Ieri sera leggevo a Cecilia il libro della biblioteca di Jacopo (per la cronaca, le avevo già letto il suo). A un certo punto mi trovo delle parole cancellate con un pennarello nero spesso: roba da grandi, non certo da bambini. Con un po’ di fatica guardo le parole cancellate: vanno da “deficiente” a “stupido”. Stamattina chiedo conferma alle maestre, che mi hanno detto “sì, le abbiamo cancellate noi”.
Per la cronaca, il libro è Non fa niente! di Nele Moost, illustrato da Annet Rudolph e tradotto da Guido Menestrina; edizioni AER. Ora, possiamo discutere sull’uso di parole come “deficiente” in un libro per bambini. Però qua stiamo parlando di un asilo, quindi di bimbi che presumibilmente non sanno leggere; secondo voi ha senso pecettare in questo modo, facendo immaginare al bambino che sia stata cancellata chissà quale parola? (non è stato il caso di Cecilia, ma semplicemente perché era probabilmente stanca: questi termini erano nelle ultime pagine che sono state scorse molto in fretta, giusto dando un’occhiata alle figure). Non ci possono pensare direttamente i genitori a cambiare parole al volo? Oppure non era meglio scrivere sopra un sinonimo percepito come meno offensivo, in modo che anche il bambino più grandicello si faccia un po’ meno domande?
Ultimo aggiornamento: 2013-06-04 12:10
non so se hai seguito la vicenda delle censure nei libri per bambini in germania, negli ultimi mesi. per farla breve: pippi calzelunghe e altri libri sono stati modificati dalle case editrici per eliminare espressioni, tipo “negro”, che negli anni ’50 erano accettabili e ora sono considerate politicamente scorrette.
ho idee molto poco chiare sulla questione, nel caso di pippi come nel tuo; vedo parecchi pro alla censura e parecchi contro (soprattutto nel caso di pippi).
Io ho visto un libro per bambini (di cui ho rimosso il titolo) che nella pagina finale chiosava “e adesso vai a dormire c…o”.
Ma che senso ha mettere in un libro per bambini (in generale, senza riguardo alla gravità che è molto soggettiva) espressioni idiomatiche di dubbio gusto e rilevanza alla storia/contenuto?
Non ho mai visto il libro che tu hai letto, ma per me questo basta a dire che il libro suddetto vale poco, perché nel migliore dei casi ha qualcosa in più che non serve a nulla, e le parole (in un libro di favole o similari) valgono oro.
BTW, hanno regalato a mia madre per mio figlio “Chi me l’ha fatta in testa”. Oramai non si sa più cosa fare per distinguersi…
@delio: mah, per il libro qui all’asilo mi chiedo in primo luogo il perché della scelta di usare certe parole come “deficiente”, e perché si sia scelto di toccare la persona e non il comportamento: “guarda che cosa hai combinato!” mi sembrava più comprensibile per un bimbo… o almeno è quello che uso io per sgridarli – senza grandi risultati, lo ammetto. Su Pippi, mi sa che c’è il casino ulteriore che il linguaggio di oggi è diverso da quello di cinquant’anni fa: ma un conto è mettere “nero” invece che “negro”, altro conto è quello di avere un politically correct che con Pippi non ha proprio senso.
@mestesso: Penso che tu ti riferisca a “Go the Fuck to Sleep”, che non è un vero libro per bambini. È una parodia dei libri in cui il pulcino si addormenta, l’agnellino si addormenta etc., dedicata ai genitori esasperati. Ne esiste anche una versione in audiolibro (in inglese) letta, molto appropriatamente, da Samuel Jackson.
Tornando a bomba, un conto è far capire, anche presto (stiamo parlando di bambini, non di *deficienti*) che certe parole sono da evitare, o da usare solo in certi contesti, e un altro è creare tabù controproducenti. (E don’t get me started su “negro”, che fino a ieri era una normalissima parola della lingua italiana, e non solo per parlare di persone di pelle scura.)
@Daniele: boh, era in italiano ed il titolo era diverso, ma si sa le traduzioni in italiano cambiano sempre i titoli per adattarli al gusto locale. In ogni caso era una cosa di assai dubbio gusto (per non parlare dell’utilità ai genitori esasperati).
In ogni caso trovo inutile l’utilizzo di certe espressioni (e non solo di insulti, sia ben chiaro) nelle storie per l’infanzia. Se proprio ne si vuol parlare sono molto più efficaci le situazioni, dato che il senso dell’astrazione in un bimbo è molto meno sviluppato di un adulto. Prima la sostanza, poi la forma: altrimenti istruiamo deficienti per definizione.
@mestesso, Chi me l’ha fatta in testa è ormai un classico. L’ho regalato parecchie volte e ogni volta è stato un successone, specialmente se si fa un po’ di sceneggiata e lo si legge ai bambini “di nascosto” dai genitori (che di solito si divertono molto all’idea).
@mestesso: In italiano è questo: http://www.amazon.it/Fai-cazzo-nanna-Adam-Mansbach/dp/8804614048 e, ripeto, non è pensato per bambini. Poi nessuno può impedire a qualcuno di mostrarlo a un bambino, e tutto sommato poco male. Il turpiloquio è parte integrante della lingua: come per il passato remoto o il congiuntivo, si impara come e quando usarlo. E te lo dice uno che ne usa pochissimo, e quando lo fa in genere è perché non vuole spaccare le porcellane più vicine in testa a qualcuno.
È un po’ come per i microbi: nessuno vuole certo che i propri figli si ammalino, ma un corpo sano si forma anche attraverso il contatto con gli agenti patogeni. (Ma non sto dicendo che il turpiloquio siano una forma patologica del linguaggio.)
in genere le maestre obbediscono pedissequamente alle lamentele dei genitori, che hanno richieste strane a piacimento (in genere, tanto più strane quanto più essi stessi sono carenti e quindi poco rilassati nei confronti dei figli)
il problema di pippi è della duplice valenza dei libri per bambini, che sono (o almeno possono diventare) sia libri educativi sia classici (minori) della letteratura: è appunto il caso di pippi. cambiare “negro” in “nero” è magari giusto dal punto di vista educativo, ma pessimo dal punto di vista letterario, perché vuol dire riscriversi la propria storia nel modo piú conveniente. negli anni ’50 si era piú razzisti di oggi (e al di là dell’espressione in questione, ci sono disegni e caratterizzazioni di personaggi – in pippi e in molti altri libri – che oggi si preferirebbe evitare) e modificare il lessico vuol dire rimuovere la questione. pericoloso.
per quanto riguarda il turpiloquio potrei essere d’accordo, ma davvero “stupido” è considerato un turpiloquio? fino a che punto si può andare avanti con la protezione totale dei bambini? per lo stesso motivo, davvero non capisco cosa ci sia di sconveniente in “chi me l’ha fatta in testa”. non è rimuovendo i libri come quello che i bambini salteranno a pie’ pari la fase fecale (e se pure dovesse succedere che davvero la sàltino: a che servirebbe?).
@Daniele: l’ho capito che non è per bimbi, e per il mio gusto personale non mi piace, e non mi dà sollievo/sfogo per il recupero ore di sonno perse od altre paturnie. Gli altri sono liberi di pensarla come vogliono, io esercito il mio personale potere di consumatore non comprando testi del genere.
Di parolacce ne sente diverse, non tanto da noi ma semplicemente uscendo in giro: di esposizione ne ha parecchia, credimi. Non è questione di “censura” di certe parole (ripeto, lo stesso identico concetto è applicabile in ben altri contesti) ma di *comprendere* l’uso delle stesse. Dato che questa fase è inevitabilmente successiva, preferisco evitare il sicuro abuso involontario evitandone l’uso (per ora). Poi, più in là se ne parlerà.
@delio: mio figlio è in piena fase fecale, tutto va in cacca e piscia :-). Mi spieghi un pochino per quale ragione (e quale utilità avrebbe) dovrei parlarne ancora? Bada bene, non gli vieto di parlare di cacca e piscia (a parte che se lo facessi otterrei l’effetto contrario).
@all: per me certi libri *non* sono fatti per i bimbi, ma per i genitori e surrettiziamente per i loro figli. Non amo in generale questo genere di pubblicazioni (cacca o piscia puramente casuali). De gustibus.