Ho iniziato a leggere – fino a domani niente testo completo, ma non credo cambierà molto – questo articolo di Repubblica sulla riforma del catasto che sembra essere di nuovo saltata. Le simulazioni darebbero «numeri pazzeschi, con le rendite che lievitano, in alcuni casi esplodono. Mettendo a rischio l’invarianza di gettito, caposaldo della delega stessa», e questo «nonostante lo sconto del 30%, inserito nel decreto per attutire i rialzi.»
Io che sono un’anima candida pensavo che in tutti questi anni i dati catastali fossero finalmente stati digitalizzati e quindi più che una simulazione si potesse fare il conto preciso del gettito: a questo punto, invece che dare uno sconto, bastava definire un moltiplicatore catastale per ottenere un gettito totale pari a quello attuale. Detto tra noi sarebbe il modo più semplice anche per il futuro: non si ha un valore catastale ma un coefficiente catastale, che viene moltiplicato per il moltiplicatore (scusate il gioco di parole) per ottenere il valore per l’anno in corso. Ma anche se non ci fossero tutti i dati si potrebbe comunque fare una stima più o meno corretta: non è certo il cinque percento in più che farebbe apparire questi dati allarmanti.
Il vero problema però è la totale mancanza di trasparenza. Dovrebbe essere chiaro a tutti che in una riforma a gettito costante c’è chi ci guadagna e chi ci perde. Se non è chiaro a qualcuno abbiamo un problema. Certo, la politica non è però la matematica, e su questo immagino siamo tutti d’accordo: ma la politica dovrebbe prendere decisioni informate, e spero che siamo tutti d’accordo anche su questo. Bene: perché non vengono resi pubblici dati aggregati che dicano (a) come cambierebbe il gettito per categoria catastale e (b) come cambierebbe il gettito per regione / (ex) provincia / comuni capoluogo / comuni per fasce di popolazione? Con quei dati alla mano si può discutere: magari si scopre che la riforma ha introdotto sperequazioni, oppure si scopre che le sperequazioni erano maggiori (sempre statisticamente parlando) col catasto attuale. Ma almeno si saprebbe di che si parla…
Ultimo aggiornamento: 2015-06-23 12:24
Scusa ma da dove evinci il fatto che i dati catastali non sarebbero digitalizzati?
L’articolo dice espressamente che la difficoltà non è nel reperire i dati. Essendo i valori catastali lontanissimi dalla realtà ed essendo la realtà notevolmente più cara del quadro (antico) del catasto il 99% degli aventi diritto pagherebbe più tasse (alla faccia della parità di gettito). Il problema è questo: come mettere assieme una fortissima rivalutazione della grande maggioranza degli immobili senza fare pagare di più a tutti.
“parità di gettito” non me lo sono inventato io, è scritto nella legge delega. È ovvio che rivalutando il catasto il 99,9% si troverebbe a pagare di più, ed è per questo che ci dovrebbe essere il concetto di moltiplicatore (o di sconto, se si vuole usare la terminologia ministeriale). Quella è una banale proporzione, te le insegnano a scuola. Tutto il resto non è visibile perché non ci sono dati.
Faccio un esempio reale così ci capiamo tutti meglio. A Como, la mia città natale, le rendite catastali attuali di una casa in riva al lago sono molto simili alla rendita catastale della case dove ora vive mia madre (circa 1Km in linea d’aria dalla riva). il valore commerciale è assai diverso (grosso modo siamo sul 2-2.5x).
Quello che il governo vorrebbe fare è cambiare le rendite catastali ponendole più vicine al mercato reale. Da quello che ne capisco io la simulazione è stata fatta proprio in questa chiave, alias partire dai dati catastali correnti ed adeguarli al mercato. Peccato che così facendo abbiano aperto il vaso di Pandora. Partendo dai dati che ho del caso cui sopra (reali!) è facile vedere che se faccio pagare a Tizio 2.5x ed a Caio uguale a prima le cose non vanno. Ma neppure vanno se faccio 2x a Tizio e 1.5x a Caio. In altre parole come definisco una equa perequazione? Questo è un punto politico si badi bene, non matematico, al di là della parità di gettito.
Tu come faresti (lascia perdere la simulazione di cui non conosciamo i dettagli prendi il mio caso reale e portalo in N città italiane).
matematicamente, se prima Tizio e Caio pagavano 1 ciascuno ma la casa di Tizio vale 2,5 volte quella di Caio, con la riforma Tizio pagherà 1,43 e Caio 0,57. Il rapporto è 2,5, la somma continua a essere 2. Quello è banalissimo.
Quello che non è banale – ed è per questo che occorrono anche i dati divisi per regione e città – è che se alla fine scopri che in Lombardia in media si pagherà di meno e in Campania di più il tutto diventa un casino, per la semplice considerazione che (una buona parte) di quei soldi è su base regionale; lo stesso se fosse l’opposto. Ma come scrivevo, senza dati non si può dire nulla. Certo, si potrebbe dire “ogni regione ha il suo moltiplicatore” e poi lasciare libere le regioni di alzare o abbassare (hahaha) il moltiplicatore, visto che i soldi arrivano ad essa; ma avremmo probabilmente alti lai.
però così arriviamo a un paradosso, perché la casa di Tizio che paga il 43% di tasse in più con la riforma forse dopo non vale più commercialmente 2,5 volte la casa di Caio. Secondo me quella del valore commerciale per quanto giusta può diventare una trappola, …o sbaglio?
spero che le tasse siano una parte relativamente bassa del valore della casa.
Il valore di mercato NON è in base regionale, o se vuoi è in base micro-regionale. Per intenderci, un appartamento a Taormina ha un valore paragonabilissimo ad uno di Milano. Il taorminese detentore di prima casa si ritroverebbe una rendita IRPEF mostruosa. Non credo ne sarebbe contento…e non credo sia neppure del tutto corretto.
Ovunque esistono tasse patrimoniali, però sono gestite un poco meglio del casino italiano. il problema di fondo è che per quanto buono ed equo si voglia fare il sistema futuro è semplicemente impensabile che di botto si passi a qualcosa di diverso da ora. Questo è lo specchio delle simulazioni da una parte e di metodo dall’altra. La transizione di sistema fiscale va guidata ed indirizzata non fatta alla carlona come fanno ora.
ribadisco quanto scritto nel post. Per capire cos’è il risultato più equo bisogna avere a disposizione i dati per studiarli: dati che io non sono riuscito a trovare. Per quanto mi riguarda, i moltiplicatori possono anche essere calcolati su base comunale, per lasciare il gettito invariato così. Però mi aspetto che se la casa a Taormina e quella a Milano hanno lo stesso valore (cioè comprarle costa la stessa cifra) esse abbiano la stessa rendita.
“Però mi aspetto che se la casa a Taormina e quella a Milano hanno lo stesso valore (cioè comprarle costa la stessa cifra) esse abbiano la stessa rendita.”
Non capisco bene il senso della frase. Parliamo di tasse patrimoniali, per definizione sono avulse dal reddito. Alias: un milanese guadagna mediamente di più di un taorminese, però pagherebberebero la stessa IRPEF. La questione sottesa è “siamo sicuri che così facendo sia equo” (lasciamo perder per ora il nero e l’edilizia abusiva)?
il valore commerciale di una casa dipende anche dalla possibilità di acquisto di chi viene ad abitare in quella zona. Non mi aspetto che due case costruite con gli stessi materiali a Milano e a Taormina vengano vendute allo stesso prezzo.
Non capisco, perché il milanese dovrebbe pagare di più?
Vicino a me ci sono almeno 2 appartamenti in vendita da anni,
vuol dire che il valore commerciale è zero ?
O comunque inferiore al prezzo richiesto ?
Siccome uno è simile al mio, vuol dire che anche il mio avrà lo stesso valore ?
A me sembra che il “valore di mercato” sia abbastanza facile da stabilire quando si compra, ma non altrettanto quando si vende.
vuol dire che la forchetta tra valore richiesto e valore offerto è molto maggiore di zero.