Da una decina d’anni o giù di lì la filosofia della matematica ha cominciato a incuriosirmi. Mentre la filosofia della scienza è abbastanza nota almeno a chi mastica un po’ di questi temi – Popper, Kuhn, Feyerabend sono nomi che si sentono in giro – il corrispondente matematico si ferma di solito ai fondamenti o al più a Bertrand Russell. Ho preso così questo libro (Frédéric Patras, Il pensiero matematico contemporaneo [La pensée mathématique contemporaine], Bollati Boringhieri 2017, pag. 182, € 12, ISBN 9788833928586, trad. Giovanna de Vivo e Paolo Pagli) ma devo ammettere che è troppo complicato per me. Il problema non è la buona traduzione di Giovanna de Vivo e Paolo Pagli; è proprio che mi manca il lessico filosofico e fors’anche quello matematico necessario per comprendere cosa scrive Patras. Mi è chiaro che afferma che il formalismo e il metodo assiomatico hilbertiano sono una strada ormai chiusa, ma questo era già noto. Per il resto, racconta delle due teorie del ventesimo secolo, lo strutturalismo partito da Bourbaki e le categorie, entrambe nate per unificare la matematica senza però riuscirci. I nomi dei matematici che a suo dire hanno più pensato alla filosofia della matematica sono Hermann Weyl, René Thom (di cui stronca la teoria delle catastrofi, o meglio il tentativo di renderla un concetto unificante) e soprattutto Alexander Grothendieck. Patras nota come costoro non abbiano mai pensato alla matematica come qualcosa di astratto, pur se l’astrazione serve a trovare punti in comune tra le varie branche, ma come qualcosa di strettamente collegato alla realtà. Di più non ho capito, lo ammetto…
Ultimo aggiornamento: 2021-03-08 16:09