infarto in treno

Fare l’esegesi a partire da un articolo di giornale è molto difficile e probabilmente non serve a nulla, ma mi pare comunque più saggio che diffondere acriticamente e acerebralmente, quindi tanto vale digitare qualcosa.
Non so se avete letto la vicenda del tipo che ha avuto un infarto sul Frecciarossa Torino-Milano che era appena partito, col treno che ha continuato la sua corsa fino a Rho senza fermarsi. Detto così sembrerebbe incredibile, no? Proviamo però a cercare di intuire dal testo dell’articolo cosa può essere successo.
Il poveretto si è sentito male “subito dopo Porta Susa”, il che significa relativamente poco: con buona probabilità ora che il capotreno è stato avvisato il treno aveva già passato Torino Stura e si era immesso nella linea ad alta velocità. A questo punto le possibilità non erano molte. Il treno avrebbe potuto fermarsi a uno dei posti di blocco che ci sono sulla linea, posti di blocco che per definizione sono collegati alla viabilità stradale. Però questi posti di blocco sono in mezzo al nulla, e quindi comunque si sarebbe dovuto comunque aspettare un’ambulanza o un elicottero. Il treno avrebbe potuto prendere un’interconnessione con la linea storica e fermarsi in stazione. Di interconnessioni ce ne sono due: una a Santhià, che si raggiunge un quarto d’ora circa dopo Porta Susa (e quindi non garantisco al 100% che non fosse già stata superata), e una a Novara, che spero sia stata migliorata rispetto a com’era nel 2006 col treno che prendeva un binario triste e solitario con limite di velocità a 50 all’ora. Fatti i conti, non è detto che ci sarebbe stato un vero vantaggio rispetto ad arrivare a Rho Fiera con medici e ambulanza già sul posto, come sembrerebbe essere successo in pratica… anche se non capisco la frase «Altri medici sono saliti e per quasi un’ora ancora hanno tentato un intervento in extremis» che per un infarto – a differenza di un trauma dove muovere il paziente può essere pericoloso – non ha senso.
Per quanto riguarda la mancanza di un defibrillatore a bordo dei treni, il mio commento è “boh”. Davvero, non so quanto costi un defibrillatore, quanto sia difficile usarlo e quindi formare i vari capitreno, quanta sia la probabilità di un infarto in treno e la distanza media da una stazione. Senza conoscere queste informazioni, come faccio a capire se ne vale davvero la pena?

Ultimo aggiornamento: 2012-11-19 12:07

8 pensieri su “infarto in treno

  1. Upupa

    Per le tue ultime domande: un de fibrillazione automatico costa intorno ai 1500-2000 euro, si chiama automatico perché fa tutto da solo, chi sa fare una rianimazione cardiopolmonare è in grado di usarlo seguendo la voce guida, anche se bisogna fare un corso per usarlo legalmente. Per il valerne la pena ne vale, nel caso si tratti di un evento cardiaco defibrillabile prima lo si fa meglio è, averlo può fare la differenza

  2. .mau.

    @upupa: a questo punto, sperando non ci siano rischi legali (nel senso: eredi che citano il capotreno per non aver saputo usare bene il defibrillatore) né rivendicazioni sindacali strane (“indennità defibrillatore”), probabilmente ha un senso averlo sui Frecciarossa.

  3. mestesso

    Non ci sono rischi nell’uso di un defibrillatore, se lo usi “male” non fai nulla al malcapitato, che ci rimette le penne. Difficile dimostrare legalmente che ne hai fatto un uso scorretto. Certo, se poi ti fai vedere da un testimone che metti tutti i contatti sulle gambe, beh… :-).

  4. Licia

    Probabilmente questo non è neanche un caso isolato. Un paio di mesi fa ero su un AV da Milano Rogoredo a Bologna, percorso che dura meno di un’ora, e a metà strada circa c’è stato un annuncio che chiedeva se ci fosse un medico a bordo. A Bologna è salito il personale del 118 e mentre aspettavo un altro treno, un’attesa di 25 minuti, ho avuto modo di vedere che l’AV è rimasto fermo e il personale del 118 non è sceso, quindi presumo che per il malcapitato non ci fosse più nulla da fare e si stesse attendendo l’arrivo del magistrato.

  5. .mau.

    @Licia: probabilmente se il malcapitato è morto sul treno, non farlo ripartire è obbligatorio; però – sempre da quel poco che si può evincere dall’articolo – questo non sembrava essere stato il caso.

  6. Bubbo Bubboni

    Se il defibrillatore automatico c’è nei supermercati USA credo che ogni possibile ed immaginabile problema “legale” sia già stato affrontato e risolto.
    Sono curioso di vedere se la sintesi sarà accettare che la TAV italiana uccide “strutturalmente”, dato che non possono essere garantite condizioni decenti di sicurezza, oppure pubblicizzare che il defibrillatore è un’americanata inutile oppure informare che i gentili clienti possono comprarsene uno e trasportarlo *gratuitamente* sul treno e senza *alcun* sovrapprezzo, anche se in possesso di biglietto di seconda classe.

  7. Marco Cucinato

    La questione del defibrillatore in Italia è purtroppo ancora legata agli interessi di casta dei Baroni della medicina.
    Fino a quattro anni fa, ottenere la certificazione per l’uso dell’AED significava effettuare un corso di 120 ore per essere qualificato come Soccorritore Certificato, quindi un altro corso di 10 ore per l’uso dell’AED.
    A quel punto, si era certificati all’uso di UNA marca di defibrillatore (quella su cui si era sostenuto l’esame) e solo nella Regione di appartenenza. Quindi, Se ero certificato su un Philips HeartStarter FR3 in Lombardia, non avrei mai potuto effettuare una defibrillazione con uno Zoll on un LifePack, né avrei potuto defibrillare con un FR3 in Piemonte.
    A quel punto entravano in gioco le certificazioni incrociate fra centrali 118 provinciali e regionali, che in certi casi permettevano il passagigo, in latri casi imponevano una ricertificazione totale.
    Quattro anni fa mi sono trasferito in Francia. Dopo 5 mesi ho sostenuto un esame di soccorso alla popolazione (PSC1, 10 ore). Manovre di base, RCP, AED. In 10 ore sono diventato operatore AED certificato, in tutto il territorio francese e su qualsiasi marca e modello di AED.
    Forse che i francesi sono tutti Superman?

  8. Daniele

    A me sembra strano che si tratti la questione come una novità, mentre si dovrebbero avere tutti gli elementi per risolvere in base all’esperienza. Ammettendo che l’AV in Italia sia una cosa nuova, comunque: non lo è all’estero, e soprattutto, l’idea di stare in un mezzo pubblico che non si possa fermare prima di TOT tempo non mi pare una grossa novità… gli aerei esistono da un po’, mi pare. Dunque:
    a) Negli altri Paesi dove l’AV c’è da più tempo, come si è risolto il problema?
    b) E negli aerei?
    Credo che non abbia molto senso cercare di risolvere il problema senza prima rispondere a queste due domande.

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