse della collettività e del singolo impedire (un po’ sì e un po’ no, ci mancherebbe!), ad esempio, la rilevazione della temperatura di persone che entrano in un luogo chiuso e il controllo medico immediato di quelli sospettati di essere malati… lo leggo subito!

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