Sono ragionevolmente certo che ci siano delle mode nei nuovi negozi che spuntano: qualche anno fa tutti sembravano vendere sigarette elettroniche, poi siamo passati alle cialde per caffè. (I compro oro resistono, il che la dice lunga sulla crisi). Ad ogni modo, la scorsa settimana sono casualmente passato per via Fara e noto che sulla destra era stato aperto un nuovo punto vendita di Acqua&Sapone. Mi sono stupito un po’, considerando che ce n’è un altro in viale Zara a settecento metri di distanza, e mi sono anche chiesto come mai se ne fosse andato il NaturaSì che era storicamente lì. Poi ho controllato meglio e il NaturaSì continuava a esserci, al che ho cercato di fare mente locale per ricordarmi cosa c’era: dopo un po’ mi è venuto in mente che lì si trovava uno sportello di Unicredit (ai tempi, Banco di Sicilia). Sappiamo che il gruppo Unicredit è in difficoltà, e per esempio un paio di mesi fa hanno anche chiuso lo sportello di via Rosolino Pilo: ma certo un riciclaggio di questo tipo sarebbe stato impensabile un tempo.
(ah: è due giorni che mi sono accorto che l’edicola in via Stoppani angolo via Maiocchi ha le saracinesche giù. Se ha chiuso, sarebbe la seconda su quattro della zona in due anni)
Ultimo aggiornamento: 2015-11-13 16:01
Le cose non devono andare affatto male ad Acqua & Sapone, anche qui a Roma i punti vendita sono aumentati ultimamente!
Il sito elenca punti vendita fino al numero 899, ma è evidente che mancano alcuni numeri (ad esempio il n. 2, ma non so quanti):
http://www.acquaesapone.it/schedaPuntovendita.php?puntovendita=899
Fa impressione; fa tristezza; ci obbliga a constatare che il tempo passa. I miei trisnonni avevano un fiorente commercio di stecche per busti, fatte coi fanoni delle balene (a Firenze vicino a dove oggi c’è Gucci). A fine ‘800, cambiata la moda, dovettero chiudere …
Ciao (leggerti da un quarto di secolo, con sporadici contatti live, e non scrivere mai qui poteva essere un’anomalia, ma in realtà è che leggo quando non posso scrivere, e quando lo potrei fare faccio altro. Salvo sporadiche occasioni, tipo questa. Fine premessa).
I negozi di sigarette erano partiti come buon franchising: discreta scelta senza impegnare molte scorte, e con sufficiente aspettativa di vita dei prodotti in magazzino (impensabile con un negozio di alimenti bio, o di abbigliamento, o di elettronica di consumo). La tassazione di oltre il 50% dei prodotti (decisa nel 2013, poi dichiarata illegittima ma intanto applicata), con ovvia ricaduta sui consumi, ha ridotto drasticamente le nuove aperture, mentre se noti molte “nuove gestioni” di negozi di qualsiasi genere non superano i 4 anni (non perché poi diventano vecchie, ma perché cambiano gestione prima); davanti casa mia, prima di sposarmi, un negozio di abbigliamento è passato da tre diverse gestioni, mentre qui vicino siamo passati da un negozio di latticini ai telefonini all’agenzia immobiliare (che in realtà si è spostata lasciando il posto ad una parafarmacia). E sì, vicino è stato aperto un A&S, chiudendo una banca…
… che poi dovevo scrivere di altro, ma finché non scopro come si fa (scrivere una risposta, che conosco già) rimango in argomento: una cartoleria che è diventata internet point e poi parrucchiera, studio fotografico, tutto a 99c… no, eravamo sulle edicole: in realtà prima mi meravigliavo di come in certe zone ce ne fossero troppe, ora invece credo che la distribuzione sia proprio cambiata: i giornali li trovo più comodi al supermercato, i giornaletti non si cercano neanche più, si va su Internet, anzi te lo porti appresso…
Sì, anche al supermercato, se serve, trovi foderine imprrmeabili per i tablet :-)
@j-li:
Nella via dei miei un negozio è passato nel giro di 3 4 anni dall’essere un negozio di attrezzature per subacquei, ad una pompa funebre, poi un negozio di abbigliamento, infine un’autoscuola (specializzata a quel che vedo in patenti nautiche: perché dal vetro passando a piedi mi capita spesso di vedere lezioni di quel tipo), che è l’attuale gestione… O_o
Gli sportelli bancari e le edicole faranno la stessa fine che fecero i maniscalchi che ferravano i cavalli e le stazioni di posta con l’avvento delle automobili.
Fra qualche anno ci sarà una completa dematerializzazione del denaro e del rapporto con le società che ce lo custodiscono. E lo stesso vale per i giornali.
Benzinai, casellanti e molti altri simili sono lavori destinati a cessare di esistere.
Considerando cosa è in grado di fare Watson sono abbastanza sicuro che fra non molto anche noi programmatori mangeremo pane duro. La codifica di per se, il lavoro da “dattilografo” che scrive solo routines su architetture già progettate, sarà tranquillamente automatizzabile con poche istruzioni formali.