Lunedì io e Anna siamo passati in via Frisi, e lei mi fa: “Hai presente l’edicola? Beh, non c’è più!” Io stavo guidando e non potevo certo mettermi a guardare. Stamattina però sono passato in bicicletta e ho notato che in effetti l’edicola non c’era più. E intendo proprio fisicamente: non era infatti u negozio, ma un’edicola nel senso etimologico del termine, cioè un chioschetto sul marciapiede che in quel punto è piuttosto ampio. Avevano anche riasfaltato il marciapiede, insomma un lavoro fatto bene.
Sono anni ormai che almeno a Milano le edicole stanno chiudendo: tanto per dire, quella nel mezzanino della metropolitana a Maciachini è serrata da almeno un anno. Ma il processo è generale: questo articolo dell’anno scorso di Silvia Pieraccini afferma che in dieci anni in Italia si è passati da 40000 a 30000 edicole. D’altra parte la gente compra sempre meno quotidiani, e nonostante continui la proliferazione di riviste su tutti i temi immaginabili – e anche alcuni inimmaginabili.. – ho il sospetto che alla pubblicazione non corrisponda un’effettiva vendita, tranne che per gli album di figurine dei Cucciolotti. Quello che mi sto chiedendo è se la cosa (a parte chiaramente per gli edicolanti) è un bene o un male. Hanno senso le riviste cartacee? Esiste un modello di rivista elettronica che permetta agli autori di guadagnare qualcosa? Boh…
Ultimo aggiornamento: 2015-04-01 11:29
C’è un calo delle vendite che porta alla chiusura delle edicole (non solo a Milano ma ovunque) sì, ma non generalizzato in tutti i comparti. A parte il mercato di pubblicazioni per bimbi che come (per esperienza empirica immagino :-)) noti tiene bene, sono proprio le riviste più specializzate che tengono, oltre ai sempreverdi fumetti tipo Tex che non sono legati alla giovane età dei clienti. Calano i “generalisti”, che includono i quotidiani ma anche quelle riviste dedicate ad un pubblico molto eterogeneo non settoriale. Più o meno stabili i magazine femminili.
Fatto lo spaccato della realtà, veniamo alle domande filosofiche: ha senso la rivista cartacea? Ma certo che sì. Quante volte ho sentito il refrain tipo “la TV farà morire la radio”, “internet farà morire la tv” e così via. La radio e la tv ci sono ancora, vive e vegete. La carta non ha bisogno di batterie, non teme l’obsolescenza (hai voglia i tablet ed e-reader…), li puoi regalare facilmente (prova a regalare un ebook). Tutto valore aggiunto. Inoltre, punto da non sottovalutare, tu vai all’edicola e vedi cosa offre il mercato in esposizione. Hai mai provato a fare la stessa cosa con Internet? E’ più facile vedere se esiste una rivista che ci potrebbe piacere stando davanti al monitor o andando all’edicola? Parliamone…
il problema delle riviste settoriali è che sono – appunto – settoriali e quindi non hanno una grande tiratura. Probabilmente vai in pareggio con 5000 copie vendute e 10000 stampate, ma questo significa comunque che due edicole su tre quella rivista non la vedranno.
(comunque sì, ho acquistato e regalato ebook. Ovviamente non per gente che aveva il Kindle ma un lettore ePub)
Cinquemila è troppo poco (per una rivista venduta in edicola, discorso diverso per quelle solo su abbonamento). Non a causa delle edicole, ma a causa del gettito pubblicitario: teniamo bene in mente che da molti anni le riviste guadagnano solo ed esclusivamente con la pubblicità che contengono. Per rendere abbastanza devi garantire una readership superiore, diciamo che stimo che il minimo sindacale stia sulle 8000.
Quanto ai regali, diciamoci la verità: non dà più soddisfazione scartare un pacco e trovare un libro anziché un bit? Siamo di carne, non di software (ed io ci vivo di software!).
Dai siti dei due maggiori sindacati di categoria: SNAG (Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai) e SI.NA.G.I. (Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia), affiliato CGIL:
http://www.snagnazionale.it/site/snag_webprofessional_it/PIZZARDI%20x%20SNAGpub1.jpg
la sostanza è che gli edicolanti sono insorti, belli [omissis], perché temevano che le figurine di Amici Cucciolotti della Pizzardi Editore SpA non fossero più vendute nelle edicole, ma solo su Amazon.
Pizzardi ha smentito questa illazione, ed è finita a tarallucci e vino… e con tanto di lettera supplicante perdono del SI.NA.GI., questa:
http://www.sinaginazionale.it/upload//1425373252_COMUNICATO_PIZZARDI.pdf
Sempre sulle edicole i tre principali sindacati (aggiungeteci la sigla Usiagi Ugl) han recentemente organizzato un tavolo comune dal titolo “Editoria: riforma o rivoluzione? A Roma le proposte degli edicolanti”, 18 marzo 2015.
http://www.sinaginazionale.it/upload//1426784089_2_Comunicato_stampa_del_18_3_2015.pdf
la cui registrazione integrale (02:36:10) è qui: https://www.youtube.com/watch?v=VWz6ltdh4dw
È un puro caso che ne scrivi proprio mentre c’è tutto questo fermento? :)
Puro caso, non passo spesso da via Frisi :)
Un anno fa scrivevo:
“All’interno della Stazione Centrale, dieci anni fa, ce n’erano almeno tre, ora ne ho trovata a fatica una. Le poche rimaste hanno pochissimi giornali e molti gadget vari, dalla biro, al souvenir, a qualsiasi altra cosa che non sia di carta. I giornali non ci sono più, le edicole chiudono o si reinventano.”
Nel frattempo l’edicola di fronte all’hotel Gallia è stata chiusa.
Per i quotidiani, in effetti, la carta non ha più ragione di esistere. Per il resto… parliamone. :-)
“Hanno senso le riviste cartacee?” Mah, questa mescolanza di contenitore e contenuto difficilmente ha un senso proprio. Siccome il contenitore materiale serve a delle cose, es.raccogliere la spazzatura, e il contenuto ad altre, es. imparare qualcosa, la mescolanza non produce un senso proprio, es. imparare la spazzatura.
Personalmente sono abbonato a 3 riviste di carta (ma di due leggo la copia elettronica e regalo quella cartacea) e a 2 elettroniche (intendo in cambio di soldi, quelle gratuite/pubblicitarie non le conto). Quindi direi che il contenuto rivista ha senso, il contenitore è neutro tranne che per l’archivio. Infatti ho archivi di riviste in formato elettronico che uso spesso mentre nessuna di quelle cartacee che per qualche motivo ristagna in casa viene più “ricercata” salvo tentativi infruttosi di ritrovare qualcosa.
Molti anni fa ho perso il byte della lingua per cui non sono in grado di ricordare in che lingua ho letto un certo contenuto. A ritroso poi ricavo che se un libro per me si intitola “El sastre de Panamá” forse l’ho letto in spagnolo ma nulla di più. Recentemente però mi sono accorto che ho anche perso il byte del contenitore. Così cerco nello scaffale dei libri di carta quelli che ho solo in ebook o viceversa.
Su Streetview hanno immortalato le opere di aggiustamento della strada dopo che l’edicola è stata tolta (immagino, non vedo edicole).