Non so voi, ma mi ha stupito che sia stata in California la prima causa contro Uber non tanto per concorrenza sleale ma per problemi giuslavoristici: è stata resa nota un paio di giorni fa, ora la potete anche leggere in italiano sul Post. Il giudice ha sentenziato che l’autista Uber (Black, non Pop: insomma quelli che da noi sono NCC) che ha fatto ricorso era stata costretta da tanti vincoli da non potersi più considerare una libera professionista.
Una sentenza di questo tipo non credo che verrà mai fatta in Italia, dove il mercato è completamente diverso: però c’è una cosa che almeno a me dà da pensare. Servizi come Uber, tralasciando tutti gli altri aspetti legali e no, partono dal principio che la semplice intermediazione è un valore aggiunto. Di intermediari ne abbiamo sempre avuti, pensate solo alle agenzie immobiliari: ma in quei casi c’era comunque un’interazione personale che adesso non c’è, sostituita da una semplice applicazione. Quello che mi chiedo è cosa succederà quando queste applicazioni saranno ancora più ubique di oggi: tutta la nostra vita sarà basata su tasse occulte che non noteremo neppure se non quando verremo pagati per i nostri servizi…
Ultimo aggiornamento: 2015-06-18 18:04