“noi partecipativo”

A quanto pare, tale Roberta Chiroli, ai tempi laureanda in antropologia, è stata condannata a due mesi di prigione con la condizionale per avere partecipato “moralmente” agli scontri no-Tav. Non è ancora dato sapere il motivo della condanna (che sarà pubblicato tra trenta giorni), mentre un’altra dottoranda pure presente è stata assolta: secondo il suo avvocato, esso potrebbe essere «la cifra stilistica usata nei due lavori accademici: una si è espressa in terza persona, l’altra ha usato la prima plurale».
I reati di opinione sono sempre difficili da comprendere, e spesso sono arbitrari: a questo punto spero che i motivi della differenza siano altri e più corposi. Quello che però non capisco è l’uso del “noi partecipativo” in una tesi di antropologia. Checché ne dicano qui (“nella ricerca etnografica il posizionamento del ricercatore rispetto all’oggetto della ricerca è una scelta soggettiva che fa parte di ciò che si chiama storytelling”) ero convinto che un bravo antropologo, pur facendo in modo di non essere un corpo estraneo, dovesse però rimanere separato dalla popolazione che studia, proprio per non perdere l’oggettività. Mi incuriosisce sapere che voto di laurea ha preso.

Ultimo aggiornamento: 2016-06-22 13:07

13 pensieri su ““noi partecipativo”

  1. Mauro

    Il voto probabilmente sarà dipeso dal fatto se la commissione era pro- o anti-TAV, non dalla qualità del lavoro.

    1. Barbara

      A nome dei docenti universitari italiani, grazie per la stima nei nostri confronti.

      1. Mauro

        Io ho molta stima dei docenti universitari (o almeno della maggioranza di essi ;) ) però in casi del genere succede inconsciamente di abbassare o alzare un po’ il voto a seconda delle proprie convinzioni. Temi del genere non sono scienze esatte dove qualcosa è giusto o sbagliato indipendentemente da ciò che ci piace. Non sto parlando di malafede, sto parlando di debolezze umane e i docenti universitari prima di essere docenti sono esseri umani.

        1. Bubbo Bubboni

          Nelle scienze “non esatte” le cose non sono giuste o sbagliate a seconda di quello che ci piace!
          Ci sono metodi di lavoro che hanno una storia e delle regole e c’è chi, esattamente come capita nelle scienze “esatte”, va “a muzzo” o segue determinati interessi.
          Altre grosse opere come il Vajont, Seveso o Fukushima sono tutte basate sulle scienze esatte ma direi che è (tuttora) legittimo avere delle opinioni sul risultato.

          1. Mauro

            Lo so. Rileggi meglio quello che ho scritto: ho parlato di “casi del genere” cioè di argomenti spinosi come il discorso TAV, non di scienze non esatte in generale.
            se poi mi si vuole mettere in bocca ciò che non ho detto mi tiro fuori.

        2. Barbara

          Nella mia vita di discente sono sempre stata rispettata: ho preso dieci in filosofia in terza e quarta liceo col prof comunista, e dieci in quinta col prof missino. All’università mi hanno dato bei voti in geometria, che amavo, come in analisi, benché non facessi alcun mistero che ne ritenevo i corsi noiosi e poco creativi.

          Quanto alle scienze esatte, il plurale è scorretto perché ce n’è una sola :) e anche in quella ci sono differenze di precisione, di gusto e di stile. La sua affermazione potrebbe diventare, in matematica “Il voto probabilmente sarà dipeso dal fatto se la commissione era pro- o anti-teoria delle categorie, non dalla qualità del lavoro”.

          Penso che tutti i docenti chiamati a fare una valutazione facciano del loro meglio per essere il più imparziali possibile; siamo umani, ma siamo anche dei professionisti. Un comportamento come da lei ipotizzato andrebbe contro la nostra etica professionale.

          1. un cattolico

            @Barbara il 66 a Pannella come lo spieghi?
            Possibile che studiasse sempre il minimo necessario per passare un esame e possibile che la sua tesi facesse cosí tanto schifo da attribuirle ben 0 punti?

          2. un cattolico

            Ot: se mai fosse applicato un voto negativo lo studente potrebbe facilmente contestare nella sede opportuna, dal momento che nei regolamenti universitari non viene mai esplicitato quale sia il voto massimo negativo attribuibile ad una tesi, e non è certo ammissibile la discrezionalità dei professori sula scala di valutazione.

          3. .mau. Autore articolo

            @un cattolico: e chi l’ha detto? Quando mi sono laureato a Pisa, il regolamento esplicitava che la tesi dava da -110 a +10 punti.
            È anche vero che noi eravamo a matematica, dove in dipartimento c’era una porta con un cartello con su scritto “questa porta deve sempre essere chiusa, tranne che per passarci attraverso”.

          4. un cattolico

            «il regolamento esplicitava che la tesi dava da -110 a +10 punti.»

            In pratica dai tuoi anni ad oggi i prof dell’UniPi sono diventati estremamente più buoni :-)

            Regolamento Laurea/Laurea Magistrale 2015-16:
            «Il punteggio di tesi, espresso in centodecimi, è attribuito dalla Commissione di Laurea, e può variare da un minimo di 4 punti a un massimo di 10 punti, secondo il seguente schema di riferimento:
            – tesi sufficiente: 4 punti;
            – tesi discreta: 6 punti;
            – tesi buona: 8 punti;
            – tesi ottima: 10 punti.
            In casi eccezionali è possibile l’attribuzione di un voto di laurea anche superiore a quanto finora previsto; il Consiglio di corso di studio stabilisce le modalità con le quali individuare tali casi eccezionali; tali modalità devono comunque prevedere una proposta motivata scritta dal relatore e sottoposta con congruo anticipo rispetto alla data di discussione della tesi»

            Insomma al più prevedono eccezioni per dare più di 10 punti, ma se la tesi non è sufficiente il voto è zero, manco negativo.
            https://www.dm.unipi.it/webnew/sites/default/files/Regolamento%20LM%20formattato.pdf

  2. Bubbo Bubboni

    Il “noi partecipativo” è un espediente narrativo, non mi sembra così strano. Ad esempio Remotti scrive anche frasi come ” Noi siamo fatti così e vogliamo difendere la nostra sostanza” oppure “Per noi, in ogni caso, è estremamente più importante la purezza della nostra identità. Quello che succede al di fuori dei confini del “noi” sono meri accidenti, adiàfora, di cui è bene non occuparsi.” (le frasi sono in contesto in cui l’antropologo sta sostenendo il contrario di quello che sembra, però non tutti sarebbero in grado di capirlo).
    Qui a stupire è solo il tipo di reati in oggetto (non credo sia salutare aggiungere altro sul punto) e il fatto che in tanti paesi non esiste più una libertà di ricerca adeguata ai problemi contemporanei.
    Pare che dopo la laurea a Ca’ Foscari la condannata si trovi in Inghilterra. Anche considerando l’inadeguato sostegno istituzionale sul caso Reggeni… forse è comunque meglio restarci!

    1. Bubbo Bubboni

      Dimenticavo che in tante nazioni è diffuso lo studio della grammatica ma non della letteratura, della preistoria e ma non della storia contemporanea, della tecnica pittorica ma non della storia dell’arte. E, in generale, tutte le discipline si insegnano accuratamente private della prospettiva storica, per cui una frase di Hitler è buona quanto una di Bubboni per vedere, inutilmente e bovinamente, se nasconde una paronomasia o dell’iperbato di sodio.
      Se anche nei secoli questa sentenza verrà cancellata comuque chi voleva lanciare un messaggio lo ha fatto e mi aspetto che studenti e insegnanti di materie “sensibili” si faranno da soli un pizzino per ricordarselo.

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