Trump e la Web Tax

In tutta la storia sulla riunione per commemorare i settant’anni della Nato, forse non ha avuto molta eco la minaccia di Trump di imporre dazi alla Francia (e a seguire a Italia, Turchia e Austria) in ritorsione alla Web Tax approvata dai transalpini.

Sì, lo sappiamo tutti che Trump ha poche idee ma fisse, e una di queste è quella dei dazi. E sappiamo anche tutti che i giganti del web pagano ben poche tasse, e soprattutto non le pagano in Italia o in Francia. Però la situazione complessiva è un po’ più complicata, se non ricordo male (e se mi ricordo male so benissimo che ci sarà qualcuno che mi correggerà). Uno dei punti fondamentali del commercio elettronico USA è che non paga la “sales tax”, a differenza di quanto accade in un qualsiasi negozio fisico. Ricordo che alla fine dello scorso millennio c’era stato un tentativo di togliere questo privilegio, tentativo che è stato prontamente rintuzzato. Ecco che quindi per un americano vedere uno stato, anche estero, che ti chieda delle tasse su un bene comprato online è un’eresia. Il fatto che a guadagnarci siano le aziende americane è bello, ma secondario.

Il guaio è che da un lato questa situazione non dovrebbe esserci, ma dall’altro risolverla significherebbe avere un vero coordinamento mondiale, e non mi pare che la cosa sia in vista… Insomma, aspettatevi tempi ancora più interessanti.

Ultimo aggiornamento: 2019-12-05 16:43

2 pensieri su “Trump e la Web Tax

  1. Mestesso

    Alcuni stati USA non hanno sales tax (il più famoso è il paradiso fiscale interno Delaware). Basta mettere la base lì e si ha la certezza di non pagare la sales tax sulle vendite online ovunque in USA. In altri stati invece sono state messe clausole a riguardo *anche* per le vendite online.

  2. Stefano Scardovi

    Un coordinamento mondiale non lo farai (dubito che il WTO ne abbia la capacità) ma puoi imporre un rappresentante legale e fiscale a chi vende nel tuo Paese oltro una certa soglia.
    Il problema è che sarebbe tutt’altro che risolutivo se poi aziende come Starbucks in Germania non paga tasse pur con i negozi fisici perché tutti gli utili vengono usati per pagare il diritto di sfruttamento del marchio in un Paese che non fa pagare tasse sugli utili generati dallo sfruttamento del marchio.

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