Vajont

Che oggi sia il cinquantenario della strage del Vajont l’avete sentito tutti. Penso anche che quasi tutti si ricordino il fantastico spettacolo di Marco Paolini. Però non so quanti abbiano mai sentito parlare del libro di Edoardo Semenza “La storia del Vajont”: io per esempio ne ho scoperto l’esistenza solo ieri, leggendo questo lungo e dettagliato post di Federico Ferrero. Consiglio a tutti di prendervi un quarto d’ora e leggerlo.
Semenza è il figlio del progettista della diga, che morì improvvisamente nel 1961. Geologo, scoprì negli anni ’50 i segni di un’antica frana sul monte Toc (che non ha nulla a che fare con la frana che causò la strage). Il libro venne scritto per confutare alcune delle tesi portate da Paolini nel suo spettacolo, e quindi difendere la memoria di suo padre. Leggendo il testo di Ferrero – che non prende le parti di nessuno dei resoconti – ho scoperto che non può essere vero che si stesse cercando di avere la diga piena per ottenere più soldi per la nazionalizzazione: il prezzo pagato alla Sade dipendeva dalla media del valore delle azioni negli ultimi tre anni. La mia sensazione (a pelle, non sono certo un geologo) è che il successore di Semenza a capo delle opere si spaventò per i primi movimenti a Erto e decise di abbassare il volume d’acqua dell’invaso troppo in fretta, creando uno scompenso che ha aggravato la situazione. Certo che una frana che si muove a 20-30 metri al secondo (cioè 70-100 chilometri all’ora) è una cosa poco prevedibile, ed è un miracolo che la diga abbia sostanzialmente retto a una forza d’urto dieci volte superiore a quella prevista.
Resta naturalmente il punto di fondo. Quella frana non la si poteva prevedere. Ma che la montagna fosse franosa lo si sapeva. E allora perché hanno voluto continuare a costruire la diga, anzi più alta che nel progetto originale?

Ultimo aggiornamento: 2013-10-09 10:29

6 pensieri su “Vajont

  1. mestesso

    Gli unici che avrebbero potuto dare una risposta (se lo avessero voluto, e NON l’hanno fatto) sono morti (di morte naturale e molto dopo il fatto).
    C’è sicuramente del marcio dietro, e parecchio.
    Cmq, da figlio di ingegnere civile, non mi stupisce affatto che la diga sia rimasta in piedi: i dimensionamenti di opere del genere sono fatti in modo tale da avere un ordine di grandezza di margine alle sollecitazioni considerate pericolose. Se si fosse rotta, non solo avremmo potuto dire che il progetto era fallato alla radice come localizzazione, ma anche nella sua esecuzione come opera a se stante.

  2. Jash

    Se non ho capito male, l’importanza di velocizzare il collaudo non era tanto per avere un prezzo più alto ma perché sarebbero state nazionalizzate (e quindi comprate dall’enel) solo le dighe che ad una certa data erano state collaudate e quindi considerate operative.

  3. Mauro ( un altro)

    Non sempre ” i dimensionamenti di opere del genere sono fatti in modo tale da avere un ordine di grandezza di margine alle sollecitazioni considerate pericolose.”
    vedi
    http://it.wikipedia.org/wiki/Diga_del_Gleno

    che è crollata e basta.
    Da quello che ho capito, c’è stato un periodo in cui le grandi opere si dovevanno fare per fare grande l’italia (minuscola voluta) indipendentemente dai rischi e dalle possibilità ( economiche e tecniche).
    Non so se quel periodo è passato o no…..

I commenti sono chiusi.