Quando ho preso in biblioteca questo libro (Vincenzo Fano, I paradossi di Zenone, Carocci 2012, pag. 142, € 12, ISBN 9788843062676) ero piuttosto scettico: in fin dei conti sui paradossi di Zenone non c’è molto di nuovo da dire. Invece sono stato favorevolmente stupito dall’approccio a metà tra filosofia e scienza. Fano, almeno così ad occhio, è un aristotelico puro, e nelle pagine traspare la considerazione che il passaggio al metodo scientifico ha portato a tantissime applicazioni pratiche ma ha rappresentato un passo indietro sulla rappresentazione metafisica del mondo. E poiché i paradossi di Zenone riguardano proprio quest’ultima, dire “Achille raggiunge la tartaruga perché la serie infinita delle distanze percorse raggiungendo il punto in cui essa si trovava all’istante precedente converge” non ci dice molto di più del “solvitur ambulando” dell’antichità. In realtà la matematica moderna ha dato risposta a uno solo dei paradossi, quello per cui i punti che formano un segmento non possono avere lunghezza né nulla né maggiore di zero: la risposta è “la cardinalità del continuo è maggiore di quella numerabile, quindi infiniti zeri possono avere una somma diversa da zero”. L’unico appunto che faccio è che Fano è stato ottimista dicendo che il testo era autocontenuto e non richiedeva conoscenze specifiche: io ho fatto molta fatica a seguire la parte più filosofica e immagino qualcosa di simile capiterà con la matematica per chi invece di filosofia ne sa.
Ultimo aggiornamento: 2016-04-08 20:43