L’altro giorno su Repubblica (rectius, Robinson) c’è stato il ricorrente articolo che mette in guardia l’ignaro lettore dal pericolo di postare (caterve di) foto dei propri figli. Per la cronaca, l’autore dell’articolo, Vittorio Lingiardi, è professore ordinario di psicologia dinamica. Chi mi conosce sa che io non posto praticamente mai le foto dei miei gemelli, e quando le faccio li riprendo di schiena e soprattutto in situazioni di cui in futuro non avranno nulla da preoccuparsi: quando saranno maggiorenni, poi saranno affari loro come gestirsi. Insomma, non ho nulla da dire sulla tesi dell’articolo: ma sul contenuto sì.
Troviamo frasi come queste: «Come documenta il New York Times, cresce il numero dei bambini e degli adolescenti che, risentiti per la violazione della loro privacy, hanno deciso di affrontare i genitori.» «Intervistata sul Guardian, una mamma dice che pubblica le foto dei suoi bambini per “dimostrare di essere una brava mamma”.» «Ho letto che, secondo uno studio condotto nel 2015 dall’associazione inglese Parent Zone, un bambino attorno ai 5 anni è già protagonista di almeno mille foto postate dai genitori.» «La Francia è corsa ai ripari, con una legge sulla privacy che consente ai figli, una volta adulti, di denunciare i genitori per avere condiviso immagini in rete senza il loro permesso.» Cos’hanno in comune queste frasi? Semplice: non hanno nessun link.
Non ho dubbi che Lingiardi quei siti li abbia letti o almeno scorsi. Ho anche presente che Robinson esce (anche) su carta, dove si fa più fatica a mettere i link. Ma continuo a trovare inqualificabile che nella versione in rete questi link non ci siano. Sarà magari vero che il 90% dei lettori tanto non saprebbe leggere articoli in una lingua diversa dall’italiano, e che non è difficile per i cognoscenti trovare i link (uno, tre, quattro; mi manca l’articolo del Guardian). Ma questo non significa nulla. Scopo di un giornale dovrebbe anche essere quello di fare da punto di partenza per successivi approfondimenti: da noi questo è impossibile.
Sante parole.