_Arlecchino servitore di due padroni_ (teatro)

È la terza volta che andiamo a vedere l’Arlecchino. A differenza delle prime due, non c’è più Ferruccio Soleri (che comunque ho scoperto averlo ancora interpretato l’anno scorso!), ma Enrico Bonavera che comunque ha già anche lui la sua bella età (è del 1955). Ma soprattutto c’erano i gemelli, per la prima volta a teatro.

L’allestimento è sempre quello per la regia di Strehler e la messa in scena di Soleri: quindi si ci allontana un po’ dall’originale goldoniano. Tanto per dire, vi ricordo che il protagonista non era Arlecchino, bensì Truffaldino… Ovviamente la parte dialettale è meno forte che nell’originale, anche se ho dei dubbi che tutte le parole vengano comprese. Che “scarsèla” sia la tasca lo si capisce dal contesto, ma “tóla” per tavola mi pare un po’ più complicato…

Rispetto alle edizioni che ho visto, si gioca un po’ di più a rompere la quarta parete, con gli attori che parlano dell’opera prima dell’inizio degli atti (si comincia con una citazione dall’Edipo Re, tanto per dire), siparietti sullo sfondo tra chi non è in scena, e l’ormai classica discesa dal palco all’ultima scena. Da questo punto di vista avere preso dei posti in prima fila si è rivelato vincente per il duo: Cecilia alla fine mi ha confessato “Avrei potuto toccare gli attori… ma non l’ho fatto, eh!” e persino Jacopo ha riso di gusto. Soprattutto hanno resistito per tre ore: d’accordo che negli intervalli sono usciti nel chiostro del Grassi per correre e saltare, ma è stata comunque un’impresa per loro. Insomma, promossi!

Ultimo aggiornamento: 2019-09-24 21:57

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