La scorsa settimana sul Corriere la sociologa Anna Zinola ha scritto un breve articolo nel quale argomenta, citando il libro Il lavoro ombra di Craig Lambert, che il progressivo aumento dell’automazione «erode il tempo libero individuale (il lavoro invisibile incrementa in maniera impercettibile ma costante i nostri carichi quotidiani) e riduce il numero degli addetti stipendiati.»
Sulla seconda parte della frase, nulla da eccepire. Dovremmo in realtà discutere se non abbia senso rivedere da zero il concetto di lavoro, ma quello è un tema planetario e non certo nazionale. Sulla prima parte, permettetemi di avere qualche dubbio. Se faccio il pieno al self service è vero che impiego parte del mio tempo. Ma come potrei impiegare il tempo mentre il benzinaio mi fa il pieno? Guardando l’ultimo video di YouTube? Commentando su Facebook? Non contiamo poi la banale considerazione che fare un bonifico online mi costa meno tempo che andare in banca, e probabilmente mi costa anche meno soldi.
Quello che però mi fa più specie è la frase «Ogni volta che scriviamo una recensione su un blog, condividiamo un contenuto su un social media o carichiamo un video su una piattaforma lavoriamo, più o meno consapevolmente, gratis per qualcuno». Innanzitutto notate come si mischino due concetti completamente diversi. Se io condivido un contenuto (o posto un video altrui) sto effettivamente lavorando per il social media manager che aveva preparato quel contenuto. Possiamo di nuovo discutere se è una cosa bella o meno bella – io tendo a non condividere certe cose proprio per non fare pubblicità – ma stiamo in effetti lavorando gratis per lui. Ma se scrivo una recensione, la cosa è diversa. Ok, se la posto su Facebook potrei dire che lavoro gratis per Zuckerberg. Ma il punto chiave è “per Zuckerberg”, non “lavoro gratis”: se posto la recensione sul mio blog lavoro gratis per chiunque voglia leggere la recensione, e questa è una mia scelta consapevole, e soprattutto non è “lavoro” perché è qualcosa che faccio di mia spontanea volontà. Se proprio vuoi lamentarti, lamentati che tolgo il lavoro ai commentatori di professione, ammesso che ciò sia vero; ma non dirmi che vengo sfruttato da qualcuno. Semplice, no?
L’avevo notato anch’io. La spiegazione che mi sono dato è che la sociologa in questione manco sospetti che uno possa scrivere un proprio post sul PROPRIO blog anziché su quello di Zuckerberg (o Brin, o altri)
si sa che i sociologhi guardano i grandi numeri :-)