Ricordate la mia vicenda – a senso unico, in effetti – con Gianluca Comazzi? Dopo la sua ultima missiva, avevo scritto all’indirizzo indicato nella sua missiva, scrivicomazzi@hotmail.com, chiedendo di essere tolto dal suo indirizziario e chiedendo una risposta ai sensi della legge sulla privacy. Provate a indovinare che è successo.
Passati i quindici giorni di prammatica, ho scritto nel mio miglior burocratese all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, facendo una segnalazione sulla mancata risposta. Forse non sapete che ci sono due diverse modalità di interpellare il Garante: con il reclamo (paghi 150 euro di diritti di segreteria) e con la segnalazione (gratuita: serve a fornire «un eventuale intervento dell’Autorità volto a controllare più genericamente l’applicazione della disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali»). Il Garante ha risposto la mattina dopo: ecco la sua risposta.
Gentile Signor Codogno,
in relazione alla Sua e-mail di seguito riportata, Le rappresentiamo che l’interessato, dopo aver correttamente posto in essere la procedura dell’interpello preventivo (esercizio dei diritti ex art. 7 del d. lg. n.196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali) nei confronti del titolare del trattamento del dato e in seguito a mancato o inidoneo riscontro alla richiesta inoltrata, può presentare ricorso al Garante o all’autorità giudiziaria secondo quanto sancito dagli artt. 145 e seguenti del codice medesimo.
A tal proposito e per approfondimenti relativi alle modalità per attivare gli strumenti di tutela previsti dal menzionato Codice, rinviamo alla scheda informativa “Come agire per tutelare i nostri dati personali?”, contenente l’illustrazione delle diverse modalità, tra cui il ricorso, previste per rivolgersi al Garante (la scheda è presente sulla homepage del sito www.garanteprivacy.it nella sezione “Diritti e Prevenzione” > “Come tutelare la tua privacy”).
Precisiamo che il previsto pagamento dei diritti di segreteria, dell’ammontare di euro 150,00, può essere effettuato, alternativamente, con le seguenti coordinate:
conto corrente presso Banca Popolare di Sondrio – Ag. 26 – Roma – IBAN: IT14 H056 9603 2260 0000 3900 X58 – CODICE SWIFT: POSOIT22;
conto corrente presso Poste Italiane S.p.A. – IBAN: IT 75 Y 07601 03200 000096677000;
bollettino di conto corrente postale n. 96677000,
tutti intestati a “Garante per la protezione dei dati personali”, Piazza di Monte Citorio, 115/121 – 00186 Roma, indicando come causale “diritti di segreteria per ricorsi”.
Su tali aspetti può reperire ulteriori chiarimenti nelle FAQ pubblicate sul sito istituzionale del Garante, nella sezione “Esercizio dei diritti e ricorso: le domande più frequenti “, consultabili al seguente link: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3497679
Per ulteriori chiarimenti, La invitiamo a contattare l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (10-12.30; lun-ven) ai recapiti indicati di seguito.
Cordiali saluti, [footer]
Traduzione in italiano corrente: “Questo è un messaggio automatico, a parte il nome in cima alla mail. Se non sganci, non ce ne può fregare di meno di quello che hai detto.” La mia risposta – beh, non è proprio mia, me l’ha suggerita un uccellino – è stata per la cronaca
Egregi Signori,
Come per legge, l’Autorita’ puo’ attivarsi in modo indipendente dalla presentazione di un ricorso, a fronte della semplice segnalazione.
Prendo atto, dal tenore della vostra risposta, che non ritenete di intervenire in un caso che riguarda il trattamento di dati personali afferenti a dati sensibili relativi ai diritti politici.
Detto tra noi, il Garante può anche decidere di avviare un’istruttoria senza alcuna segnalazione (come specificato articolo 15 del Regolamento. Ma perché mai dovrebbe inimicarsi un politico, che tanto soldi da pagare probabilmente non ne ha più di tanti?
Detto fra noi, proviamo a scalare le cose. Il numero di violazioni di questo tipo su tutto il territorio nazionale deve essere una cifra con diversi zeri (penso a tutti quei soggetti di natura commerciale, non politici) la cui gravità, dal punto di vista del Garante, è esattamente la stessa della tua. Qualsiasi autorità garante ha del personale allocato ex-ante, cioè per seguire le pratiche dal basso come questa limitato non dalle richieste ma arbitrariamente. Quindi si mettono paletti tip i 150 euri per fare sì che solo “la roba seria” passi.
Non piace, ma è così, ed io avrei fatto lo stesso, magari cambiando la cifra un poco in basso, ma la logica è l’unica possibile. L’altra, tengo a precisarlo, è dire “ho ricevuto la richiesta” per poi metterla nella maggior parte dei casi nel cestino (senza dirti nulla, naturalmente).
rimanendo su un piano strettamente economico, il costo marginale di scrivere una email all’indirizzo da me indicato è virtualmente nullo, e il costo di salvare un’eventuale sua risposta (senza leggerla) è molto piccolo. Poi si può vedere se le segnalazioni aumentano.
Oppure chiudiamo l’authority e viviamo finalmente più tranquilli.
“Oppure chiudiamo l’authority e viviamo finalmente più tranquilli.”
Un ragionamento del genere lo vedevo di più da parte di un penstellato.
Qualcosa l’authority fa, se la chiudi neppure quel poco verrà fatto. Poi naturalmente non è gente che si ammazza di lavoro, ma buttare tutto è appunto roba da populisti spicci.
fammi esempi pratici di cosa fa l’authority, per favore.
Proprio nulla nulla non direi, dai…
http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/7669928
Ti stupirà, ma nel campo professionale il garante è piuttosto temuto per i conseguenti danni di immagine nel caso di violazioni e l’effetto finale è essenzialmente di tipo dissuasivo. Insomma, basta la presenza, specie per i business medio grandi.
Con la GDPR poi di carne al fuoco ne vedremo parecchia, già vedo ricorsi all’orizzonte.