_La favola di Natale_ (libro)

[copertina]Giovannino Guareschi deve essere stato un rompipalle di prima categoria, e credo che su questo siano d’accordo in molti. Però una cosa è certa: sapeva scrivere maledettamente bene. Questa favola (Giovannino Guareschi, La favola di Natale, Interlinea 2000, pag. 89, € 9,30, ISBN 9788882122478) la scrisse e interpretò in un campo di prigionia tedesco per ufficiali italiani: sicuramente meno tragico di un lager, ma non certo una vacanza in trasferta. Beh, potete dire che io sono un mollaccione dentro, ma a leggerla a me sono venuti più volte i lucciconi. Non so se è per la scrittura semplice ma non banale, oppure perché è chiaro che in mezzo ci ha messo la sua fede – che probabilmente è stata quella che gli ha permesso di sopravvivere nonostante tutto – però la si legge in un amen, e non si sta neppure a pensarci su troppo, tipo quando c’è l’incontro tra i tre Magi e i tre Nanerottoli crucchi, coi primi che dicono “Che Dio sia con voi” e gli altri che rispondono “C’è già”, o lo sbeffeggiamento di chi non è cattivo ma è rimasto ignavo per quieto vivere o chissà cosa. È Natale, una favola è pur sempre una favola, no?

Ultimo aggiornamento: 2012-12-22 07:00

6 pensieri su “_La favola di Natale_ (libro)

  1. enrico d.

    Grazie Mau, per questa segnalazione. Mio zio assistette in diretta alla rappresdentazione nel natale del ’44, poche settimane prima di morire nel campo di prigionia (era ufficiale dell’Aeronautica). La Favola di Guareschi è sempre stata un mito in casa mia, lucciconi compresi. Scrivere, disegnare, e mettere in scena questa recita, fu una azione di genio, e un atto di vero coraggio. Se pensiamo che di Benigni si tessero lodi sperticate per aver fatto dell’ironia sul mondo dei lager, decenni dopo gli eventi, con il solo rischio di vincere premi in Italia e nel mondo, che cosa dovremmo dire di chi ebbe l’ardire di esporsi “in diretta”? All’epoca, scrissi a Benigni, inviandogli in dono una copia della Favola di Natale; purtroppo non ebbi risposta.

  2. Barbara

    La simpatia per gli italiani che avevano *scelto* di allearsi con i tedeschi, salvo poi cambiare idea, non mi viene molto naturale.
    E quel che ha fatto Benigni di speciale ne “La vita è meravigliosa”, per me, è stato insegnare (io non l’ho imparato a scuola) che le leggi razziali c’erano anche da noi. Mi vengono i lucciconi a pensare ai ragazzi e ai docenti cacciati da scuola, alla Levi Montalcini che fa esperimenti nella vasca da bagno, a Zariski costretto a una seconda fuga.
    Ciò detto, Guareschi sa scrivere molto bene.

  3. .mau.

    @Barbara: non so quanti soldati italiani abbiano *scelto* di allearsi con i tedeschi. D’altra parte gli IMI sono quelli che dopo l’otto settembre hanno scelto di NON continuare a stare con i tedeschi. (Se non ricordo male Guareschi, nonostante le sue simpatie fasciste, è finito nell’esercito non certo come volontario)

  4. enrico d.

    La condizione dei nostri militari catturati dai tedeschi dopo l’8settembtre ara terribile. Non vennero considerati prigionieri, per cui non fu loro applicata nemmeno in modo parziale la Convenzione di Ginevra, non ricevevano visite e pacchi dalla Croce Rossa, e altre amenità. Chi poi, come mio zio,aveva la famiglia in Toscana, dopo la liberazione di Firenze da parte degli Alleati, non ricevette più nemmeno la posta da casa. Non è facile per noi calarci nella situazione dei nostri padri e nonni. Fare la guerra non piaceva certo a nessuno (a parte la propaganda); ma l’idea di Patria, di fedeltà alla parola data, al giuramento, non si possono liquidare facilmente. I militari, specie gli ufficiali, prestano giuramento alla Patria, e a quei tempi si impegnavano nei confronti del Re.
    Una volta fatti prigionieri, poi, entrava in gioco un altro importante elemento: la mancanza di libertà. E, nei confronti di persone prive di libertà, era scorretto anche solo proporre cambi di bandiera e rescissione del giuramento.
    Eppure sia gli internati in Germania, sia i prigionieri degli Alleati, furono sottoposti a martellante propaganda con promesse di miglioramenti nelle condizioni di detenzione. Mio padre fu ospite di Sua Maestà britannica, in India, fino a ottobre 1946 (quarantasei !) con migliaia di altri ufficiali che si rifiutarono anche solo di prendere in considerazione il dilemma se firmare una dichiarazione di “voltagabbanismo”. Anche se il Re lo aveva fatto, non ritenevano di poter prendere una valida posizione, a favore o contro, senza libertà, senza poter avere informazione libera….

  5. Barbara

    Dalla tua descrizione ho dedotto che si parlava di ufficiali. Il soldato semplice dell’epoca non aveva i mezzi (culturali prima di tutto) per scegliere: l’ufficiale, in particolare Guareschi, sì.
    In Germania si insegna che chi non ha protestato è colpevole. Tutti.

  6. enrico d.

    Infatti Guareschi, mio zio, e migliaia di altri, scelsero di non accondiscendere alle richieste dei tedeschi, che facevano assidua propaganda nelle baracche, promettendo libertà, cibo, e il ritorno a casa, a chi avesse firmato e si fosse arruolato nell’esercito crucco. Diversa la situazione quando si trattava di fare il servizio miliate e di rispondere alla leva, di un governo legittimo, anche se magari non allineato alle proprie convinzioni. il caso delle leggi razziali, se dobbiamo credere ai racconti della gente comune che ha vissuto quegli anni, è un brutto caso , emblematico del modo, tutto italiano, di accettare le cose e affrontare la “legge”. Senza aver letto nulla sui libri di scuola (o almeno molto poco), io mi sono fatto raccontare le cose da parenti e loro amici e conoscenti, nati in anni che hanno permesso loro di vivere con una certa consapevolezza gli eventi. L’impressione è che, nella gente “comune”, passò l’impressione che fosse tutta una mossa di facciata, e che nulla sarebbe davvero cambiato nella vita di tutti i giorni. Solo a livello accademico si asisstette alla dolorosa fuga dei docenti. In molte realtà, addirittura, si verificò un paradossale avvicinamento alle famiglie ebree. Per una sorta di “mutuo soccorso”, precursore di quello che accadde dopo il ’43, quando, fortunatamente, molte famiglie ebree trovarono rifugio presso conoscenti, vicini, conventi… Fortunatamente furono pochi i casi di tradimento, e di consegna all’autorità dei clandestini. Cosa che non accadde in altre nazioni (Francia, Olanda…) dove purtoppo la percentuale dei catturati fu molto maggiore che in Italia.
    Concludo con una rima di mio zio, trovata nel suo diario che fu riconsegnato alla famiglia dai commilitoni. Nel giugno ’44 dopo la notizia dello sbarco in Normandia, il cuore si apriva alla speranza. Per lo zio non ci fu ritorno, morì nel marzo ’45 a 30 anni.( Lo so, dare del maiale al carceriere, può non sembrare un granchè, come atto di eroismo; ma conservare il foglio in tasca esponeva a tremende rappresaglie)
    Questo è un paese
    dove l’estate
    è una novella
    di maghi e fate
    Là dove il fisico
    si trova a posto
    con il cappotto
    in pieno agosto
    dove si battono
    i piedi a terra
    mentre s’attende
    il fine guerra,
    contando queste
    tristi giornate
    fatte di sbobba
    e di adunate.
    Fumare in linea
    è un gran delitto
    che nelle carceri
    ti mena dritto,
    mentre nel fallo
    più forte casca
    chi tiene un attimo
    le mani in tasca.
    Clima terribile
    quasi infernale
    per cui deduci
    ch’è naturale
    che nel carattere
    di questa gente
    il clima peste
    quasi fetente
    si ripercuote,
    è naturale.
    per cui dicendo
    crucco maiale
    altro non dico
    che un’espressione
    che poi nei fatti
    trova ragione.
    Passano i giorni
    velocemente,
    sono sbarcati
    sul continente.
    C’è la speranza
    se Dio lo vuole
    d’andare a prendere
    di patria il sole

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