Robin Dunbar è soprattutto noto per il suo eponimo numero, circa 150, che indica il massimo numero di “amici”, nel senso di persone con cui si può interagire seriamente. In questo suo vecchio libro (Robin Dunbar, Non sparate sulla scienza [The Trouble With Science], Longanesi 1996 [1995], pag. 288 ISBN 9788830413573, trad. Laura Serra), che inaugurò la collana “La lente di Galileo” di Longanesi, Dunbar si occupa però di un altro tema, ancora oggi al centro dell’attenzione: la perdta dello status che la scienza e gli scienziati avevano avuto tra l’Ottocento e il primo Novecento, guardando le cose soprattutto dal suo punto di vista britannico. Le colpe, a suo dire, sono varie. Da una parte sono nate intere teorie che rifiutano le premesse del metodo scientifico, definendolo solo una tra le tante possibilità – il famigerato relativismo. I politici tendono a vedere solo il tornaconto immediato, e chi gestisce i media prefersice di gran lunga il sensazionalismo. Ma anche gli scienziati hanno le loro colpe, per non riuscire a comprendere che la gente comune non può sguire un progresso che è sempre più matematico e fuori dal mondo comune, e non possono lasciare il campo ai divulgatori (mi fischiano le orecchie…) che non hanno la passione e speso nemmeno le competenze necessarie per una vera spiegazione dai temi. La traduzione di Laura Serra mi è parsa corretta ma antiquata: nulla di preciso, solo una mia sensazione.