Ofo: prova su strada

A Milano ormai è più facile trovare una bicicletta che un parcheggio. Alla ormai classica BikeMi si sono infatti aggiunti due servizi “a flusso libero”, di quelli cioè simili al car sharing: si prenota una bici con la app o la si prende al volo, e poi la si lascia dove si vuole. MoBike non lo provo nemmeno: essendo io alto un metro e 93, quelle bici mi sembrano da puffi (e comunque l’app è bloccata dal mio APN aziendale, e cambiare APN è uno sbattimento). Restano le bici gialle di Ofo, anch’esse cinesi. Fino a fine mese sono usabili gratuitamente, così ieri – visto che dovevo andare in un posto scomodo con BikeMi – ho provato a prenderne una. In realtà non ci sono riuscito: è vero che non ho provato a prenotarla, ma l’app me ne indicava una in via Appiani che non ho affatto visto. La mia sensazione è che l’app non sia aggiornata in tempo reale, il che non è molto bello. Anche per rientrare a casa non sono riuscito a trovare nulla in san Babila, anche se ne venivano indicate tre; alla fine ho lasciato perdere e mi sono preso una BikeMi. Ma stamattina il destino cinico e baro mi ha dato una seconda opportunità. La stazione BikeMi di Maciachini era fuori servizio, e quella di Stelvio/Farini mi dava errore, quindi ho di nuovo tirato fuori il furbofono alla caccia di una bici. Di nuovo quella in piazza Pasolini non era pervenuta, ma andando verso la san Pio X ne ho finalmente vista una tutta sola soletta all’angolo della strada.

Per sbloccare la bici occorre avere il Bluetooth attivato. Pensavo fosse un modo per sincerarsi di non lasciare la bicicletta incustodita, ma visto che a quanto pare si può anche digitare a mano il codice della bici non è così. Mistero. La sella si può alzare un po’ più di quella di MoBike, ma non quanto vorrei; le gomme piene sono una tragedia sul pavè tipo in piazza Principessa Clotilde, e bisogna insomma abituarsi. Dal punto di vista positivo, il cambio funziona bene e il rapporto duro è davvero duro, facevo fatica a ripartire tanto che alla fine passavo alla seconda; insomma se si vuole si raggiunge una discreta velocità. Il meccanismo di blocco funziona bene anche per la chiusura; la bici sembra robusta – ma è ovviamente ancora nuova. L’app alla fine ti segnala quanto hai pagato (in questo caso zero) e quanto tempo hai usato la bici (non il percorso specifico, però); si può pagare con carta di credito o di debito. Ho notato che al momento ho un coupon di due euro che scade tra due mesi: immagino sia il regalo di primo uso.

Devo infine segnalare una povertà assoluta del sito e dell’app; è virtualmente impossibile trovare informazioni puntuali, anche su cose banali tipo “qual è l’area in cui si può usare la bici?”. Notate che ne sono state avvistate a Sesto San Giovanni e Cinisello. Spero in un miglioramento anche da questo punto di vista.

Ultimo aggiornamento: 2019-04-01 17:33

6 pensieri su “Ofo: prova su strada

  1. Labadal

    Un pensiero ad alta voce:
    Trovo interessante l’improvviso dilagare di questi schemi per bike sharing in diverse citta’ europee (almeno in quelle in cui le bici non erano utilizzate. Non credo che Oxo avrebbe molto successo ad Amsterdam o Copenaghen).
    Le compagnie sono quasi tutte cinesi e le modalita’ molto simili tra loro, in particolare il fatto che le bici non sono in una trastrelliera ma libere di essere prese e lasciate.
    Vorrei capire qual e’ il fattore che ha dato il via al processo. La disponibilita’ di app e gps per tracciare le bici? Ridotti costi di produzione? Apertura dei cinesi verso mercati occidentali che per noi sono di nicchia e per loro fanno parte del core business?

    1. .mau. Autore articolo

      credo che ci sia un po’ tutto. Il gps è per forza necessario; inoltre le bici sono studiate per avere parti non-standard in modo che non vengano usare come fonte di pezzi di ricambio, e quindi occorre una certa qual economia di scala. Poi io di economia non ci capisco un tubo.

    2. Bubbo Bubboni

      Tutto giusto, il processo è stato avviato dalla disponilibità della tecnologia (smartphone + GPS), settore che si basa su grandi numeri, opportunità di investire in mercati diversi (e quindi di ridurre i rischi, anche perché se ci sono problemi si sposta tutta da qualche altra parte e si riprova).

      Aggiungo però un fattore ideologico. Nella religione neoliberista il massimo dello schifo sono gli autobus comunali e il mezzo di trasporto ideale sono le automobili private. In questa graduatoria le biclette (che sono sempre private o “del mercato”, cioè non statali) si inseriscono abbastanza bene e infatti ci sono appositi progetti europei con lo slogan “mobilità sostenibile” che sono ideologicamente compatibili e che “sostengono” bike- e car-sharing con qualche minimo finanziamento. Non sarà l’enorme sostegno statale a Ryanair ma è sempre meglio che gli ostacoli messi a Uber!

  2. Maurizio Camagna

    Una nota sul fatto che le bici non sono mai dove vengono indicate dall’app. In realtà ci sono, solo che i soliti furbi le chiudono nei cortili, negli androni, all’interno dei condomini… Ho personalmente visto due persone (mamma con figlio, non il genere di malvivente che magari vi potete immaginare) portarsele fuori dal portone di casa. Insomma, le trasformano in biciclette private. Quello che manca davvero è la possibilità di segnalare con precisione quale bici non sia stata trovata e un meccanismo di punizione possibilmente severissimo di quelli che se le chiudono in casa.

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